Il latte alimentare è aumentato mediamente del 20%, ma la situazione a monte è molto più grave perchè gli allevatori lamentano aumenti di oltre il 50% e l'industria del confezionamento e la grande distribuzione non riescono più ad assorbire i rincari.
Che il mondo del latte alimentare, dalla stalla al supermercato, fosse in crisi era noto da tempo. Ma quanto sia profondo il solco di questa crisi è ancora difficile da calcolare.
Le stalle lamentano l’aumento medio del 56% dei costi correnti di produzione che non vengono coperti dai ricavi. L’industria paga anche il 30% in più il latte al produttore, ma non è sufficiente.
“La situazione è drammatica in questo momento.” spiega l’ad di Sterilgarda Nando Sarzi “Abbiamo un problema sia di qualità che di prezzo. Nei supermercati la merce si trova però andremo incontro a difficoltà di reperimento”.
L’Italia non è autosufficiente nella produzione di latte alimentare. Ne produciamo 2,4 milioni di tonnellate, con un incremento del 7% rispetto agli anni passati. 270mila tonnellate arrivano già confezionate sugli scaffali dei supermercati (-17% rispetto al 2021). Gli acquisti domestici sono complessivamente in calo, mediamente del 2-3%. A diminuire soprattutto l’acquisti di latte fresco e UHT a favore del delattosato e lunga conservazione. In particolare le vendite di latte UHT sono diminuite del 5,2%, il latte fresco del 6,2%. Inversione di tendenza per il delattosato che ha fatto registrare un +8% e il latte Esl +5,5%.
“I costi di produzione nell’ultimo anno sono aumentati” spiega Massimo Forino di Assolatte “Tutti i fattori di produzione sono esplosi a partire dallo stesso latte alla stalla che è passato da 37-38 centesimi al litro a 45, con molti casi a 48 cent al litro. Quindi con un aumento solo della materia prima del 30%. Ma poi c’è la carta, il cartone, l’energia”.
“I contadini” racconta Sarzi “chiedono di pagare il latte 15-20 centesimi di più al litro. Ma il problema per noi non è quello. Il problema è poi riversare l’aumento alla grande distribuzione. Noi possiamo assorbire una parte dei costi, ma se andiamo avanti così lavoriamo in perdita. E questo ovviamente non è possibile. Soprattutto perché sono aumentate tutte le componenti che ruotano attorno al latte confezionato: l’energia in primis, ma poi i cartoni, i bancali. Se continuiamo così è uno sfracelo”.
Secondo Coldiretti quello che si è abbattuto sul comparto è un vero e proprio tsunami determinato dall’effetto congiunto dell’aumento dei costi energetici e dei mangimi. In Italia ci sono 26mila stalle che producono per l’intero comparto lattiero caseario 12 milioni di tonnellate di latte l’anno per un valore di oltre 16 miliardi di euro.
Per il consumatore finale di latte alimentare il rincaro è contenuto, nell’ordine del 20%, che su una bottiglia di quasi un euro significa pochi centesimi. Ma a preoccupare è l’incertezza per il futuro.