I pm contestano il reato di concorso esterno in associazione a delinquere. Schifani sarebbe responsabile di fughe di notizie per favorire l'ex capo di Sicindustria. La replica: "Sono sorpreso e allibito"
Si aggrava la posizione di Renato Schifani, l'ex presidente del Senato coinvolto nell'inchiesta sul cosiddetto “Sistema Montante”. I pm di Caltanissetta, che nei giorni scorsi hanno chiuso l'indagine a carico dell'ex presidente degli industriali siciliani Antonello Montante (CHI E') e di altre 23 persone, hanno contestato a Schifani, finora accusato di favoreggiamento e rivelazione di notizie riservate, il reato di concorso esterno in associazione a delinquere. Sarebbe responsabile di fughe di notizie reiterate e continuate a favore dell'organizzazione a delinquere che ruotava attorno all'industriale.
Schifani: "Sono sorpreso e allibito"
"Sono sorpreso e allibito”, è il primo commento di Schifani alla notizia. “Mi si contesta di avere favorito una persona con cui notoriamente non ho mai avuto rapporti di amicizia e frequentazione”. “Quando avrò cognizione delle indagini che sino ad oggi sono a me ignote – afferma Schifani - mi difenderò nelle opportune sedi della Giustizia nella quale nutro sempre fiducia”.
L’accusa: fughe di notizie reiterate
Montante è accusato di avere costituito una sorta di rete, con la complicità di importanti esponenti delle forze dell'ordine, per spiare le mosse della Procura di Caltanissetta che lo indagava per concorso in associazione mafiosa. Schifani avrebbe rivelato notizie coperte da segreto - apprese dall'ex direttore dell'Aisi (Agenzia informazioni e sicurezza interna) Esposito che a sua volta le aveva avute da altri appartenenti alle forze di polizia - relative all'inchiesta che ha portato all'arresto di Montante. In particolare, avrebbe riferito al docente universitario Angelo Cuva (indagato) che il colonnello Giuseppe D'Agata era indagato nel procedimento. Sono complessivamente 24 le persone raggiunte dal provvedimento di chiusura dell'inchiesta.