Il Governo è al lavoro per inasprire le sanzioni e intervenire più efficacemente nella prevenzione del femminicidio e della violenza di genere. La Ministra dell'Interno Luciana Lamorgese ci spiega i prossmi passi.
In occasione del 25 novembre abbiamo fatto una lunga chiacchierata con la ministra dell'Interno Luciana Lamorgese, che ci ha spiegato i prossimi passi del governo nella lotta contro la violenza di genere. Ma ha anche voluto lasciare un messaggio, da donna, alle altre donne.
"Rendere la vita difficile ai maltrattanti"
"Il nostro obiettivo è rendere la vita difficile ai maltrattanti, in modo che non succedano più questi episodi terribili. Stiamo predisponendo un pacchetto di misure che spero a breve di poter portare in Consiglio dei Ministri, insieme alle mie colleghe, Bonetti, Cartabia, Gelmini e Carfagna. Stiamo verificando la possibilità di ampliare quelle che sono le fattispecie della violenza domestica, prevedendo anche i casi di violenza grave e aggravata e l’utilizzo del braccialetto elettronico. Per oggi è su base volontaria, è il maltratante che deve accettare di indossarlo. Ma laddove ci sia il diniego da parte dell’interessato di utilizzare il braccialetto elettronico noi prevediamo delle misure ancora più gravi di controllo. E questo dovrebbe essere previsto nel provvedimento".
Fino a ora è possibile l'arresto soltanto in caso di flagranza. Pensa che ci potrebbe essere un passo in più, penso ad esempio a mutuare dalle manifestazioni il reiterato arresto oppure immaginare un fermo per motivi di emergenza urgenza.
"Su questo ci stiamo lavorando perché sul fermo certamente si può fare qualcosa. Però il nostro obiettivo non è soltanto il fermo, ma anche l’allontanamento dalla casa della vittima, la possibilità che non si avvicini più. Su questo, ripeto, il braccialetto elettronico, secondo me, può dare un risultato. Anche se si dice che non ci sono, non è vero. Ce ne sono, anche l’anno scorso sono arrivate nuove forniture. Quindi su questo fronte non c’è problema. Ma ovviamente il braccialetto elettronico è una misura che viene assegnata dalla Magistrato, ma ormai la sensibilità è alta".
La Commissione Parlamentare contro il Femminicidio ci dice che tra il 2017 e 2018 soltanto il 15% delle donne che poi sono state uccise aveva denunciato. Questo significa sfiducia nelle situazioni, isolamento. Come si fa a rompere questo isolamento?
"Sì, quello che noi rileviamo è assolutamente la mancanza di denunce perché evidentemente molto è collegato anche alla disponibilità economica delle vittime. Ecco perché il reddito di libertà è così importante. Rendere le donne libere, anche economicamente, dà la possibilità di affrontare la vita in maniera differente.
Io però penso che non si può delegare tutto alle forze dell’ordine, alla magistratura. Se vediamo che ci sono i giovani che commettono violenza, perché ormai si è abbassata l’età dei maltrattamenti, dobbiamo capire che qualcosa non ha funzionato: la famiglia, la scuola. Dobbiamo interrogarci".
Quindi lei parla di una responsabilità morale da parte della società?
"Ognuno di noi ha una forma di responsabilità, perché anche accorgersi di segnali che inevitabilmente poi ci sono è importante. Come è possibile che tante volte anche segnali gravi non vengano letti da chi sta vicino alla vittima? Quello che vorrei dire è di avere fiducia nelle forze di polizia, di denunciare, di non rimanere isolate. La violenza da sola non non si combatte, si combatte con l’aiuto degli altri".
L’altro tema è quello di maltrattanti.
"In questo frangente sicuramente occorre operare sempre di più diffondendo le strutture che operano in appoggio al protocollo Zeus per gli uomini maltrattanti. Soprattutto nel Nord esistono queste strutture, sono più avanti. Però poiché danno risultati importanti proprio in termini di formazione, in termini di consapevolezza da parte dei maltrattamenti, è necessario spenderci di più su questo aspetto".
Orfani di femminicidio. Le stime ci dicono che ce ne sono 2100 nel nostro Paese.
Come si può intervenire per aiutarli nell’immediato?
"Devo dire che già soltanto nel 2021 abbiamo erogato un milione e trecentomila euro, mentre nel 2020 oltre un milione. Certamente è sempre poco quello che si fa, se noi pensiamo a questi ragazzi che vedono la loro vita distrutta".
Per i familiari delle vittime di femminicidio si parla di un indennizzo e non di un risarcimento, come per le vittime di mafia. Si potrebbe pensare anche a questo?
"Queste sono misure che vanno viste nel complesso, perché teniamo conto che abbiamo il reddito di libertà, le risorse che vengono date dal Commissario der le vittime dei reati violenti, quindi va fatto un piano complessivo. Ma certamente ci lavoreremo anche su questo aspetto".
Da donna le chiedo: c’è qualcosa, un messaggio che vorrebbe mandare alle ragazze, alle donne?
"Sì. Soprattutto vorrei dire loro di avere il rispetto di se stesse, perché qualunque donna, qualunque ragazza, quando viene a contatto con una persona violenta che non si svela immediatamente, viene isolata pian piano. Il maltrattante, mano a mano, la isola del resto degli amici, del suo contesto, del lavoro. E questo è estremamente negativo. Allora già questo dovrebbe mettere un campanello d’allarme, perché un amore sano è quello che si vive insieme agli altri. Soprattutto, ripeto, avere rispetto per se stessi"