Sono passati tre decenni dall'attacco frontale di Cosa nostra allo Stato. Ci siamo interrogati su cosa sia accaduto in questi anni e come sia mutato anche il modo di raccontare un fenomeno criminale ancora molto radicato nel nostro Paese (e sempre meno visibile)
A trent'anni dalle stragi di mafia che hanno insanguinato la Sicilia al culmine della stagione in cui Cosa nostra attaccò frontalmente lo Stato, all'evento Live In Venezia (LA DIRETTA - TUTTI I PANEL) ci siamo interrogati su cosa sia accaduto in questi tre decenni e come sia mutato anche il modo di raccontare un fenomeno criminale ancora molto radicato nel nostro Paese.
Il dibattito
Il confronto tra le diverse esperienze ed estrazioni artistiche dei protagonisti di questo spazio di Live In Venezia ha contribuito a restituire tutta la complessità della comunicazione moderna chiamata a trasmettere valori (la legalità su tutti) in una fase storica in cui il nemico (le mafie) abbia scelto di confondersi in attività legali, contaminandole. Dacia Maraini, autrice di fama internazionale e siciliana d'adozione (visti i suoi lunghi anni trascorsi a Bagheria), e i palermitani Simonetta Agnello Hornby, avvocato e scrittrice di successo, e il regista Roberto Andò hanno indagato le ragioni che dovrebbero spingere istituzioni e opinione pubblica a riportare al vertice delle priorità di governo e dell'interesse collettivo il contrasto alla criminalità organizzata e ai suoi valori distorti che questa continua ad alimentare.
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Il ricordo di Letizia Battaglia
La cultura è uno strumento determinante per arginare l'illegalità. Un approccio efficace dovrebbe affiancare l'attività di inquirenti e investigatori, sviluppandosi con costanza dall'infanzia per poi proseguire negli anni successivi di formazione scolastica e civica dell'individuo. È stato ribadito come lo Stato - evocato in una clip in apertura dei lavori dalla grande fotografa Letizia Battaglia, recentemente scomparsa - dovrebbe offrire ai giovani un'alternativa economica legale. Soprattutto in alcune aree del Paese in cui povertà e alta densità mafiosa spesso inducono i ragazzi a ricorrere a sostegni illeciti dei clan.
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Un nemico meno visibile
Gli attentati in cui persero la vita Giovanni Falcone e Paolo Borsellino nei primi anni '90 suscitarono una reazione popolare senza precedenti a sostegno dei magistrati e di repulsione nei confronti di mandanti ed esecutori di quelle stragi. Oggi, complice il diverso modus operandi di Cosa nostra e delle altre organizzazioni criminali, il nemico è meno visibile e per questo, forse, non si avverte la stessa passione che aveva animato battaglie sociali e iniziative legislative mirate a fermare la penetrazione dei cosiddetti "uomini d'onore" nel tessuto economico e politico del nostro Paese. Per questo il ricordo delle vittime non può che essere accompagnato da un risveglio delle coscienze in un Paese che altrimenti rischierebbe di dimenticare troppo presto i suoi eroi ("ATTACCO ALLO STATO", LO SPECIALE DI SKY TG24).