Dieci direttori di coro, tutte donne, stanno preparando i piccoli allievi per esibirsi sul palco del prestigioso teatro. Merito del progetto “La Scala fa scuola, un coro in città”. Un’iniziativa, tra musica e integrazione, che porta l’arte anche ai confini della città
Radion, Emiran, Maimona, Alissa, Prescius, Lila, Nikita. Sono bambini di Milano, alcuni di loro hanno nomi tipicamente italiani, come Vittorio, Monica, Alessia, ma i loro volti suggeriscono storie che arrivano da lontano. Hanno superato il provino più importante della loro vita. Sono stati selezionati e scelti da professionisti e si stanno preparando per il primo concerto: canteranno sul palco del Teatro alla Scala di Milano.
Molti di loro non hanno mai visto il tempio della lirica italiana neanche da fuori e saliranno direttamente su quel palcoscenico. Come nelle favole, verrebbe da pensare. Accade in una scuola del quartiere Comasina, al confine nord della città. Una di quelle coinvolte nel progetto “La Scala fa scuola, un coro in città", promosso dell’Accademia della Scala e Fondazione Tim, con il patrocinio del Comune di Milano e con la collaborazione dell’Ufficio scolastico regionale per la Lombardia (VIDEO). Un’iniziativa che permette di far entrare l’arte anche nelle periferie, là dove riesce ad arrivare più difficilmente In nome della musica e dell’integrazione.
La prima volta alla Scala direttamente sul palco
“Cantavo a casa le canzoni che conoscevo, non mi ricordo i titoli” confessa tutta emozionata Maimona. Grandi occhi neri e lunghe trecce, i suoi genitori arrivano dal Bangladesh. “Mio papà sa dov’è la Scala ma non c’è mai stato”. Vittorio, occhi a mandorla e sorriso sdentato tipico dei bambini della sua età a cui cadono i dentini, con orgoglio dice: “La Scala? E’ al Duomo”. Tra loro c’è anche Nikita, occhi azzurri e origini moscovite. “Da grande farò il pilota ma mi sto divertendo a cantare”, confessa. Difficile per lui, e per tutti gli altri, immaginarsi quel giorno di fine maggio quando si esibiranno nel teatro più importante al mondo. “Non lo so. Non riesco a pensarci. Però finora abbiamo imparato bene credo. E abbiamo ancora tanto tempo per studiare tante canzoni” dice Maimona. Demmis, dai tratti egiziani, riassume in due parole la sua aspettativa su quel momento: “Sarà bellissimo”.
Nella loro scuola, l’Istituto Comprensivo Sorelle Agazzi, sono stati selezionati in trenta. Hanno tutti tra i 7 e i 10 anni. Ai provini si erano presentati in ottanta.
“Quando sono entrata ero super nervosa. Poi ho visto che era bello cantare. Non sapevo se mi sceglievano. Non me l’aspettavo” ricorda Giulia, pelle olivastra. “Qual è la parte della lezione che mi piace di più? I vocalizzi”.
Un coro multietnico
A prepararli per il grande giorno un direttore di coro. Uno dei dieci appositamente selezionati e preparati dall’Accademia del Teatro alla Scala per questo progetto. Sono state scelte tutte donne e in questi mesi seguiranno nelle varie scuole della città i bambini che andranno a formare i cori che si uniranno al Coro di Voci Bianche dell’Accademia in un grande concerto finale. “Presenteranno una serie di brani che fanno parte di una raccolta di Benjamin Britten, un famoso compositore che ha approfondito proprio il repertorio per bambini” spiega Isabella Inzaghi, direttore di coro (VIDEO).
“Con loro ho scelto di iniziare dai canti popolari di diverse nazionalità. Questo perché il coro che mi trovo a gestire è multietnico. E così siamo partiti con lo studio di un canto cinese, uno marocchino e uno ebraico”. E con Fra' Martino Campanaro. “Volevamo usarlo per le audizioni ma molti di loro non lo conoscevano. Le loro famiglie provengono da culture diverse. Ho così pensato di insegnarglielo”. Canti popolari, vocalizzi e anche giochi. “I bambini hanno un livello di attenzione abbastanza basso. Bisogna iniziare ad attirare la loro attenzione con dei giochi musicali di breve durata ma facendogli modulare la voce fino a che non arrivino a toccare le note sempre più acute. Il nostro obiettivo è questo: portarli ad estendere la loro voce per poter studiare un certo tipo di repertorio”.
Nell'immagine sotto i bambini cantano Fra' Martino Campanaro
Musica e integrazione
“A me piace tanto la canzone che cantiamo in cinese” dice Alissa. Parla di “Là sui mondi dell’Est”, un coro di bambini tratto dalla Turandot che Puccini aveva ripreso dai canti popolari cinesi. E che la loro insegnante ha scelto di fargli studiare in entrambe le lingue, vista anche l’alta presenza di bambini di origini cinesi in classe. “La nostra è una scuola con una realtà culturale molto variegata. Le diverse culture si incontrano e questa è anche la nostra forza” sottolinea l’insegnante responsabile del progetto Lorena Zamparo (VIDEO). E aggiunge: “I genitori sono entusiasti. La risposta è inaspettatamente positiva”. Così il direttore di coro: “Avere una classe multietnica poteva sembrare un lavoro delicato e non semplice ma la musica è un linguaggio universale. A livello di integrazione, conoscere il proprio corpo, se stessi, instaurare delle relazioni positive con gli altri è molto importante per i bambini della loro età al di là della loro formazione musicale”. Sulla stessa scia Paola Bisi, responsabile delle relazioni esterne dell’Accademia del Teatro alla Scala (VIDEO). “Il coro delle voci bianche è quello strumento che consente ai bambini di sviluppare questo senso di aggregazione e di appartenenza. Se canti di un coro devi imparare ad ascoltarti e ad ascoltare gli altri. E quindi più integrazione di così!”. E sottolinea: “La Scala deve arrivare nelle periferie. E’ sempre stato così, dai tempi di Paolo Grassi. Il teatro deve uscire dal suo tempio e andare in tutte le scuole della città che è una sola con tutti i suoi quartieri e le sue culture”.