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Caso Aemilia, confermati due anni per Iaquinta

Cronaca

L'ex calciatore di Juventus e Udinese, campione del mondo nel 2006, avrà però la sospensione condizionale. Pena ridotta da 19 a 13 anni per il padre Giuseppe

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Condanna a due anni confermata in appello per Vincenzo Iaquinta, imputato per reati di armi nel processo 'Aemilia'. All'ex calciatore campione del mondo i giudici hanno concesso però il beneficio della sospensione condizionale. Il padre, l'imprenditore Giuseppe Iaquinta, accusato di associazione mafiosa, si è visto ridurre la pena da 19 a 13 anni. I giudici hanno letto un lungo dispositivo nell'aula bunker della Dozza, per i 118 imputati. 

“Con la 'ndrangheta non c'entriamo niente”

“Il nome 'ndrangheta non sappiamo neanche cosa sia nella nostra famiglia - aveva detto l'ex calciatore al termine del processo di primo grado - Non è possibile. Andremo avanti. Mi hanno rovinato la vita sul niente perché sono calabrese, perché sono di Cutro. Io ho vinto un Mondiale e sono orgoglioso di essere calabrese. Noi non abbiamo fatto niente perché con la 'ndrangheta non c'entriamo niente. Sto soffrendo come un cane per la mia famiglia e i miei bambini senza aver fatto niente”.

Primo grado del più grande processo sulle infiltrazioni al nord

Il caso che riguarda la famiglia Iaquinta rientra all'interno del più grande processo mai celebrato sulle infiltrazioni di 'ndrangheta al Nord. Sono in totale quasi 700 gli anni di reclusione inflitti dalla Corte d'Appello di Bologna per i 118 imputati del maxiprocesso 'Aemilia', contro la 'ndrangheta in Emilia-Romagna. La procura generale aveva chiesto pene per circa mille anni. I condannati sono stati 91, mentre ci sono state 27 tra assoluzioni, proscioglimenti e prescrizioni.