Covid Sicilia, il fotoracconto dall’ospedale di Sciacca negli scatti di un infermiere
Le foto sono di Giuseppe Armato, infermiere 32enne in servizio all'ospedale di Sciacca e volontario per la Croce rossa italian. Sono una piccola parte dei 200 scatti che ha realizzato tra settembre 2020 e maggio 2021 durante i mesi più critici della pandemia in Sicilia, regione che dalla prima ondata era uscita con un numero basso di vittime rispetto al resto d'Italia. Il suo racconto, i suoi ricordi e le sue immagini presto saranno parte di una mostra
a cura di Raffaella Daino
Scrive Giuseppe Armato, infermiere autore delle foto: “Nell’Aprile 2020, causa emergenza covid, ho iniziato il mio incarico nell’Unità operativa di anestesia e rianimazione presso il P.O. “Giovanni Paolo II” di Sciacca
"Ho collaborato attivamente, insieme al Primario Francesco Petrusa, al coordinatore Marco Li Gioi e a tutto il personale sanitario nella personalizzazione delle tute anti-covid con le foto dei volti e i nomi di chi le indossava. In questo modo i pazienti ricoverati, che prima di allora ci vedevano completamente imbardati, hanno potuto quantomeno riconoscere chi fosse a prendersi cura di loro. Un piccolo gesto per ripristinare quel contatto umano che purtroppo in quei mesi di pandemia è venuto tristemente a mancare"
"Il progetto mi ha coinvolto emotivamente così tanto da decidere di continuare a scattare altre foto che raccontassero i sacrifici e la determinazione di noi professionisti sanitari alle prese con l’emergenza. Raccontare le nostre storie a chi quella tragedia non l’ha mai vissuta"
"Da settembre 2020 fino alla chiusura della nostra terapia intensiva covid, avvenuta a fine maggio 2021 ho archiviato circa 200 scatti inerenti l’emergenza sanitaria. Durante la seconda ondata ben presto ci siamo ritrovati con tutti i posti letto occupati. Il carico di lavoro era estenuante e a tratti umanamente impossibile da sopportare. Dentro le tute si sudava parecchio e spesso le visiere si appannavano. Non potevamo bere o andare in bagno"
"Gli allarmi dei monitor suonavano in continuazione e noi ci destreggiavamo tra dozzine di cavi, deflussori e circuiti per la ventilazione polmonare. Abbiamo continuato a lottare anche quando, idolatrati come eroi, ben presto siamo divenuti untori e assassini. Nonostante tutto abbiamo continuato con professionalità e senso del dovere ad assistere quelle persone anche quando siamo stati aggrediti, derisi e insultati da chi - a quel virus così subdolo e letale - non ha mai creduto"
"Tornavo a casa distrutto per quei turni massacranti e l’unica cosa che volevo era un semplice abbraccio dalle persone a cui volevo bene, ma la paura che quel gesto d’affetto potesse risultare un passo falso mi frenava"
"I giorni si susseguivano uno dopo l’altro. Cominciava il turno, era il momento di entrare. Dopo esserci vestiti nella zona filtro, io e gli operatori accedevamo alla grande sala dove erano ricoverati i pazienti. In ogni sguardo osservavo il terrore, respiravano a fatica, non sapevano se sarebbero sopravvissuti e usciti da lì"
"Molti di loro si chiedevano quando tutto questo sarebbe finito. Tantissime erano le telefonate dei familiari che chiedevano dei loro cari. Molte volte i medici avevano l’ingrato compito di riferire a quelle persone che qualcosa non era andato per il verso giusto. Il virus aveva vinto ancora una volta"
"Ogni giorno andavo a lavoro con la paura che qualcuno dei pazienti che avevo imparato a conoscere, rassicurare e alcune volte riuscire anche a strappare un sorriso, era stato intubato per l’aggravamento del quadro respiratorio, o peggio ancora era morto"
"Quante mani ho stretto prima di lasciarle andare via…Ma abbiamo anche gioito per i pazienti che sono riusciti a sconfiggere il virus e ci hanno ringraziato per tutto quello che abbiamo fatto per loro, per averli assistiti al meglio delle nostre possibilità"
"Con il tempo abbiamo imparato a convivere con questa piaga che più volte ci ha messo a dura prova. Ci siamo aiutati, spezzando la tensione, siamo riusciti a cogliere il bello in ciò che ci circondava, anche quando il bello non c’era"
"Di sicuro questa esperienza ci ha dato e tolto tanto. Ci ha resi ancora più consapevoli del nostro valore come professionisti“. Giuseppe Armato, infermiere e fotografo