Il nuovo format è in onda dal 22 febbraio: cinque giovanissimi, da Nord a Sud, raccontano in 5 puntate come il Covid ha stravolto la loro quotidianità. Ripercorrono i mesi di paure, incertezze e speranze. Confidando come si sono sentiti e come hanno reagito a questa “solitudine forzata”. Rivelando come hanno vissuto la Didattica a distanza e cosa rappresenta per loro la scuola
Si sono sentiti abbandonati, non ascoltati, isolati. La pandemia li ha costretti a chiudersi nelle loro camere, proprio in quella che dovrebbe essere l’età della scoperta, obbligandoli a guardare il mondo attraverso lo schermo di un pc. C’è già chi li chiama “generazione Dad” ma loro vorrebbero essere considerati semplicemente per quello che sono: ragazzi alla ricerca di una quotidianità che in un anno il Covid ha stravolto. Le conseguenze? Sotto gli occhi di tutti. Così, come sotto gli occhi di tutti, ci sono le reazioni a questa “solitudine forzata” (GLI SPECIALI: SCUOLA - COVID).
Le storie di “Ragazzi interrotti”
C’è chi a 12 anni decide di protestare con il banco davanti alla scuola per tornare in presenza, e c’è chi dopo mesi in cui “il pigiama è diventato una seconda pelle” combatte l’apatia volendo fare qualcosa di utile per le persone in difficoltà. Ma c’è anche chi, dopo mesi di crisi, abbandona definitivamente il percorso scolastico. Mattia, Anita, Marwan, Maria Zeta, Alessia sono i “Ragazzi interrotti”, protagonisti del nuovo format di Sky TG24 in onda dal 22 febbraio all’interno di tutte le principali edizioni del tg, ma disponibile anche sul nostro sito, on demand e sui canali social (LE PUNTATE: PRIMA - SECONDA - TERZA - QUARTA - QUINTA). 5 storie, da Nord a Sud, a cura di Ilaria Iacoviello e Stefano Sassi con la supervisione del vicedirettore Omar Schillaci e in collaborazione con la community ScuolaZoo che descrivono il mondo dei giovani. Un mondo a cui è stata data parola ma non con la dovuta attenzione. Cosa pensavo davvero? Cos’è la Dad per loro? La scuola cosa rappresenta? Ce lo hanno raccontato ripercorrendo questi lunghi mesi che per tutti sono sembrati interminabili. Mesi costellati di domande che, prima della pandemia, nessuno si sarebbe mai posto. E l’età c’entra relativamente: dai 12 ai 18 anni a pesare è infatti stata soprattutto l’incertezza: cosa succederà? Potrò vedere i miei amici? Uscire di casa? Quando?
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Tra paura e tenacia
Questo hanno vissuto e continuano a vivere i ragazzi alle prese con la riapertura a singhiozzo delle scuole, con amicizie e amori vissuti fra Meet e Classroom, con una società da cui si sentono esclusi. Senza considerare le tematiche dell’abbandono scolastico (che ci pone in Europa fra i Paesi con il tasso più alto), il problema della formazione e della preparazione e i numerosi disagi vissuti a livello psicologico. E se c’è ancora chi scherza sottolineando di aver vissuto più lockdown che storie d’amore e chi a 12 anni si definisce piccolo in confronto ai 18enni ma grande per la tenacia dimostrata, c’è anche chi ripercorre questi mesi con la paura costante di ricadere in bulimia o anoressia come nel passato.
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Dad vs. scuola in presenza
Di fatto i giovani sono molto migliori di come spesso li dipingiamo. Resilienti, tenaci e determinati contro il senso di frustrazione e apatia prodotti dalla Dad. E va bene che, come ci hanno detto i ragazzi, a distanza si copia meglio, si prendono voti più alti, i professori sono più buoni. Ma la scuola è un’altra cosa. La scuola è lo sguardo del compagno di banco (anche se con la mascherina e a distanza), la ricreazione, le chiacchiere all’entrata e all’uscita, il suono della campanella e tanto altro.
La scuola è crescita e maturazione. In una frase: la scuola è vita.
Buona visione.