Secondo quanto ricostruito dal settimanale, da febbraio 2018 almeno sette tecnici erano informati delle condizioni del ponte: tra questi Brencich e Ferrazza, ora membri della commissione d’inchiesta. Non era stata adottata nessuna misura
Gli stralli della pila numero 9 del ponte Morandi presentavano una riduzione fino al 20% dei cavi metallici interni, e il ministero delle Infrastrutture e Autostrade per l'Italia conoscevano da febbraio 2018 la gravità del degrado del viadotto, collassato la mattina di martedì 14 agosto (VIDEO), che ha provocato la morte di 43 persone. Lo scrive L’Espresso nella sua edizione online.
Nessun provvedimento
Secondo quanto ricostruito dal settimanale, almeno sette tecnici, cinque dello Stato e due dell'azienda di gestione, erano a conoscenza delle condizioni del viadotto.
“Nel progetto di rinforzo presentato da Autostrade – si legge su L’Espresso - erano stati rilevati «alcuni aspetti discutibili per quanto riguarda la stima della resistenza del calcestruzzo». Nonostante queste conclusioni, in sei mesi da allora né il ministero né la società concessionaria hanno mai ritenuto di dover limitare il traffico, deviare i mezzi pesanti, ridurre da due a una le corsie per carreggiata, abbassare la velocità”.
Il documento del Provveditorato
Il settimanale cita, a sostegno della sua tesi, un verbale di riunione proprio del febbraio 2018, in cui il Provveditorato alle opere pubbliche di Genova rilasciava il parere obbligatorio sul progetto di ristrutturazione presentato da Autostrade. Il documento è firmato anche da Roberto Ferrazza e da Antonio Brencich, che già in passato aveva ammonito sulle condizioni del ponte. Entrambi, oggi, fanno parte della Commissione d’inchiesta sul disastro di Genova.