Terni, le amputano gambe e braccia per diagnosi errata di tumore: atteso il processo

Cronaca

L'incredibile storia di Anna Leonori e di un calvario iniziato nel 2014 dopo la diagnosi di un tumore maligno. La donna, che ha ottenuto delle protesi di ultime generazione grazie ad alcune raccolte fondi, oggi vuole giustizia

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Una storia di grave malasanità arriva da Terni, in Umbria, dove una donna di 46 anni, Anna Leonori, ha subito l'amputazione di gambe e braccia dopo l'intervento per una diagnosi sbagliata di tumore. E dopo quattro anni di calvario sta per affrontare il processo.

 

La pronuncia sui danni subiti

La storia è raccolta dal Messaggero, che racconta che la donna è reduce dalla visita medica disposta dal tribunale civile nell'ambito dell'accertamento tecnico preventivo. Il collegio peritale dovrà pronunciarsi sui danni subiti dalla 46enne madre di due ragazzi, che da un anno, anche grazie ai consigli della campionessa paralimpica Bebe Vio, utilizza le protesi di nuova generazione acquistate grazie ad alcune raccolte fondi.
"Sono stata costretta a rivivere il mio calvario, a sottopormi a una visita di fronte ad una quindicina di periti. Tutto questo in attesa di avere giustizia per i danni che ho subito. La cosa che mi addolora è che l'ospedale di Terni, la mia città, in tutti questi anni non mi ha neppure chiamato per una visita", sono le parole della donna al quotidiano.

Un calvario lungo nove anni

Per il calvario iniziato nel 2014 - quando ha ricevuto la diagnosi errata di un tumore maligno che le è costata l'amputazione di gambe e braccia - sono stati chiamati in causa l'ospedale "Santa Maria" di Terni, il Regina Elena di Roma e l'Ausl Romagna. Alle strutture che l'hanno avuta in cura, l'avvocata Francesca Abbati inoltrò una richiesta di apertura di sinistro per il risarcimento del danno patito dalla donna. Procedura che non ha avuto esito, al punto che la legale e la collega sono state costrette a rivolgersi al tribunale civile.
"Non è un capriccio la necessità di avere un risarcimento per quello che ho subito. Vivo ogni giorno con la preoccupazione che si possa rompere un pezzo, cosa che mi costringerebbe a tornare sulla sedia a rotelle", dice la donna, in attesa che sia fatta giustizia.

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