Il pm aveva chiesto 30 anni, ma il giudice lo ha condannato a 16 perché l’uomo sarebbe stato mosso “da un misto di rabbia e disperazione”. L'avvocato dei familiari della vittima: "Riesumato delitto d'onore". Salvini: "Chi ammazza in questo modo deve marcire in galera"
Uccise la compagna perché non aveva lasciato l’amante come gli aveva promesso ed è stato condannato a 16 anni col rito abbreviato con l’attenuante della “delusione”. Per l’omicidio, avvenuto nell’aprile del 2018 a Rivarolo, in provincia di Genova, il pm aveva chiesto una pena di 30 anni di carcere, ma il giudice l’ha dimezzata concedendo all’assassino le attenuanti generiche perché la donna, come riporta Il Secolo XIX, lo "illuse". Dura la reazione del ministro dell'Interno Matteo Salvini: "Non ho parole, non c'è delusione e gelosia che possa giustificare un omicidio. Chi ammazza in questo modo deve marcire in galera". "Con questa motivazione è stato riesumato il delitto d'onore", è stato invece il commento dell'avvocato Giuseppe Maria Gallo, che assiste i familiari della vittima. "Ormai - ha aggiunto il legale - assistiamo a un orientamento più culturale che giuridico, dove si motivano gli omicidi a sfondo passionale in un circuito di tempesta emotiva". L'avvocato ha fatto istanza alla procura per impugnare la sentenza ma - ha detto - il pm ha respinto "senza fornire motivazione".
“Mosso da un misto di rabbia e delusione”
L’uomo condannato, un 52enne ecuadoriano, aveva ucciso la compagna di 46 anni e sua connazionale con diverse coltellate al petto. Secondo le ricostruzioni, l'uomo era tornato in Ecuador dopo aver scoperto il tradimento della donna. Poi, dopo la promessa - non mantenuta - della compagna di lasciare l'amante, era rientrato in Italia. Nella motivazione della sentenza da una parte ci sono i rimandi a "una pena severa perché nulla può giustificare l'uccisione di un essere umano", ma in altri passaggi si evidenzia che l'uomo ha colpito perché mosso "da un misto di rabbia e di disperazione, profonda delusione e risentimento e ha agito sotto la spinta di uno stato d'animo molto intenso, non pretestuoso, né umanamente del tutto incomprensibile". E ancora: "Non ha agito sotto la spinta di un moto di gelosia fine a se stesso, per l'incapacità di accettare che la moglie potesse preferirgli un altro uomo, ma come reazione al comportamento della donna, del tutto contraddittorio che lo ha illuso e disilluso allo stesso tempo".
Le attenuanti
Le attenuanti, combinate con lo sconto di un terzo della pena previsto dal rito abbreviato con cui è stato celebrato il processo, hanno portato alla pena di 16 anni, poco più della metà rispetto ai 30 chiesti dal pubblico ministero Gabriella Marino.