I giudici si sono espressi contro lo sconto di pena per Michele Castaldo ,condannato per l'omicidio di Olga Matei avvenuto nel 2016. La Corte d'assise d'appello aveva dimezzato la condanna, da 30 a 16 anni, valorizzando la perizia psichiatrica sull'uomo
La Cassazione ha detto no alle attenuanti generiche per Michele Castaldo, per l'omicidio di Olga Matei, strangolata a Riccione nel 2016. La suprema corte ha accolto il ricorso della procura generale di Bologna e annullato la sentenza della Corte d'assise d'appello che aveva quasi dimezzato la condanna, da 30 a 16 anni, valorizzando la perizia psichiatrica sull'imputato. L'esame aveva rilevato una "soverchiante tempesta emotiva" causata dal vissuto di Castaldo. La sorella della vittima, subito dopo la decisione dei giudici, ha commentato: "Sono soddisfatta, volevo giustizia e speravo di ottenere una pena congrua".
L'omicidio di Olga Matei
Il delitto avvenne a Riccione il 5 ottobre di tre anni fa: Castaldo e Matei si frequentavano da circa un mese quando l'uomo, in una crisi di gelosia, strangolò Olga a mani nude. "Ho perso la testa perché lei non voleva più stare con me. Le ho detto che lei doveva essere mia e di nessun altro. L'ho stretta al collo e l'ho strangolata", ha raccontato lo stesso Castaldo. Una volta tornato a casa dopo l'omicidio, bevve del vino con farmaci, provando a uccidersi. L'uomo ha poi tentato di nuovo il suicidio, a marzo, mentre si trovava in carcere.
Le tappe del processo a Castaldo
Il caso ha fatto da subito discutere per le motivazioni della sentenza che, a ridosso dell'8 marzo, valorizzava tra gli altri elementi la perizia psichiatrica su Castaldo. Secondo l'esame l'imputato fu preda di una "soverchiante tempesta emotiva e passionale". Per l'omicidio, Castaldo è stato condannato dal gip di Rimini, con rito abbreviato, a 30 anni di carcere ma in appello la condanna è poi passata a 16 anni (24 anni, ridotti di un terzo per effetto del rito) per il bilanciamento tra attenuanti e aggravanti dovuto allo stato emotivo, alla valutazione positiva della confessione e della volontà di risarcire la figlia della vittima.
La decisione della Cassazione
La procura generale di Bologna a quel punto aveva però presentato ricorso: riteneva che la "gelosia" non potesse concorrere come attenuante. E ora la Cassazione ha annullato la sentenza sul riconoscimento delle attenuanti generiche. Quindi si dovrà celebrare un nuovo appello a Bologna.