Lanciato il progetto pilota “Mai più fame: dall’emergenza all’autonomia” che mira a sostenere i bisogni delle famiglie vulnerabili e realizzare i presupposti per una sicurezza alimentare nel lungo periodo
Secondo i dati Istat ci sono 5,6 milioni di persone in Italia che vivono una condizione di povertà assoluta, pari al 7,5% della popolazione. La crisi economica, aggravata dalla pandemia da Covid-19, ha colpito molti nuclei familiari che oggi si trovano con possibilità notevolmente ridotte di accesso ad una alimentazione sana e adeguata.
Azione contro la Fame (organizzazione umanitaria internazionale specializzata nella lotta contro le cause e le conseguenze della fame) ha messo a punto un programma che mira a dare sostegno nell’immediato a chi si trova in difficoltà ma anche a valorizzare il capitale umano dei beneficiari e a riattivare energie, fiducia e autostima venuti meno a causa dello stato di necessità.
Obiettivo del programma
Il progetto si propone di traghettare le famiglie da una condizione di emergenza alimentare ed occupazionale ad una condizione di autonomia.
L’intervento “Mai più Fame: dall’emergenza all’autonomia” è infatti composto da tre elementi integrati:
- sostegno alla spesa per l’acquisto di cibo e beni di prima necessità;
- educazione alimentare per indirizzare i beneficiari verso una dieta sana e bilanciata che favorisca la salute e il benessere del nucleo familiare;
- percorso di formazione ed accompagnamento all’inserimento lavorativo finalizzato allo sviluppo delle competenze personali, sociali e professionali per favorire l’occupabilità e costruire la sicurezza alimentare nel lungo periodo.
Il modello è basato sulle esperienze già fatte da ‘Azione contro la Fame’ in Spagna, Palestina, Georgia e in diversi Paesi dell'America Latina dove si sono rilevati miglioramenti sensibili delle abitudini alimentari delle famiglie dei beneficiari e un impatto rilevante, già a breve termine, sul percorso lavorativo dei partecipanti al programma di miglioramento dell’occupabilità. Da 40 anni infatti, in circa 50 Paesi, l’organizzazione salva la vita di bambini malnutriti, assicura alle famiglie acqua potabile, cibo, cure mediche e formazione, consentendo a intere comunità di vivere libere dalla fame.
La situazione in Italia e il focus su Milano
L’80% delle persone che hanno chiesto di aderire al programma sono donne. Sembra quindi confermata ancora una volta la correlazione esistente anche a livello globale tra condizione femminile e insicurezza alimentare. L’età delle richiedenti è compresa tra i 30 e i 60 anni, con oltre la metà che dichiara di essere divorziata, separata o single; il restante 44% è coniugata o convivente. Nel 90% dei casi si tratta di famiglie con uno o più figli a carico e in buona parte di contesti monoparentali; dati che confermano evidenze emerse dal Report Povertà 2020 dell’Istat all’interno del quale la presenza di figli minorenni è legata fortemente all’indice di povertà nelle famiglie.
La percentuale di soggetti che dichiara di trovarsi in una condizione di disoccupazione da più di 12 mesi è pari alla metà del campione, mentre la parte restante dichiara di essersi trovata in una condizione di disoccupazione solo negli ultimi mesi o di essere stata occupata in lavori occasionali o senza contratto.
“La crisi legata al Covid ed ora le conseguenze economiche della guerra in Ucraina stanno ulteriormente aggravando l’insicurezza alimentare, nel mondo e anche in Italia - ha dichiarato il direttore generale di Azione contro la Fame, Simone Garroni - Per questa ragione, abbiamo pensato di attuare un intervento multisettoriale che mira non solo a sostenere la spesa nel momento dell’emergenza ma anche a offrire alle famiglie la possibilità di rientrare nel perimetro dell’autosufficienza. Come dice il nostro manifesto “Mai più fame” vogliamo infatti che a ogni persona, in Italia e nel mondo, sia oggi che domani, venga garantito il diritto al cibo, all’acqua e ai mezzi necessari per garantire la salute e il benessere personale e della propria famiglia”.
Le testimonianze
L’organizzazione ha raccolto alcune testimonianze di donne che hanno chiesto aiuto. C’è Laura, 53 anni e mamma di due figli di 15 e 19, che ha detto: “Ho lavorato per più di 30 anni in uno punto vendita della grande distribuzione. Ho continuato, seppure con molte difficoltà, anche quando sono stata spostata in una sede molto lontano da casa ed è diventato sempre più difficile conciliare i turni di lavoro con la cura dei miei figli. Per anni ho cercato di essere spostata in un altro punto vendita, ma non mi è stato concesso. In occasione di una riorganizzazione interna mi è stata offerta una buonuscita e, contando di poter trovare una situazione lavorativa più adeguata alle esigenze familiari, ho accettato. Però al momento ho solo un contratto che mi impegna per poche ore alla settimana come addetta alle pulizie e guadagno 250 euro al mese circa, pari al costo dell’affitto del mio appartamento. Ricevo il Reddito di Cittadinanza, che ci aiuta ad arrivare alla fine del mese; a volte, però non riesco comunque a sfamare i miei figli, né a comprare loro ciò di cui hanno bisogno. La verità è che non sono abituata ad essere in carico all’assistenza e vorrei poter tornare a lavorare per poter riacquistare la mia indipendenza e dignità”.
E come Laura ci sono altre donne e madri che faticano a sfamare sé stesse e la famiglia, ad esempio Irene, 44 anni con tre figli di 17, 14 e 7 anni, che ha spiegato la sua situazione: “Alle superiori ho avuto diversi problemi familiari e non sono riuscita a concludere gli studi. Per questa ragione, non riesco a trovare un’occupazione stabile ma solo lavori occasionali e in nero. Nel corso degli anni, le opportunità di lavoro sono diventate sempre meno e quindi ho fatto la venditrice ambulante, solo per riuscire a guadagnare a qualcosa. Mio marito da anni lavora con turni sfiancanti e, da solo, sostiene economicamente la famiglia. Negli anni ci siamo indebitati per affrontare spese come l’affitto o quelle per i nostri figli e, per questa ragione, siamo stati sfrattati più volte. Non desidero la luna, mi piacciono le cose semplici. Vorrei solo poter aiutare mio marito, anche perché le spese quotidiane sono diventate ancora più difficili da affrontare e, a volte, mi privo io stessa del cibo per soddisfare il più possibile i bisogni dei miei figli”.