Il tesoriere dell'associazione Luca Coscioni è entrato stamani nella caserma dei carabinieri a Firenze per autodenunciarsi per il reato di aiuto al suicidio dopo aver supportato un 44enne toscano malato di sclerosi multipla a raggiungere la Svizzera per morire col suicidio assistito. Rischia dai cinque ai 12 anni
Marco Cappato, tesoriere dell'associazione Luca Coscioni, è entrato stamani nella caserma dei carabinieri di piazza della Stazione a Firenze per autodenunciarsi per il reato di aiuto al suicidio dopo aver supportato un 44enne di San Vincenzo (Livorno) malato di sclerosi multipla, Massimiliano, a raggiungere la Svizzera per morire col suicidio assistito. Aiuto che "configura i reati di cui all'articolo 580", ossia "aiuto al suicidio", per il quale "si rischiano da cinque a 12 anni di reclusione". A spiegarlo Filomena Gallo, avvocata di Marco Cappato e segretaria dell'Associazione Luca Coscioni, relativamente all'autodenuncia di Cappato, Felicetta Maltese e Chiara Lalli per l'aiuto fornito a Massimiliano, 44enne malato di sclerosi multipla, "nel raggiungere la Svizzera al fine di poter procedere con suicidio medicalmente assistito".
Massimiliano era "privo del trattamento di sostegno vitale"
Cappato "è intervenuto con un ruolo specifico sulle spese - ha spiegato Gallo oggi a Firenze per l'autodenuncia ai Carabinieri - in quanto Massimiliano non poteva sopportare quelle spese. La sua famiglia gli è stata vicino. Massimiliano era un malato amato, non in abbandono affettivo, non in abbandono terapeutico, con continuità di assistenza. La sua cartella clinica, che sarà fornita alla magistratura quando richiesto, evidenzia costanza nelle cure, nell'assistenza, nella necessità di indagini diagnostiche". Gallo ha ricordato che "la Corte Costituzionale con sentenza ha stabilito che non è punito l'aiuto al suicidio solo quando il malato ha determinate condizioni, che Massimiliano non possedeva completamente", poiché era "privo del trattamento di sostegno vitale".