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Ragazze nella scienza, contro i pregiudizi per salvare il Mondo

Cronaca

Monica Peruzzi

L'11 febbraio è la giornata mondiale delle donne e delle ragazze nelle STEM, ossia Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica.  Istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel dicembre del 2015 e patrocinato dall’UNESCO, per combattere il pregiudizio, sfatare i miti, superare gli stereotipi, accelerare il progresso, promuovendo iniziative per favorire la piena parità di genere nelle scienze. Il problema è solo culturale, su questo dobbiamo lavorare.

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Le donne scienziate sono una minoranza, eppure secondo gli studi più recenti  il 65% dei bambini che oggi entrano nella scuola primaria, avrà lavori nella scienza e nella tecnologia che non esistono ancora.

Aumentare la percentuale di studentesse nelle materie STEM (Science, Technology, Engineering, Mathematics) è il primo passo per fornire nuovi modelli alle giovani ragazze del futuro.

E' per questo che abbiamo incontrato alcune delle promesse della scienza italiana.

"Sono Sara Furioli e sono una Dottoranda di ingegneria dell' automazione del Politecnico di Milano. Mi sono specializzata in guida autonoma. Recentemente ho partecipato insieme al mio gruppo di ricerca alla prima competizione internazionale tra veicoli autonomi che si è tenuta numerica e che abbiamo vinto"

"Sono Virginia Porro e sono una studentessa di ingegneria gestionale del Politecnico di MIlano. Sono anche presidentessa di Skyward Experimental rocketry, un’associazione del Politecnico che si occupa della realizzazione e del lancio di razzi sonda sperimentali da competizione. Lo scorso anno abbiamo partecipato a Euro, la competizione europea dove si sfidano le migliori università tecniche di Europa e abbiamo vinto"

"Avete mai sentito parlare di diagnosi automatizzata e processi di assunzione automatizzati? Io sono Chiara Criscuolo e quello di cui mi occupo è un dottorato di etica e informatica insieme, al Politecnico di Milano. Per spiegarmi meglio vado a capire i rischi che ci sono delle nuove tecnologie, in particolare attualmente sto studiando se un processo di assunzione è discriminante nei confronti di una donna".

"Io sono Annalisa Terracina, Ricercatrice di ingegeria robotica dell'Università La Sapienza di Roma. Mi occupo di un progetto che abbiamo chiamato Rosita, che sta per Rover spaziale italiano. E' un rover spaziale da competizione, che abbiamo programmato a scopo educativo. Quest'anno abbiamo coinvolto più di 50 scuole in tutta Italia e abbiamo visto che i team in cui ci sono delle ragazze arrivano sempre primi e le ragazze si entusiasmano. E' un bel modo per farle studiare le materie scientifiche, perché è più divertente assemblare un robot che poi si può comandare a distanza e vederlo all'opera".

Queste sono alcune delle scienziate del futuro.

Ma anche se è il loro impatto che farà la differenza, le ragazze restano ancora ai margini nei settori stem, ovvero le materie tecnico-scientifiche.

Secondo gli "STATI GENERALI DELLE RAGAZZE NELLE STEM", nel mondo, il 57% delle donne ha una laurea, ma solo il 22% in ingegneria, e il 20% in informatica.

"Sono molte le ragioni che tengono ontane le ragazze da wueste materie. Il principale però è il pregiudizio. Spiega la Direttrice del Dipartimento di Ingegneria informatica de La Sapienza, Tiziana Catarci - Sono stati fatti tanti studi sofisticati da sociologi, psicologi, ma alla fine si arriva sempre al pregiudizio e allo stereotipo. Di certo non c'è la paura di affrontare un percorso di studi difficile e lungo, perchè se osserviamo le immatricolazioni di medicina, il 70% sono ragazze. Quindi, se sono disposte a studiare 6 anni e poi farne altri 4 di specializzazione, non temono che il percorso sia lungo. Il problema  lo stereotipo e lo stereotipo è il nerd, cioé l'idea che sia un percorso arido, che non permette di affrontare i grandi problemi del mondo perché le ragazze tipicamente sono più attratte da lavori che possono avere un impatto sul mondo e sugli altri" (Ragazze nelle STEM, i pregiudizi negli algoritmi - VIDEO).

Gender dream gap e Confidence gap

Lo stereotipo che le ragazze siano meno brave dei maschi nelle materie scientifiche, inizia a radicarsi a 6 anni. Si chiama gender dream gap. Dal primo anno delle elemetari si cominciano a convincere che le materie scientifiche non siano per loro. All’origine della fatica che le ragazze incontrano, c’è la conseguenza psicologica di questo pregiudizio: il confidence gap, la mancanza di autostima.

"Le ragazze sono più colpite rispetto ai maschi da questa fobia nelle materie scientifiche  che è la Atichifobia, la paura del fallimento, che blocca sia dal punto di vista comportamentale che emotivo che cognitivo" dice Floriana Ferrara, CSR Manager Social Impact Programs Master inventor IBM

"E'una sorta di stereotipo interno, una specie di discriminazione interna, perché se uno vuole può  farcela - racconta Chiara.Criscuolo. Anch'io mi sono trovata a chiedermi se affidare un lavoro a un mio collega maschio, perché pensavo che fosse più bravo di me, più oreciso. Poi ci ho pensato e mi sono detta "no questo è solo nella mia testa" e l'ho fatto da sola. E l'ho fatto bene. Quindi è tutto solo dentro la nostra testa". 

"Uno dei principali problemi delle ragazze, non solo nelle Stem, ma in generale, è che molto spesso ci tratteniamo da sole - aggiunge Virginia Porro - Abbiamo un po’ paura a lanciarci, perché nella nostra testa ci sono tutti i condizionamenti cui siamo state sottoposte per tutta la vita. Abbiamo quel retropensiero che ci fa dire "forse non sono abbastanza", mentre molto spesso ho visto che i miei colleghi si buttano senza problemi, come va va. Non ci sono ripercussioni. Invece noi sentiamo sulle spalle il peso di tutte le altre donne, perché in fondo alla nostra testa, quando incontriamo le prime difficoltà, torna a riaffiorare quell’idea che "forse perché sono una ragazza non ce la posso fare".

"Un altro prblema è il modello che viene presentato - sostiene Adriana Albini, ingegnera biochimica, una delle 100 scienziate più influenti secondo la Bbc e nella Direzione scientifica dello Ieo, l'Istituto oncologico europeo  - La leadership aderisce   ancora al modello maschile, per cui l’uomo assertivo piace, perché restituisce l'idea di un uomo che sa il fatto suo, deciso e autorevole, mentre la donna assertiva incontra immense difficoltà, perché sembra una persona aggressiva, difficilmente le affideranno la direzione di qualcosa. Quello che è percpito come un buon carattere di comando per un uomo, diventa un problema per la donna. Serve elaborare nuovi modelli di leadership femminile, ma per fare questo occorre anche fare rete, aiutare le giovani a crescere e dare loro nuovi modelli, che siano femminili e liberi dai condizionamenti". 

"Molte volte non ci viene insegnato a essere leader nel nostro settore, ma ci viene più detto di stare tranquille, di stare calme, per cui molte volte capita di vedere l’uomo che sgomita per arrivare ai vertici, magari anche non in modi non esempre eleganti anche verso i colleghi, mentre la donna tende a essere più sensibile più empatica a evitare  lo scontro - aggiunge Valentina Carlini, ricercatrice in ingegneria biochimica - 

Molto è legato al pregiudizio che ancora c'è e che pesa su ognuna di noi, e quindi la donna in carriera è vista come una persona che toglie spazio alla famiglia".

"Quando ho iniziato l'università eravamo tre ragazze su 300 studenti. Ma è stato  divertente, nel senso che la mattina avevi almeno 20 colazioni offerte, 10 posti in prima fila - racconta Tiziana Catarci - noi arrivavamo all’ultimo minuto e c’erano tutti questi posti in prima fila tra cui si poteva scegliere. Ma la cosa più divertente era che avevano fatto un bagno per le ragazze e noi avevamo la chiave. Cioé, eravamo così poche, che quando arrivavi ti davano la chiave della studentessa. La chiave del bagno  era il simbolo della studentessa.

"Le donne che lavorano nella scienza, a parte alcuni settori particolari, sono poche e quindi è chiaro che si sente addosso la responsabilità delle altre e il nostro successo o insuccesso ha un peso specifico maggiore di quello di un uomo - racconta Tiziana Catarci -  E poi, anche qui, c'è sempre il problema  delpregiudizio della società. Non ci stiamo a raccontare le favole. Ancora una donna non è trattata come un uomo, una scienziata donna non è trattata come un uomo. Io mi sono candidata tanti anni fa come Rettrice di questa Università. E non ho vinto. Anche se adesso abbiamo finalmente una Rettrice donna (Antonella Polimeni, ndr). Io ero la prima donna in assoluto che si candidasse e questo già aveva sollevato un certo polverone. Ma ricordo che un giornalista, anche abbastanza famoso, fece un articolo su tutti i candidati, ma solo nel mio si parlava del fatto di come ero vestita. Nella sua idea mi stava facendo anche dei complimenti, perché scriveva che vestivo in maniera elegante, che avevo un certo portamento, che indossavo i tacchi. Ecco, mi ricordo questo dettaglio dei tacchi.  Questa è una cosa che all’epoca mi colpì tantissimo, perché io venivo da un settore di ricerca che, pur essendo fatto dagli uomini e di uomini, non mi aveva mai mostrato questi aspetti. Lì invece mi sono trovata improvvisamente a essere diversa, e essere oggettivizzata. Senza contare che, se proprio avesse dovuto scrivere qualcosa di interessante, avrebbe fatto meglio a occuparsi dei calzini corti di qualche candidato".

La scienza è divertente, è per tutti e ha bisogno di tutti, per portare vera innovazione. Stereotipi e pregiudizi hanno anche un'altra conseguenza, che determina il fenomeno chiamato gender pay gap, la differenza di salari fra uomini e donne. Il peso diverso delle buste paga e sulla carriera.

In media, in Europa, ogni euro guadagnato da un uomo, equivale a 0,87 centesimi per le donne. Mentre solo il 5% è donna fra gli amministratori delegati.

Il gender pay gap rappresenta una discriminaz che torviamo nel mercato del lavoro di tutto il mondo, quindi a parità di mansioni e competenze l’uomo, senza nessun motivo, viene pagato di più - spiega Azzurra Rinaldi, Professoressa di Economia Politica all'Unitelma Sapienza, autrice di Le signore non parlano di soldi. Quanto ci costa la disparità di genere? - Nel nostro Paese non lo abiamo mai misurato fino all’anno scorso perché le aziende non avevano obbligo di raccogliere i dati. Ma se prendiamo quelli che riguardano le ensioni, vediamo che quelle delle donne sono il 36% più basse di quelle degli uomini e questo perché nel corso della costa nostra carriera da un lato abbiamo accumulato meno denaro a causa del gender pay gap, dall’altro abbiamo la serie di interruzioni nel lavoro che spesso sono legate alla maternità. Ma le bambine devono fare da subito i conti con questa idea che non è educato parlare di soldi. Osserviamo le paghette di bambini e bambine. Premetto che è una pratica da incentivare quella di dare una piccola somma ai bambini, dagli otto anni in poi, perché imparano a resonsabilizzarsi e capire il valore dellecose. Ma molto spesso quella delle bambine è più bassa. Oppure proprio non c'è. Se chiedi ai genitori ti rispondono che le figlie, se hanno bisogno, possono chiedere. Ma in questo modo non diventano autonome. In compensano familiarizzano subito con l'idea che saranno pagate meno degli uomini. Già da bambine. Questo si osserva analizzando u altro dato: il 37% delle donne non è titolare di conto corrente in Italia. Anche in questo caso, quando si chiede di spiegare perché, la risposta è che preferiscono delegare al compagno, o in molti casi al padre. Dobbiamo liberrci da questa idea tossica che parlare di soldi non è da signore,se vogliamo fare passi avanti".

"Ho una bambina di otto mesi e avevo fatto il concorso per il quale attualmente sono assegnista di ricerca che mia figlia aveva 20 giorni, un po’ impaurita perché non sapevo come sarei riuscita a gestire il tutto  - racconta Jessica Riccioni, ricercatrice di Economia politica dell'Unitelma Sapienza - Con una rete di supporto dietro sono riuscita a riprendere il lavoro. Mia figlia aveva tre mesi quando ho ricominciato. Ho fatto in modo di continuare il mio percorso, non interromperlo, perché questo è un tipo di carriera che se ti interrompi, è molto facile perdersi" 

C’è un’altra partita, legata alle materie tecnico scientifiche, e in particolare all'informatica. Una partita ben più subdola. E’ l’Unesco ad aver lanciato l’allarme: gli algoritmi hanno il potere di diffondere e rafforzare stereotipi e pregiudizi di genere.

"Ho iniziato a sviluppare il mio primo sistema per identificare i Bias di genere nei dataset delle aziende, per capire se donne e uomini con la stessa mansione guadagnino la stessa somma. - spiega Chiara Criscuolo - Se il sistema suggerisce al decisore, che può essere Cio, può essere un manager, di assumere quella persona a quello stipendio è perché si continua un pregiudizio che si porta nel passato, quindi questo è un problema, perché se non siamo consapevoli da dove vengono i dati e su che basi facciamo le decisioni oggi, continueremo a perpetrare questa discriminazione". 

"Un altro aspetto è, ad esempio, la medicina di genere - aggiunge Adriana Albini - c'è la questione che le donne sono state meno studiate dal punto di vista dell’oggetto, tra virgolette, cioè del paziente. Gli studi clinici si fanno più sui maschi e quindi talvolta noi non sappiamo esattamente se le dosi funzionino nello stesso modo, se un farmaco abbia gli stessi effetti collaterali. Dall'altro manca l'apporto creativo delle donne, il loro modo diverso di vedere le cose e pensare alle soluzioni".

"Le donne hanno una capacità di problem solving, di risoluzione dei problemi, molto più sviluppata degli uomini - spiega Floriana Ferrara - Ma la tendenza al oerfezionismo che abbiamo, ci convince che, davanti a un errore, ci dobbiamo fermare perché non siamo abbastanza brave. INvece dobbiamo capire che è proprio questa la forza del metodo scientifico. L'errore fa pate del gioco. Sbagliare per andare avanti. La ricerca si basa sull'idea di cercare risposte, ma nessuno racconta che nella maggior parte dei casi si sbaglia e si deve ricominciare da capo a cercare".

"La scienza è la nostra opportunità di cambiare il Mondo, di partecipare alla rivoluzione digitale in atto, che è molto più rapida e dalla portata pen più ampia di quella industriale - conclude Tiziana Catarci - La rivoluzione digitale impatta su tutto: sulla società, sulla comunicazione, sulla politica, enormemente sull’economia, sui rapporti di forza, sui nuovi poteri. Su tutto. Tra 10 anni noi vivremo in un mondo completamente diverso da quello in cui io mi sono laureata. Il problema è che questo mondo lo stanno cambiando gli uomini. Un solo genere, diciamo che lo stanno anche cambiando gli uomini di certi Paesi e certe etnie, ma questo è un altro discorso. Però sono gli uomini che stanno decidendo per noi. Quindi il valore della diversità di cui abbiamo parlato e di cui abbiamo disperatamente bisogno, e lo sguardo diverso, il contributo diverso che possono dare le donne non c'è. Le ragazze non ci sono. Se vogliamo partecipare al futuro e non esserne ancora una volta schiacciate, dobbiamo andare a prenderci queste competenze digitali. Perché questo è l'impatto più importante che possiamo avere sul Mondo e sugli altri". Esserci. Partecipare al cambiamento. 

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