Come cambia lo smart working con il nuovo Dpcm

Cronaca

Nelle piccole imprese c’è ancora chi resiste in presenza: il 78% non ha ancora applicato fino in fondo lo svolgimento del lavoro da casa. Secondo l’Osservatorio del Politecnico di Milano, durante il lockdown lavoravano da casa 6,58 milioni di dipendenti

"La pubblica amministrazione organizza il proprio ufficio assicurando, su base giornaliera, settimanale o plurisettimanale, lo svolgimento del lavoro agile nella percentuale più elevata possibile. Inoltre è fortemente raccomandato l’utilizzo della modalità di lavoro agile da parte dei datori di lavoro privati": è quanto scritto nel decreto che il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha firmato di recente con le nuove misure per contenere la pandemia (LIVEBLOG - SPECIALE CORONAVIRUS). Nelle grandi aziende tutti coloro che potevano lavorare da casa si sono adeguati. Ma nelle piccole imprese c’è ancora chi resiste in presenza. Le pubbliche amministrazioni, invece, dovranno organizzare il lavoro agile nella percentuale più alta possibile. E laddove sono previste funzioni in presenza deve essere previsto lo scaglionamento degli ingressi. Secondo l’Osservatorio sullo smart working del Politecnico di Milano, durante il lockdown lavoravano da casa 6,58 milioni di dipendenti (in totale in Italia i dipendenti sono circa 16 milioni). A settembre si era scesi a 5 milioni e 80 mila.

I doveri del datore di lavoro

 

Una recente circolare Inail riporta che il datore di lavoro per fare fronte alla pandemia in materia di salute e sicurezza deve fare rifermento al rispetto dei protocolli. In generale si chiede al datore di lavoro di adottare un principio di maggiore prudenza e quindi di applicare le norme nel modo più rigoroso possibile. Ad esempio, in caso un lavoratore che avrebbe potuto lavorare da casa si ammalasse in ufficio e facesse causa al datore di lavoro, il fatto che lo smart working fosse soltanto raccomandato potrebbe non essere considerata dal giudice una scusante sufficiente. 

 

Il lavoro in sede

 

Se il dipendente volesse lavorare comunque dalla sede, questa sua scelta non allevierebbe comunque le responsabilità del datore di lavoro. Perchè chi esercita l’attività d’impresa ha la responsabilità sulla salute e sulla sicurezza dei dipendenti. Se il lavoratore si ammalasse e per qualche motivo decidesse di andare per vie legali la libertà di scelta che gli era stata lasciata non alleggerirebbe la posizione del datore di lavoro.

 

La strumentazione

 

Se mancassero alcuni dispositivi come laptop o connessione Wi-fi per rendere possibile il lavoro da casa il datore di lavoro deve provvedere al reperimento degli stessi, se si tratta di piccole misure, facili da realizzare. Questi problemi si pongono soltanto nel caso in cui un lavoratore che si ammala ricorra in giudizio. In caso il giudice considerasse scorretto il comportamento dell’imprenditore, l’Inail poi potrebbe rivalersi su di lui per un valore pari a quello dei risarcimenti versati al lavoratore. E ci sarebbe anche possibilità di azione penale nei suoi confronti.

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