Sciopero scuola del 17 maggio, i motivi della protesta

Cronaca
Foto d'archivio Ansa

La mobilitazione era stata revocata dopo l'intesa tra governo e Cgil, Cisl e Uil, ma è stata poi confermata dai sindacati di base. Le sigle manifestano contro la regionalizzazione dell’istruzione pubblica e per la stabilizzazione dei precari. LIVEBLOG

È stato indetto per il 17 maggio uno sciopero generale nella scuola, con una manifestazione nazionale a Roma a Montecitorio. La protesta, inizialmente convocata unitariamente da Cgil, Cisl, Uil, Snals e Gild, era stata sospesa in seguito all’intesa del 24 aprile tra il governo e queste sigle, ma è stata poi confermata dai sindacati di base Cobas, Cub, Unicobas, Sgb e anche da Anief (Associazione nazionale insegnanti e formatori). I motivi dello sciopero riguardano principalmente la regionalizzazione della scuola pubblica, l’aumento degli stipendi e la stabilizzazione dei precari.

Cobas: protesta contro la regionalizzazione dell’istruzione pubblica

L'Unicobas scuola & università ha quindi confermato lo sciopero generale del 17 maggio insieme alle altre sigle con una manifestazione nazionale comune, dalle 9 alle 14, in Piazza di Montecitorio. Confermata anche l'astensione da straordinari ed attività aggiuntive sia per gli Ata che per i docenti fino al 16 maggio. I Cobas ribadiscono che il 17 maggio protesteranno contro la regionalizzazione e in difesa dell'istruzione pubblica. "Il disegno di legge del governo Lega-5 Stelle sull'Autonomia differenziata porta a disastroso compimento", sostiene il sindacato, "la riforma costituzionale del Titolo V del 2001 e intende dare alle regioni la competenza esclusiva su diverse materie, tra cui l'istruzione. Quest'ultima", dice il portavoce Piero Bernocchi, "verrebbe organizzata in base alle disponibilità economiche territoriali, con uno Stato che abdicherebbe alla propria funzione istituzionale, acuendo il divario economico e sociale tra Nord e Sud, tra regioni ricche e povere".

Anief contro la precarizzazione: “Accordo con il governo inutile”

Anief, che definisce l’intesa governo-sindacati “un accordo inutile”, protesta contro la precarietà nel settore dell’istruzione. “Nessun precario, già abilitato all'insegnamento, con titoli e formato, dopo 36 mesi di servizio”, sostiene l’associazione, “ha intenzione di svolgere un nuovo concorso: quello che serve è solo la sua stabilizzazione". Anief ha quindi confermato la mobilitazione del 17 maggio perché, secondo l’associazione, nell'accordo del 24 aprile "è stata elusa la ‘madre’ di tutte le soluzioni per vincere il precariato in Italia: la riapertura delle GaE (graduatorie a esaurimento, ndr) rivolta a tutto il personale insegnante abilitato all'insegnamento e a quello con 36 mesi". L'associazione, poi, esprime anche "perplessità sugli annunciati aumenti degli stipendi (di almeno 100 euro)", un provvedimento che confliggerebbe con il Documento di economia e finanza, in cui si indica chiaramente una riduzione, uniforme e durevole nel tempo, della spesa per il comparto scuola di circa 8 punti percentuali.

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