Il tribunale di Locri ha accolto l’istanza presentata dagli avvocati della difesa. L’ex sindaco è potuto tornare nel suo paese: "Sono felice. Rivedo mio padre e casa mia". Al suo arrivo ha detto: "Continuerò a fare del bene e ad aiutare chi arriverà qui"
Il tribunale di Locri ha revocato il divieto di dimora nella sua Riace all’ex sindaco Domenico "Mimmo" Lucano. L'ex primo cittadino è arrivato in paese nel pomeriggio, accompagnato da uno dei suoi difensori, ed è stato accolto da alcune decine di persone, tra cui un gruppo di rifugiati rimasti in paese. "Sono contento - ha detto Lucano - di essere tornato a Riace. Per prima cosa andrò a trovare mio padre, che sta ancora male. Mi ripropongo di continuare a fare del bene e di aiutare chi arriverà a Riace come rifugiato". La revoca del provvedimento è arrivata dopo l’accoglimento del ricorso presentato dagli avvocati di Lucano, coinvolto nell’inchiesta denominata "Xenia", su presunti illeciti nell’accoglienza dei migranti.
Lucano: "Soddisfazione ed emozione"
Appena saputa la notizia dai suoi legali, il primo commento a caldo dell’ex sindaco è stato: "Sono felice. Finalmente posso tornare a casa e rivedere mio padre". Una volontà legata anche alle precarie condizioni di salute del papà, da tempo malato.
Il divieto di dimora
Il divieto di dimora, ora revocato dal tribunale, era stato disposto come misura alternativa agli arresti domiciliari a cui Mimmo Lucano era sottoposto dallo scorso ottobre. Il gip del Tribunale di Locri aveva disposto anche il divieto di dimora per la sua compagna, Tesfahun Lemlem. In conseguenza dell'arresto era stata disposta anche la sospensione dalla carica decisa dalla prefettura di Reggio Calabria. L’ex sindaco si era allora dovuto trasferire a Caulonia, alle porte di Riace, ed era potuto tornare nel suo comune soltanto in occasione di un comizio per le elezioni comunali, alle quali era stato candidato come consigliere, non riuscendo ad essere eletto.
Il processo
Il processo al tribunale di Locri è cominciato lo scorso 11 giugno scorso dopo il rinvio a giudizio dello scorso aprile, e vede Lucano imputato insieme ad altre 26 persone. L’accusa è di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e abuso d'ufficio. Le indagini, coordinate e dirette dalla Procura della Repubblica di Locri, erano state avviate in merito alla gestione dei finanziamenti erogati dal ministero dell'Interno e dalla Prefettura di Reggio Calabria al Comune di Riace, per l'accoglienza dei rifugiati e dei richiedenti asilo politico. Lucano era stato iscritto nel registro degli indagati nell'ottobre del 2017.
Le indagini e le accuse
Nel corso dell'inchiesta, secondo gli inquirenti, erano emerse irregolarità che il primo cittadino avrebbe commesso nell'organizzare "matrimoni di convenienza" tra cittadini del posto e donne straniere, al fine di favorire illecitamente la permanenza di queste ultime nel territorio italiano. Dalle intercettazioni dei finanzieri, sarebbe emerso, in particolare, il ruolo di Lucano nell'organizzazione del matrimonio di una cittadina straniera cui era già stato negato per tre volte il permesso di soggiorno. La Guardia di Finanza avrebbe poi raccolto elementi circa l'affidamento diretto, definito "fraudolento", del servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti senza le procedure di gara previste dal codice dei contratti pubblici. Due le cooperative sociali, la "Ecoriace" e L'Aquilone", che secondo l'accusa, il sindaco avrebbe favorito pur non avendo avuto i requisiti di legge richiesti per l'ottenimento del servizio pubblico. Per quanto riguarda la gestione dei flussi di denaro pubblico destinati alla gestione dell'accoglienza dei migranti, il Gip, pur rilevando una "tutt'altro che trasparente gestione, da parte del Comune di Riace e dei vari enti attuatori", delle risorse erogate per l'esecuzione dei progetti Sprar e Cas, e parlando di "estrema superficialita'", e "diffuso malcostume", aveva negato la contestazione di reati specifici.