"Quanto succede fuori dal nostro Paese deve costituire un chiaro segnale di allarme" secondo il professor Franco Locatelli, membro del Comitato tecnico scientifico di supporto al governo. "Da monitorare e migliorare l'organizzazione dei turisti stranieri" aggiunge Massimo Galli, direttore del dipartimento Malattie infettive dell'ospedale Sacco di Milano
"L'Italia è attualmente messa bene a parte alcuni focolai locali che comunque andavano messi in conto perché fanno parte della storia di un'epidemia. Quanto succede fuori deve però costituire un chiaro segnale di allarme": lo ha detto il professor Franco Locatelli, membro del Comitato tecnico scientifico di supporto al governo, in una intervista al Corriere della Sera. "L'attenzione non deve essere alta, di più. Deve mantenersi altissima. Ci vuole poco a riaccendere la miccia del virus. Non dimentichiamo come tutto è cominciato. Noi a fine gennaio ci occupavamo della coppia cinese giunta in Italia e ricoverata allo Spallanzani e in Lombardia il Sars-Cov-2 già circolava. Il Paese non è blindato. La gente si muove da un continente all'altro ed è impossibile controllare tutti". Secondo Locatelli "i focolai, anche quelli che compaiono di tanto in tanto in Italia, devono ricordarci che non siamo usciti dal tunnel. Che il coronavirus è ancora un problema e lo sarà per diversi mesi. Dunque tutto ciò che assume la forma di assembramento va evitato". (SPECIALE CORONAVIRUS - GLI AGGIORNAMENTI IN DIRETTA - IL BOLLETTINO DELLA PROTEZIONE CIVILE)
"Non vanifichiamo gli sforzi"
Il professor Locatelli mette in guardia dal rilassamento dell'attenzione verso la pandemia: "L'Italia ha fatto uno sforzo enorme e ha ottenuto risultati straordinari. Non vanifichiamoli con comportamenti poco responsabili, tipo la movida, che potrebbero compromettere il lavoro e i sacrifici compiuti e farci ricadere in un incubo appena vissuto". L'invito e' alla prudenza "fino a quando arriverà il vaccino". Circa l'ipotesi di una seconda ondata del virus, Locatelli sostiene: "E' una possibilità ma non sappiamo di quale entità. Se anche arrivasse non credo avrebbe le dimensioni della prima, anzi sarebbe altamente improbabile vivere un'esperienza paragonabile a quella di febbraio-aprile".
Galli: "Virus non rabbonito"
Anche Massimo Galli, direttore del dipartimento Malattie infettive dell'ospedale Sacco di Milano ha parlato di un rischio di contagi per l'Italia più forte dall'esterno. "E' evidente - ha detto alla trasmissione Agorà sui Rai3 - che ci siano dall'estero rischi di infezione da coronavirus, basta vedere quello che sta succedendo in Germania con i mattatoi. Ma questo lo sapevamo già quando si è deciso di riaprire i nostri confini. L'importante è che a livello di ogni regione sia approntato un apparato di sorveglianza tale da monitorare e migliorare l'attenzione e l'organizzazione quando arrivano turisti stranieri". Secondo Galli "il problema è che il virus non si è affatto rabbonito e presenta una capacità di diffusione maggiore in caso di un focolaio nuovo: i nuovi infetti saranno più efficienti nel trasmettere l'infezione rispetto ai vecchi infetti, che magari da tempo coabitano con virus", ha concluso Galli.