Roberta Marchetti è una dei tre giovani ricercatori dell'Università Federico II di Napoli ad aver vinto lo Starting Grant dell'Unione Europea. Ha 34 anni e un obiettivo: aiutare a combattere le infezioni batteriche senza usare antibiotici
L'antibiotico-resistenza è un'emergenza mondiale: la capacità dei batteri di resistere ai medicinali che abbiamo sviluppato per debellarli è stata inserita dall'Organizzazione Mondiale della Sanità nell'elenco delle 10 principali minacce alla salute mondiale per il 2019. Più in generale, la resistenza "antimicrobica"rischia di riportarci a un'epoca in cui non potevamo trattare con successo malattie oggi curabili come polmonite e tubercolosi, ad esempio. Questa resistenza agli antibiotici è un processo naturale dei batteri ma un utilizzo scorretto e massivo anche negli allevamenti l'ha accelerata notevolmente. La ricerca sta cercando di scoprire nuovi antibiotici in grado di aggredire i superbatteri, intanto però non si trascurano approcci alternativi come quelli che cercando di attaccare le molecole dei batteri attraverso altri metodi.
Il sogno di Roberta Marchetti: trovare alternative agli antibiotici
Da questo ultimo approccio nasce il progetto di Roberta Marchetti, una giovane donna di 34 anni, napoletana, che è stata premiata con un finanziamento abbastanza importante e ha il sogno di aiutare la ricerca con un approccio totalmente nuovo. E' una dei tre giovani ricercatori dell'Università Federico II di Napoli ad aver vinto lo Starting Grant dell'Unione Europea, un programma di ricerca e innovazione che aiuta le attività di giovani di tutto il mondo. L'Ateneo napoletano è l'unico del sud Italia ad aver portato a casa premi. Il suo team è quasi tutto giovane e al femminile, e presto si ingrandirà con altri componenti. Il Dipartimento di Chimica dell'Università Federico II è una eccellenza nello studio delle molecole dei batteri. “L'idea del progetto Glycoswitch - racconta a Sky Tg24 - è proprio scaturita dal bisogno urgente che c'è di sviluppare nuove strategie per poter combattere le infezioni batteriche minimizzando l'utilizzo degli antibiotici. Quindi questo progetto di ricerca sarà focalizzato sullo studio, a livello molecolare, dei meccanismi di riconoscimento dei batteri da parte del nostro sistema immunitario. Per cercare di spiegarlo in termini semplici, noi vorremmo creare delle molecole in grado di spegnere e accendere, all'occorrenza, il nostro sistema immunitario, un po' come un interruttore della luce".
La resistenza agli antibiotici raggiungerà un picco nel 2050
E' importante iniziare a dirigere la ricerca anche verso altri metodi di cura, perché il tempo scorre velocemente e la resistenza agli antibiotici è già - a livello medico - una emergenza. E potrebbe diventare molto presto anche una minaccia seria alla salute pubblica: "Adesso c'è una situazione in cui la multi resistenza agli antibiotici sta creando problemi - ricorda - Ci sono anche dei dati, tra l'altro, che dicono che se non si sviluppano delle strategie alternative nel 2050 il numero di infezioni batteriche supererà il numero di morti da cancro".
Fare ricerca in Italia non è semplice, soprattutto al Sud
Ma come funziona la sua ricerca e qual è la speranza? Ce lo spiega così: “Io sono contentissima perché ho l'opportunità veramente di condurre il progetto di ricerca dei sogni e di farlo con i mezzi e i finanziamenti opportuni, che è molto difficile ottenere in Italia e a maggior ragione posso farlo a Napoli, quindi restando nella mia città e potendo anche offrire delle borse di dottorato,o di Postdoc”. Non è facile restare nel proprio Paese a fare ricerca. Roberta lo sa, e saluta questa occasione che viene dall'Europa come il sogno della sua vita. L'Europa incoraggia la ricerca di base, cioè quella che rischia un po' di più e cerca nuove idee sulle quali poter lavorare. L'auspicio è che anche l'Italia sia più coraggiosa su questo fronte. “I finanziamenti alla ricerca italiana sono sporadici, minimali e non sono certamente all'altezza dell'eccellenza dei ragazzi che noi formiamo come università - dice la direttrice del Dipartimento Rosa Lanzetta - e che vogliamo continuare a tenere nell'università italiana”. Speriamo se ne accorgano anche dal nostro Paese.