Nuovo ciclo d'interviste realizzate dal direttore di Sky TG24 Giuseppe De Bellis a grandi italiani che si sono distinti nel proprio campo. Protagonista dell'incontro del 23 luglio il fondatore di Yoox Net-A-Porter, proprio nel suo ultimo giorno da chairman del gruppo che ha guidato per oltre 20 anni. Una puntata, disponibile on demand e proposta anche su Sky Arte il 26 luglio, nella quale si parla della sua vita, dell’esperienza da imprenditore e dei suoi progetti futuri
È Federico Marchetti, il fondatore di Yoox Net-A-Porter, il protagonista della quarta puntata del secondo ciclo di "Vite – L’arte del possibile", una serie di interviste realizzate dal direttore di Sky TG24 Giuseppe De Bellis a grandi personaggi italiani. Un incontro con l’imprenditore nel suo ultimo giorno, il 23 luglio, da chairman del gruppo che ha guidato per oltre vent’anni. Un modo per parlare, fra l'altro, della sua vita e dell’esperienza come imprenditore, che con un’intuizione pionieristica ha unito mondi un tempo lontani tra loro, come tecnologia e moda, ma anche dei suoi progetti futuri. "Sicuramente non mi vedo tornare indietro - dice Marchetti - non mi vedo tornare a fare il dipendente. Il dna da imprenditore ormai mi piace troppo e quindi l’unica cosa che posso veramente fare è o aiutare gli altri oppure avere il mio progetto". (LA PUNTATA CON BRUNELLO CUCINELLI - LA PUNTATA CON DIEGO DELLA VALLE - L'INTERVISTA AD ALESSANDRO BARICCO). La puntata si può rivedere su Sky Arte il 26 luglio alle 12.10 ed è disponibile On Demand e sul sito Skytg24.it. Di seguito l'intervista integrale.
Giuseppe De Bellis: Milano la città che ha scelto, però cominciamo questo viaggio partendo dalla città in cui è nato. E allora le chiedo, un ricordo di Ravenna e della sua infanzia.
Federico Marchetti: Sono romagnolo, ogni tanto ho ancora qualche accento romagnolo e devo dire ne vado anche fiero. Sono nato a Ravenna da due genitori di Ravenna… Qualche ricordo… ero mostruosamente bravo a scuola, però non il secchione che studia sempre, perché comunque avevo degli amici, che sono ancora i miei migliori amici, tra l’altro, i miei amici di Ravenna, con cui passiamo ancora tempo insieme d’estate quando torno, oppure un weekend all’anno andiamo via da qualche parte, con cui andavo con la Vespa, con le ragazze. Ci chiamavamo, era un po’ il sogno americano, ci chiamavamo Clockers perché stavamo sotto la torre dell’orologio di piazza del Popolo di Ravenna, quindi ero un ragazzo che si divertiva come tutti gli altri, però mostruosamente bravo a scuola, questa qui era più o meno la mia infanzia.
Giuseppe De Bellis: Quando era un adolescente, poi un giovane uomo, prima di arrivare qui a Milano, che cosa sognava, cosa desiderava Federico Marchetti?
Federico Marchetti: Federico da teenager in poi sognava di avere la propria azienda, il proprio progetto più che azienda, nel senso qualcosa da iniziare, costruire far crescer come se fosse una specie di creatura, partendo da delle idee, le più disparate, che però avevano tutte un filo conduttore, il filo conduttore era quello di guardare al mondo attuale con un occhio diverso, quindi cercare di reinventare un qualche cosa che esisteva già ma in un modo completamente diverso. Quindi non avevo la velleità di fare l’inventore perché non sono un ingegnere, non sono… ma di fare l’imprenditore, creare qualche cosa cambiando il mondo, cambiando le cose.
Giuseppe De Bellis: Quindi un differente punto di vista rispetto a un differente prodotto una differente azienda.
Federico Marchetti: Sì perché ad esempio sul prodotto, io mi ricordo essendo comunque appassionato di tecnologia ma più da utilizzatore finale, cioè da cliente che da programmatore, in quel caso lì ad inizio dell’università, mi sembra nel 1990 o qualcosa del genere, ebbi il mio primo telefono, che era un telefono grosso così (e indica l’intera mano ndr) e a quel punto lì dissi: ma perché avere un telefono grosso così e una macchina fotografica grossa così…
Giuseppe De Bellis: Separate
Federico Marchetti: Separate. Perché non mettere tutto insieme con un telefono che ha anche la macchina, così almeno se devi correre hai soltanto una cosa in mano e come si dice, si insegna ai bambini, ai figli, cerca di avere sempre una mano libera così se cadi almeno non ti spiaccichi contro il suolo, il pavimento. Però anche lì, quel prodotto lì io non potevo prototiparlo e brevettarlo perché non essendo un ingegnere… quindi mi era chiaro che dovevo reinventare un modo non un prodotto.
leggi anche
"Vite - L'arte del possibile": Cucinelli ospite terza puntata. VIDEO
Giuseppe De Bellis: Arriva a Milano, università Bocconi, quindi comincia un’avventura, immagino una vita nuova e quando era studente universitario ha continuato a pensare a quest’idea di fare qualcosa di suo, o il fatto di stare in una grande università che ha sfornato anche tantissimi manager, non imprenditori ma manager, le ha fatto pensare anche questa può essere una strada per me.
Federico Marchetti: No, non ho mai cambiato idea. Ho fatto l’università e poi anche i lavori successivi, che poi è essenzialmente uno in particolare, con l’unico scopo di imparare qualche cosa, tecnica e non tecnica, per poi diventare un bravo imprenditore. Però non ho fatto nulla per poi dopo fare il manager o il dipendente.
Giuseppe De Bellis: Andiamo a New York adesso, perché da Milano poi lei va a New York, studia alla Columbia e le voglio chiedere, la differenza tra l’America sognata e quella vissuta c’è stata oppure era la stessa cosa?
Federico Marchetti: A differenza di Londra dove avevo lavorato per un anno in banca d’affari dove mi ero sentito sempre un po’ uno straniero, un ospite, a New York mi sono sentito subito a casa. Infatti è stato proprio amore totale e io sarei voluto rimanere a New York, non sarei più voluto tornare, però mi era chiaro che per far partire la mia azienda e il mio progetto l’Italia era il posto giusto dove tornare, proprio perché si parlava di moda.
Giuseppe De Bellis: Ecco questa è la chiave di tutto. Lei ha detto, io ero un appassionato di tecnologia ma non un tecnologo, un ingegnere, e invece il rapporto con la moda com’era?
Federico Marchetti: Il rapporto con la moda simile, non ero un fashionista, però mi piaceva. In realtà penso che essere un po’ più distaccato da entrambe le cose mi abbia fatto unire i due mondi. Perché se fossi stato troppo dentro uno o troppo dentro un altro probabilmente non avrei visto questo incrocio magico. Perché alla fine si tratta di un incrocio magico, vent’anni, ventuno anni fa…Il mio rapporto con la moda era… mi piaceva un po’ per differenziarmi dai miei amici … diciamo che avevo già il gusto dell’essere abbastanza pioniere anche nella moda, come pure sono stato appunto dopo quando ho fondato Yoox.
leggi anche
"Vite – L’arte del possibile": Baricco ospite della seconda puntata
Giuseppe De Bellis: Pioniere è una parola che secondo me la rappresenta molto, l’ha detta lei e adesso la faccio mia. Com’è stato essere pioniere in un mondo, in due mondi che all’apparenza soprattutto in quel momento erano totalmente distanti. Ha avuto più scetticismo dal mondo tecnologico o più scetticismo dal mondo della moda?
Federico Marchetti: Sicuramente, stiamo parlando del 2000, perché comunque l’ho inventata nel 1999, l’ho fondata a marzo, il 21 marzo, con l’equinozio di primavera, è stata una coincidenza, però mi piace pensare che, trattandosi di un business di stagioni, l’ho costituita l’equinozio di primavera e l’ho aperta il solstizio d’estate, che è il 21 giugno, quindi qualche cosa di magico c’era.. Sicuramente all’inizio c’era tantissimo scetticismo da parte dei marchi della moda, questo era ovvio, perché comunque vedevano internet come qualcosa di estremamente lontano, estremamente marginale e forse, anzi senza forse, avevano ragione, nel 2000 internet per loro rappresentava lo 0,01 per cento del loro business, eventualmente. Non lo conoscevano e per me questa qui in realtà è stata la mia fortuna, perché quello che ho fatto… li ho presi per mano uno a uno, un po’ tipo traghettatore, come Virgilio nella Divina Commedia visto che è il settecentesimo di Dante Alighieri, e li ho accompagnati su internet per la loro prima volta, cioè il loro debutto su internet, il 90 per cento dei marchi di lusso, di moda in giro per l’Europa, Italia e Francia soprattutto, l’hanno fatto con Yoox.
Giuseppe De Bellis: La sensazione è proprio di un’azienda che ha avuto un’evoluzione, una crescita proprio figlia del tempo in cui stava vivendo.
Federico Marchetti: Sì, perché è un pochino stato tutto pianificato, nel senso che il mio business plan del 2000 l’ho fatto tutto, anno dopo anno... In realtà già dal 2000 io avevo scritto che Yoox non era Yoox.com, avevo scritto Yoox è il leader nel mondo nel business del lusso digitale.
Giuseppe De Bellis: È vero che il primo finanziamento che ha ricevuto è stato quello di un amico che le ha staccato un assegno in un ristorante, o comunque in una situazione strana in cui l’ha sorpresa anche?
Federico Marchetti: Sì perché io dovevo restituire i soldi del master che mi aveva pagato quella società di consulenza prima che partissi e quindi a quel punto lì quando ho detto basta, adesso non vengo più a lavorare, loro mi hanno detto che c’era un debito da saldare. Quel debito lì è stato saldato grazie a un amico… Ma comunque Yoox è una storia di tantissime amicizie. È un progetto da questo punto di vista molto sentimentale, molto italiano e sicuramente questa parte qua mi mancherà tanto.
Giuseppe De Bellis: Se oggi pensa a quello che hanno detto di lei, quello che dicono di lei, c’è un complimento che le sta particolarmente a cuore?
Federico Marchetti: Allora, complimento, essendo in realtà io anche un po’ timido anche se non sembra, ma in realtà lo sono, no. Però una definizione che mi ha fatto sempre divertire e che mi trova assolutamente in linea è quella di americano-romagnolo, nel senso che riassume un po’ … romagnolo, che vuol dire fantasia, Fellini, tutto quello che i romagnoli col turismo riescono a fare, cose che nessuno in Italia… Io adesso vivo al lago di Como, se mettessimo tutti i romagnoli al lago di Como, il lago di Como diventerebbe una meta incredibile. E quindi bravi nel marketing, bravi nel vendere le cose e così via. Americano perché la cultura americana dal punto di vista del capitalismo, dal punto di vista di dividere con gli altri, dal punto di vista della tecnologia, delle start up, tutta questa cultura prettamente americana è sicuramente quella che mi ha ispirato nel gestire l’azienda.
Giuseppe De Bellis: Si sente più vicino al mondo di Steve Jobs, Bill Gates, al mondo della Silicon Valley allargata che arriva fino a Seattle o si sente più vicino a questa città, alla realtà dei prodotti creati in Italia e del made in Italy?
Federico Marchetti: Come dicevo prima, mi sono trovato in mezzo a questi due mondi. Tra l’altro li ho incontrati tutti, da Bill Gates a Steve Jobs eccetera eccetera, e dall’altra parte ovviamente le grandi personalità del mondo della moda. In realtà io sono una specie di trait d’union tra i due mondi, e quindi non mi sento né l’uno né l’altro.
Giuseppe De Bellis: Lei se lo ricorda il giorno o il momento in cui ha detto io voglio creare questa cosa e si chiamerà Yoox. Sono stati due momenti diversi immagino, quello in cui ha pensato e quello in cui ha scelto il nome. Le chiedo innanzitutto qual è quello più decisivo dei due, se il pensiero o la prima azione che è scegliere un marchio che diventa di successo.
Federico Marchetti: In una qualche maniera è stata questa forza dentro che mi ha detto: bene, adesso devi farlo, adesso devi farla qualche cosa, basta aspettare. E così è andata, perché mi sono proprio seduto con me stesso a tavolino e ho detto bene… Beh sicuramente internet, stiamo parlando del 1999, era il momento in cui si capiva che poteva essere una rivoluzione industriale e soprattutto era anche per le persone non dotate di mezzi finanziari come me e la mia famiglia il modo per accedere a capitali perché c’è stata una specie di spiraglio in cui anche i poveri potevano avere i soldi dalle banche, no? Che invece di solito non… si fa più fatica.. E quello che ho visto è stato qualche cosa un po’ in anticipo rispetto ai tempi, perché adesso non c’è amministratore delegato di azienda di moda che non abbia in cima alla propria agenda il digitale, che questi due mondi qua, allora completamente contrapposti, andassero poi a compenetrarsi. E quindi è così che son partito. Il nome… Il nome è stato un fulmine a ciel sereno perché ero nel mio appartamentino milanese, tornando a casa da questo lavoro che non mi piaceva e provavo sempre a cercare dei nomi, corti, visualmente molto efficaci, non necessariamente italiani perché da subito avevo l’idea di fare un progetto globale e scrivevo le lettere… Mi ricordo proprio di sera, di notte, in autunno del 1999, e poi ovviamente queste lettere un po’ alchemiche, la x la y, sono lettere molto belle anche da vedere, con la o… ta, ta ta, ta disponibile… con quattro lettere, disponibile con senso compiuto nel 1999 col punto com qualcuno ha fatto il calcolo che probabilmente avevo una probabilità di uno su un milione e 456mila, eccetera eccetera, e quindi l’ho preso subito e quello lì è stato il nome.
Giuseppe De Bellis: C’è un significato?
Federico Marchetti: Sì, sì, ovviamente nel provare i vari nomi erano tutti con un significato, ma perché penso che il nome sia fondamentale in realtà in un progetto. C’era Hitchcock che diceva, ci metteva pochissimo a girare i film, e ci metteva sei mesi a trovare il titolo del film. Non siamo a quel livello lì, però io penso che sia veramente fondamentale, e devo dire che secondo me, adesso ovviamente sono di parte, però il nome Yoox dopo ventun’anni è ancora per me un nome stupendo, perché comunque non ha stancato. Il significato è quello dei cromosomi x e y, quindi uomo e donna, quindi aveva già dentro di sé non solo le categorie di abbigliamento, ma anche la diversità di genere nel senso che le donne rappresentano qua dentro più del 50 per cento dell’executive committee, rappresentano due terzi del totale dei 5mila dipendenti, quindi era già dall’inizio, ma perché poi anche si parla di moda giustamente… E poi invece c’è la “o” che si avvicina allo zero del codice binario che invece è il dna della tecnologia e del web. Quindi dna dell’umanità e dna del web insieme, con un’evoluzione del fatto che ci sono le persone che gestiscono la tecnologia e non viceversa.
Giuseppe De Bellis: E quindi i due estremi sono le persone e al centro c’è la tecnologia.
Federico Marchetti: Che vuol dire però che questo bilanciamento tra umano e tecnologico che è quello che ho cercato di ottenere lungo tutti i 20 anni della mia carriera è fondamentale perché io potevo spingere il cursore molto più sulla tecnologia, oppure anche eventualmente più sull’umano, ho cercato sempre un bilanciamento tra i due perché pensavo che per il settore in cui siamo, che è quello del lusso, ovviamente la parte emozionale, umana, calda sia fondamentale, al tempo stesso, trattandosi di e-commerce e di tecnologia artefice intelligence big date e così via per noi sono stati il nostro pane quotidiano, anzi in realtà siamo stati anche dei precursori e quindi ho sempre cercato di trovare questa specie di equilibrio tra i due mondi.
Giuseppe De Bellis: Prima mi ha detto dello scetticismo mi dice invece chi è stato nel mondo della moda il primo o i primi che hanno creduto nel progetto e quindi le hanno dato una mano?
Federico Marchetti: In realtà anche nel mondo della moda come in tutti i settori ci sono gli innovatori e quelli che vengono dopo. Ogni tanto sarebbe divertente vedere le dichiarazioni degli anni 2000, 2005, 2006 di alcuni grandissimi imprenditori della moda in cui dicevano peste e corna di internet e adesso invece sono sostanzialmente aziende quotate che parlano soltanto del digitale, sarebbe molto divertente questa contrapposizione, mi fa sorridere. Sicuramente il signor Armani, Renzo Rosso di Diesel sono stati tra i primi curiosi del sistema Yoox, però se devo dire proprio chi è stato un pioniere dell’e-commerce della moda bene o male affiancato a me, è stata la fondatrice di Net A Porter che dall’altra parte della Manica, quindi in Inghilterra, che ha cominciato praticamente poco dopo o insieme a me nel 2000 e che infatti a un certo punto nel 2015 ho pensato che i due concorrenti principali come se fossero Coca Cola e Pepsi Cola ho pensato che era giusto dovessero allearsi.
Giuseppe De Bellis: Prima ha parlato di pionieri e io le ho già fatto una domanda su questo, però gliene faccio un’altra: com’erano gli albori di quest’azienda? Non era la Silicon Valley, era l’Italia, lei si ricorda come eravate lei e i suoi collaboratori, i primi collaboratori?
Federico Marchetti: Assolutamente sì, e devo che è sicuramente una delle parti più divertenti di tutto questo. Cominciammo lungo il fiume di Casalecchio di Reno, quindi il fiume Reno, perché avevo trovato quest’alleanza con un negozietto di abbigliamento che era proprio lì, a Casalecchio di Reno, quindi questo di cui tutti adesso parlano, dell’omni channel, in realtà nel 2000 Yoox partì omni channel perché in cambio di azioni di questo mio progetto fantasioso affittai i capi del magazzino di questo negozietto per provare se effettivamente trovavo dei clienti che li comprassero perché ovviamente non potevo fare ricerche di mercato allora, perché se avessi chiesto a qualcuno tu compreresti Versace on line, mi avrebbe detto: ma di che cosa stai parlando? Ed era un clima variopinto, mi ricordo che c’era questa ragazza con i capelli blu al packaging, il capo del magazzino che era con i capelli fino al sedere, la fotografa che era la fidanzata di un mio amico di Ravenna che è il presidente di Magnum, diciamo che era veramente una specie di comune da tutti i punti di vista perché effettivamente avevamo anche un appartamento tutti insieme perché alla fine non si faceva altro che lavorare ovviamente. I primi tre sei nove mesi non c’era orario per far funzionare le cose, però ci accomunava la passione e soprattutto il fatto che credevamo tutti che ce l’avremmo fatta, nonostante quando abbiamo cominciato con Yoox c’è stato subito dopo, un mese dopo la costituzione, aprile del 2000… è scoppiata la bolla di internet, quindi si sono chiuse le porte del paradiso dal punto di vista dei capitali e noi ci siamo trovati un attimo tutti spiazzati. Io ho fatto finta di niente ovviamente con i dipendenti, ho fatto finta che fosse tutto tranquillo, come se niente fosse, ma per fortuna avevo anche già garantito anche la seconda tranche di finanziamento da questo venture capitalist illuminatissimo a cui io sono riconoscente e lo sarò tutta la vita, che si chiamava Elserino Piol.
Giuseppe De Bellis: Ha mai pensato: questa cosa può non funzionare?
Federico Marchetti: No. Non mi è mai successo.
Giuseppe De Bellis: Ci ha creduto sempre.
Federico Marchetti: Ci ho creduto sempre e, ripeto, di ostacoli ce ne sono stati tutti i giorni, dal primo momento quando anche semplicemente la fibra ottica per il magazzino, attraverso il comune di Bologna, ci ha messo sei mesi di più rispetto a quello che doveva metterci al crac di Lehman, e nonostante quello noi l’anno dopo ci siamo quotati, siamo stati gli unici a quotarci nel 2009 nel mercato principale, insomma diciamo qualsiasi cosa… Fino agli eventi recenti. Quindi diciamo che è importante mantenere la barra dritta, come si dice in barca.
Giuseppe De Bellis: Oggi in un’azienda come la sua o in generale nel mondo diciamo digitale, secondo lei contano di più gli ingegneri o i filosofi?
Federico Marchetti: Come dicevo prima, io penso che la diversità da tutti i punti di vista, da tutti i punti di vista, quindi di genere, di religione, di qualsiasi punto, sia fondamentale. Io ho sempre creduto, ed è in realtà anche il motivo ispiratore del fatto che io volessi fare questa fusione, che culture differenti messe insieme e con la collaborazione, possano fare uno più uno uguale a tre. E quindi la risposta alla sua domanda è che servono entrambi. E possibilmente i filosofi che lavorano con gli ingegneri, gli ingegneri che lavorano con i filosofi sicuramente farebbero molto meglio che soltanto i filosofi o soltanto gli ingegneri.
Giuseppe De Bellis: Lei ha detto che vorrebbe che l’azienda sopravvivesse a lei, e questa è una caratteristica molto poco italiana, come la vive?
Federico Marchetti: La vivo appunto, come la mia creatura, mio figlio. Quindi, da questo punto di vista, penso di essere molto simile a tutti gli altri imprenditori italiani, però la vera differenza sta nel fatto che io ho cominciato da zero, anzi forse da sottozero perché comunque avevo dei debiti tornando dagli Stati Uniti, e il capitalismo che mi ha ispirato nel costruire Yoox e poi Yoox-Net-A-Porter è forse più un capitalismo all’americana, piuttosto che un capitalismo italiano familiare. Ma perché appunto non ho ereditato Yoox, non venivo da una famiglia che faceva quello, e quindi la start up, e quindi le stock option a tutti i dipendenti, il fare condividere gioie e dolori, dove le gioie sono anche sicuramente tutta la parte economica. Noi abbiamo distribuito, se non mi sbaglio, più di 300 milioni a oltre 200 dipendenti che sono stati con me dall’inizio. Quindi diciamo che anche questa parte è una grande differenza rispetto al capitalismo italiano.
Giuseppe De Bellis: Mi racconta un po’ il progetto che la vede impegnato con il Principe Carlo?
Federico Marchetti: Con il Principe Carlo è un progetto anche quello per i giovani, quindi il filo conduttore è sostanzialmente lo stesso, ed è un’idea che mi è venuta dopo che lui mi chiese una volta che ero andato in Scozia a questa cena con lui dove ero in kilt e mi sono trovato anche lì l’unico italiano presente, il Principe Carlo molto carinamente mi ha chiesto: Federico fatti venire un’idea di un progetto da fare insieme. Io sono tornato a casa e mi sono detto: adesso cosa mi invento… Nel senso che la fantasia ce l’ho, come si può vedere, però non era facile. Invece mi sono sforzato e mi sono detto lavoriamo sui giovani, perché anche lui è molto appassionato dell’educazione dei giovani ed è quello che sta facendo la sua fondazione tutta incentrata sui giovani, sulla sostenibilità, su cui lavoro dal lontano 2008, quindi su questo sì che mi sento un pioniere rispetto a tanti altri, e inventiamoci un modo nuovo di vedere il mestiere dell’artigiano, che è un po’ quello che dicevo prima, di vedere le cose in un modo diverso. E quindi diamo agli artigiani degli strumenti nuovi che sono il digitale, i big data e l’artificial intelligence che così magari attrae anche un po’ più di giovani che magari adesso stanno dicendo: ah, io non lo voglio fare l’artigiano, facciamolo fare ai vecchi, no? Ho messo insieme queste cose qui, gliele ho presentate e detto fatto è partito questo progetto che si chiama Modern Artisan, cioè l’artigiano moderno, di cui abbiamo appena lanciato adesso la versione 2, quindi Modern Artisan 2, perché questo qui è un progetto che rimarrà sempre a Yoox-Net-A-Porter, anche senza di me, è un po’ la mia eredità a Yoox-Net-A-Porter.
Giuseppe De Bellis: Solitamente la domanda sul futuro sarebbe che cosa farà. Io invece le voglio chiedere un’altra cosa: che cosa non farà sicuramente Federico Marchetti in futuro?
Federico Marchetti: In effetti questa qui è una certezza che ho di quello che non farò. E questo qui in realtà l’ho imparato in tutti questi anni, inclusi gli ultimi anni. Non farò il dipendente. Nel senso… Cosa vuol dire questo… Vuol dire che mi ricordo che in banca d’affari andai via per andare a fare il master, ma anche perché avevo visto alcune ingiustizie da parte dei miei capi che non mi erano piaciute. Poi, quando sono tornato dagli Stati Uniti e ho fatto il dipendente di quella società di consulenza anche lì non mi sono trovato bene. Poi finalmente ho inventato Yoox, e quindi la mia azienda, il mio progetto… Sicuramente non mi vedo tornare indietro, quindi non mi vedo tornare a fare il dipendente, ma il dna da imprenditore ormai mi piace troppo e quindi l’unica cosa che posso veramente fare è o aiutare gli altri oppure avere il mio progetto.
"Vite - L'arte del possibile"
Curato e realizzato dal direttore di Sky TG24 Giuseppe De Bellis, “Vite– L’arte del possibile” è un ciclo di dieci interviste dedicate al successo e alla capacità di raggiungerlo. Un ritratto professionale e personale di grandi italiani che si sono distinti nel proprio campo: dall’industria al cinema, dalla scienza allo stile fino all’arte e alla letteratura, divenendo noti in tutto il mondo. Le interviste entreranno anche a far parte della syndication dell’area news del Gruppo Comcast e potranno essere trasmesse anche da NBC. Le interviste di “Vite – L’arte del possibile” sono disponibili anche tra i podcast di Sky TG24, sul sito skytg24.it.