Il campione di Bari si ritira dal calcio. Dal suo esordio nel 1999 ha alternato giocate magiche in campo e gesti eclatanti, diventati un neologismo Treccani: litigate con presidenti, allenatori e arbitri, esultanze pittoresche, una fuga dal ritiro dell’Under 21
“Errori? Nella mia vita ne ho fatti un paio…al minuto però”. Antonio Cassano lascia il calcio giocato. A 36 anni ha provato a ricominciare allenandosi con l’Entella ma ha detto stop dopo pochi giorni. Il Pibe di Bari Vecchia dice addio al campo quasi 20 anni dopo il suo esordio in Serie A, un derby Lecce-Bari dell’11 dicembre 1999 in cui venne lanciato appena 17enne da Eugenio Fascetti. La domenica seguente incantò l’Italia umiliando la difesa dell’Inter e segnando un gol capolavoro alla sua prima da titolare. Da allora, ha alternato a sprazzi il suo talento fuori dal comune e le sue follie. Liti con presidenti e allenatori. Urla, gesti di stizza, maglie lanciate sugli arbitri. Una fuga dal ritiro della Nazionale Under 21. La bandierina spaccata con un calcio dopo un gol alla Juventus. L’imitazione di Fabio Capello che si infuriò a Madrid. E poi tantissimi scherzi ai compagni, gli abbandoni annunciati e smentiti. Un campionario infinito di comportamenti sopra le righe, amatissimi dai suoi tifosi, forse meno dai dirigenti. Ci ha pensato proprio il suo ex allenatore Capello a inventare il termine adatto. E la Treccani ha istituzionalizzato le gesta di Cassano dedicandogli un neologismo da dizionario: le “cassanate”. Ecco le migliori che Fantantonio ha combinato nella sua carriera.
Le follie a Bari
Cresciuto nei vicoli di Bari vecchia, quando era ancora minorenne la polizia lo fermò mentre guidava la macchina senza patente e il motorino senza casco. Si racconta che una volta si presentò allo stadio al volante di un’auto con la quale arrivò direttamente negli spogliatoi.
La fuga dal ritiro dell’Under 21
Nel 2001, quando scoprì dall’allenatore Claudio Gentile che sarebbe andato in panchina per la partita Italia-Romania Under 21, Cassano non la prese bene e lasciò il ritiro della Nazionale. Il ct lo escluse quindi dalla lista dei convocati per l’Europeo di categoria dell’anno seguente.
Gli anni a Roma
Sempre nel 2001 approdò alla Roma campione d’Italia. Il rapporto con l’allenatore Capello è stato molto altalenante, perché Cassano alternava partite incredibili ad atteggiamenti sregolati fuori dal campo. L'8 febbraio 2004 la Roma vinse 4-0 contro la Juventus e Cassano festeggiò un suo gol togliendosi la maglia e spaccando con un calcio la bandierina del corner.
Le corna all’arbitro Rosetti
Durante una finale di Coppa Italia contro il Milan, a San Siro, Cassano venne espulso dall’arbitro Rosetti e prima di lasciare il campo insultò e minacciò il direttore di gara, mostrandogli anche le corna. Qualche mese prima aveva rimediato una pesante squalifica per aver preso a parolacce l’arbitro Pieri a Udine e contro l’Arsenal in Champions League riservò lo stesso trattamento all’arbitro Meier, che almeno, essendo straniero, non capì molto di quello che gli veniva detto.
I rapporti con Capello e Totti
A Roma, l'allenatore Capello aveva bandito i telefoni cellulari in ritiro e durante una trasferta a Madrid, Cassano lo fece squillare a cena facendolo inferocire. Anche con Totti i rapporti sono stati difficili e a Roma litigò anche con il presidente Sensi. Cassano passò gli ultimi mesi da separato in casa. Se ne andò al Real Madrid nel 2006 senza salutare nemmeno i compagni di squadra.
L’imitazione di Capello A Madrid
L’esperienza di Cassano al Real Madrid è passata alla storia per la pelliccia con cui si presentò al suo arrivo in Spagna. Nella sua autobiografia ha raccontato che passava le giornate a mangiare (venne ribattezzato “el Gordito”). L’allenatore che trovò era di nuovo Fabio Capello ma tra i due le cose non funzionarono. Prima di una partita un’emittente tv lo immortalò mentre imitava e prendeva in giro il suo allenatore, circondato da compagni di squadra divertiti. Il rapporto con il mister ridicolizzato peggiorò ancora di più e coi blancos la sua avventura finì presto.
Il ritorno in Italia e le cassanate a Genova
Gli anni alla Sampdoria sono stati tra i migliori del Cassano giocatore. In coppia con Pazzini ha portato i blucerchiati in Champions League. Ma il talento barese anche a Genova ha avuto problemi: nel marzo 2008 l’arbitro Pierpaoli gli fischiò un fallo facendolo arrabbiare al punto da tirargli la maglia addosso e minacciarlo mentre veniva portato via dai compagni. Prese 5 giornate di squalifica. Poi l’anno dopo litigò con l’allenatore Delneri che lo tenne fuori rosa per sei partite. E nel 2010 ruppe malamente e insulto il presidente Riccardo Garrone perché il calciatore si rifiutò di andare a ritirare un premio messo in palio dai tifosi blucerchiati.
La gaffe sui gay
Nel 2012, durante una conferenza stampa in Nazionale, Cassano disse: “Froci in squadra? Sono problemi loro, ma spero di no". Poi fece dietrofront ma scoppiarono polemiche. La Uefa lo punì con una multa di 15 mila euro per "dichiarazioni discriminatorie alla stampa”.
Gli anni a Milano
Al Milan resta famoso un siparietto con Pato, insultato in dialetto barese in diretta tv per aver tentato di spettinarlo. Passò all’Inter e durante la presentazione attaccò duramente Galliani. Poi nel 2013 esplose in allenamento contro il tecnico Stramaccioni. Una lite con tanto di spintoni e mani addosso. Con i compagni e lo staff che li separarono. In quell’occasione venne multato con 40mila euro e finì fuori rosa per alcuni giorni.
La lite con Romei
Nel 2016 Cassano era di nuovo alla Sampdoria. Dopo un derby perso col Genoa, negli spogliatoi si presentò l'avvocato del presidente Ferrero, Antonio Romei, per fare un discorso alla squadra. Ma Cassano lo accolse dicendogli: "E tu chi c... sei?”. Per questo gli venne recapitata una lettera di licenziamento e poi mesi dopo arrivò la rescissione del contratto.
La parentesi a Verona
Prima del ritiro annunciato oggi, Cassano aveva già fatto qualcosa di simile. Nel 2017 era stato ingaggiato dal Verona ma dopo aver firmato il contratto, ci ripensò e annunciò il ritiro. Poi cambiò ancora idea e disse che è stato solo “un momento di debolezza”. Infine dopo una settimana ci ripensò davvero, una seconda volta. Rescisse il contratto, lasciò la città veneta e soprattutto lasciò i suoi tifosi senza parole. Ora voleva riprovare un'ultima volta con l'Entella, ma sono bastati pochi allenamenti per decidere di dire addio al calcio definitivamente.