L'ex militare di Somma Vesuviana è accusato di aver ucciso nel 2015 a colpi di pistola Teresa Costanza e Trifone Ragone. "Non è giusto che paghi per fatti che non ho commesso", ha detto. La mamma: “Questa non è giustizia”. Il legale: “Ricorreremo in Cassazione”
La Corte d'Assise di Appello di Trieste ha confermato la condanna di primo grado all'ergastolo per Giosué Ruotolo, l'ex militare di Somma Vesuviana (Napoli) accusato del duplice omicidio della coppia di fidanzati, Teresa Costanza e Trifone Ragone, uccisi a colpi di pistola sparati da distanza ravvicinata la sera del 17 marzo 2015 nel parcheggio del Palazzetto dello Sport di Pordenone. Dopo la lettura della sentenza, la mamma dell’imputato ha gridato più volte: "Questa non è giustizia, questa non è giustizia". "Non è giusto che paghi io per questi fatti che non ho commesso", è stato invece il commento di Giosuè Ruotolo. "È affranto", ha raccontato l'avvocato Roberto Rigoni Stern, che ha raccolto lo sfogo del suo assistito. "Era convinto di riuscire a persuadere i giudici della sua estraneità", ha aggiunto.
Ruotolo in aula: “Tra me e Trifone c'era un rapporto cordiale”
Per Ruotolo, che dopo la lettura della sentenza è stato riportato nel carcere di Belluno, è stata quindi confermata la sentenza di primo grado, emessa dalla Corte d'assise di Udine l'8 novembre 2017. Ruotolo ha seguito la lettura della condanna, arrivata dopo otto ore di Camera di Consiglio, facendo cenno di no con la testa e mantenendo uno sguardo basso. La giuria prima aveva ascoltato le repliche della difesa, affidate a uno dei legali di Ruotolo, Giuseppe Esposito, e le dichiarazioni spontanee dell'imputato, che aveva ribadito ancora una volta la sua estraneità agli omicidi. "Tra me e Trifone c'era un rapporto cordiale - ha detto l’imputato - Sono stato condannato all'ergastolo, ma di mio in questo processo non c'è nulla, come confermato anche dai Ris di Parma. Non ho mai litigato né verbalmente né fisicamente con Trifone e in questo senso sono le testimonianze dei commilitoni".
Il legale: ricorreremo in Cassazione
Deluso dalla sentenza il legale Roberto Rigoni Stern, che ha annunciato il ricorso in Cassazione: "Noi ci avevamo creduto, convinti che fossero molto importanti gli argomenti che abbiamo portato: nessuna prova scientifica, nessuna certezza sulla presenza sulla scena del delitto dell'imputato, l'assenza di un movente: elementi fondamentali”.
I genitori di Teresa: combatteremo anche in Casssazione
"Siamo contenti perché l'assassino va dietro le sbarre ma non abbiamo più Teresa e questa è la cosa più brutta che c'è", ha commentato il padre di Teresa Costanza, Rosario, a cui ha fatto eco la moglie: "Credo si appelleranno e siamo pronti a combattere anche là. I ragazzi hanno avuto giustizia rimanga in carcere senza sconti di pena".
L’omicidio
Trifone Ragone, militare, originario di Adelfia (Bari), 28 anni, e Teresa Costanza, 30 anni, assicuratrice milanese di origini siciliane, furono uccisi nel parcheggio del Palazzetto dello Sport di Pordenone verso le 19.45 del 17 marzo 2015, crivellati da sei colpi di pistola. In primo grado il pm Pier Umberto Vallerin aveva sottolineato che Ruotolo, unico imputato, aveva "commesso gli omicidi per salvare la sua carriera" e che "l'odio verso Trifone e la gelosia verso Teresa lo avevano assalito già da tempo. Togliendoli di mezzo sparivano due rivali, due minacce viventi, due persone verso cui covava odio già da tempo". Quattro mesi prima del delitto, Ruotolo sarebbe stato picchiato da Ragone e minacciato di essere denunciato. Lo scontro sarebbe avvenuto dopo che Trifone aveva lasciato la casa in cui viveva con Giosuè e altri due commilitoni e Ruotolo aveva aperto un profilo Facebook anonimo con il quale inviava messaggi a Teresa Costanza sotto il nome “Annalisa”, chiamandola “cornuta” e dicendo di essere un'amante di Trifone.