Caso Cucchi, Cassazione: due carabinieri condannati a 12 anni. Ilaria: "Giustizia è fatta"

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I giudici della quinta corte della Cassazione hanno confermato il verdetto nei confronti di Alessio Di Bernardo e Raffaele D'Alessandro, per cui la pena passa da 13 a 12 anni di reclusione. Ci sarà invece un appello bis per due carabinieri accusati di falso. La madre del giovane ucciso nel 2009: "Finalmente è arrivata giustizia dopo tanti anni almeno nei confronti di chi ha picchiato Stefano causandone la morte". L'Arma: "Scusa alla famiglia, i comportamenti accertati contraddicono i nostri valori e principi"

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"Possiamo dire che [Stefano] è stato ucciso di botte, che giustizia è stata fatta nei confronti di loro che ce l'hanno portato via". Sono queste le prime parole di Ilaria Cucchi dopo che la Cassazione ha confermato la condanna per omicidio preterintenzionale nei confronti dei carabinieri Alessio Di Bernardo e Raffaele D'Alessandro nell'ambito del processo sull'uccisione di suo fratello Stefano Cucchi. Per i due militari la pena passa da 13 a 12 anni di reclusione. Ci sarà, invece, un nuovo processo di appello per altri due carabinieri accusati di falso: si tratta di Roberto Mandolini, che era stato condannato a 4 anni di reclusione, e Francesco Tedesco, condannato a 2 anni e mezzo di carcere. "A questo punto possiamo mettere la parola fine a questa prima parte del processo sull'omicidio di Stefano - ha detto la sorella Ilaria, ricordando che è in corso anche un altro processo per i depistaggi sul caso. "Devo ringraziare tante persone, il mio pensiero in questo momento va ai miei genitori che di tutto questo si sono ammalati e non possono essere con noi, va ai miei avvocati Fabio Anselmo e Stefano Maccioni e un grande grazie al dottor Giovanni Musarò che ci ha portato fin qui". "Finalmente è arrivata giustizia dopo tanti anni almeno nei confronti di chi ha picchiato Stefano causando la morte", ha detto Rita Calore, la madre di Cucchi.

Il comando dei carabinieri: "Violati nostri principi, siamo vicini alla famiglia Cucchi"

"Siamo vicini alla famiglia Cucchi di cui condividiamo il dolore e alla quale chiediamo di accogliere al nostra profonda sofferenza e il nostro rammarico", ha commentato il comando generale dei carabinieri dopo la sentenza, sottolineando che a questo punto "saranno sollecitamente conclusi, con il massimo rigore" i procedimenti disciplinari a carico dei due. La sentenza, aggiunge l'Arma "ci addolora perché i comportamenti accertati contraddicono i valori e i principi ai quali chi veste la nostra uniforme deve sempre e comunque ispirare il proprio agire". La sentenza di oggi della Corte di Cassazione, dice ancora l'Arma, "sancisce la responsabilità di due dei 4 carabinieri coinvolti, a diverso titolo, nela vicenda della drammatica morte di Stefano Cucchi". Per questo vanno le scuse alla famiglia di Stefano e la promessa che i procedimenti disciplinari verrano conclusi con il massimo rigore: "Lo dobbiamo alla famiglia Cucchi - conclude l'Arma - e a tutti i carabinieri che giornalmente svolgono la loro missione di vicinanza e sostegno ai cittadini".

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La vicenda giudiziaria

Stefano Cucchi era stato fermato a Roma il 15 ottobre 2009 perché trovato in possesso di alcuni grammi di droga, e successivamente portato nelle celle di sicurezza di una caserma dei carabinieri. Il giorno seguente era apparso all'udienza di convalida del fermo con ematomi e difficoltà a camminare e, dopo la convalida, era stato portato a Regina Coeli. La sua morte risale al 22 ottobre 2009 ed è avvenuta all'ospedale Pertini. Al momento del decesso pesava 37 kg e nei giorni di detenzione la famiglia non era mai riuscita a vederlo. Grazie alla determinazione della sua famiglia, in primis della sorella Ilaria, sulla vicenda si è fatta chiarezza, ma è stato un lungo processo. "Speriamo che venga messa fine a una verità giudiziaria che ormai tutti sappiamo ed è ora che venga affermata in modo definitivo", aveva detto in mattinata il legale della famiglia, Fabio Anselmo, sottolineando che si è arrivati a questo punto dopo 150 udienze. Anche il procuratore generale della Cassazione aveva chiesto la conferma della condanna nei confronti dei carabinieri, definendo il pestaggio attuato nella caserma Casilina "una punizione corporale di straordinaria gravità, caratterizzata da una evidente mancanza di proporzione con l'atteggiamento non collaborativo del Cucchi". 

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