Giornalismo video investigativo: tutti i finalisti dei Dig Awards 2018

Cronaca

Sono 25 i lavori che concorrono per il premio internazionale dedicato alle video inchieste che raccontano storie e notizie provenienti da ogni parte del mondo. I vincitori saranno proclamati a Riccione (1-3 giugno) da una giuria presieduta da Jeremy Scahill

Annunciati i finalisti dei Dig Awards 2018, i premi internazionali dedicati al giornalismo d’inchiesta video che saranno assegnati a Riccione durante il prossimo Dig Festival, in programma dall’1 al 3 giugno. Tra le candidature inviate da tutto il mondo, la giuria presieduta dal reporter statunitense Jeremy Scahill ha selezionato 25 reporter, suddivisi in sette sezioni di concorso tra inchieste, reportage e progetti in fase di sviluppo.

Sky media partner ai Dig Awards 2018

Per quanto riguarda la sezione Dig Pitch, si sfideranno sei progetti d’inchiesta per un premio di produzione da 15.000 euro. In palio c’è anche la possibilità di realizzare il montaggio di uno dei lavori presso la sede di Sky Italia a Milano. Infatti Sky, media partner del Dig award, ha deciso quest’anno di supportare lo sviluppo di uno dei progetti finalisti mettendo a disposizione il know how della produzione Sky TG24 e dell’area Production Broadcast e creative. In questa categoria, raggiungono la fase finale Rosy Battaglia con Alta felicità, Vito Foderà con Il primo anello, Gianluca Loffredo e Sandro Di Domenico con Miracolo d’agosto, Marco Ferrari con Never Whistle Alone, Francesco Murana con Sex Slavery: In the Name of God, ed Emanuele Piano con The Rise of the Social Bots. I temi trattati spaziano dal movimento No Tav al narcotraffico, dalle battaglie contro le multinazionali ai whistleblower, dalla tratta delle prostitute nigeriane ai troll online.

I finalisti della sezione Investigative Long

Molto attesa è la sezione Investigative Long, riservata a inchieste video lunghe fino a 90 minuti. In questa categoria si sfidano tre lavori di livello internazionale. La coproduzione ucraino-rumena Killing Pavel, firmata da Anna Babinets per l’agenzia Slidstvo.info, ricostruisce l’assassinio del giornalista bielorusso Pavel Šaramet – scomodo ai regimi di Lukašenko, Putin e Porošenko – ucciso da un’autobomba a Kiev nel 2016. Nell’inchiesta trasmessa da France 2, intitolata The Cost of Cotton, Sandrine Rigaud documenta invece le condizioni estreme dei lavoratori della filiera del cotone, dall’Uzbekistan al Bangladesh, tra sfruttamento minorile e schiavitù. Infine, in Spy Merchants il team di Al Jazeera Investigations (tra gli altri Phil Rees e Simon Boazman) indaga sotto copertura sul traffico di software per lo spionaggio: un mercato che favorisce dittatori di tutto il mondo e passa anche per l’Italia.

I finalisti della sezione Investigative Medium

Al Jazeera conquista la finale anche nella sezione Investigative Medium (inchieste video fino a 27 minuti) grazie a North Korea: The Death of Kim Jong-nam: il team del programma 101 East, guidato dalla giornalista australiana Mary Ann Jolley, indaga sull’assassinio del fratellastro del leader nordcoreano Kim Jong-un, avvenuto per avvelenamento all’aeroporto di Kuala Lumpur. In Silent Death on Syrian Journey invece Mouhssine Ennaimi, dell’emittente turca TRT, presenta le storie estreme di alcuni profughi siriani, costretti a vendere i propri organi a trafficanti spietati. A sfidare le inchieste internazionali è Sacha Biazzo di Fanpage.it con Bloody Money, inchiesta su rifiuti, affari e politica da cui sono nate un’indagine della magistratura e uno scandalo politico che ha coinvolto la famiglia del governatore campano De Luca.

I finalisti della sezione Reportage Long

Sono tutti internazionali, invece, i reportage giunti fino alla fase finale. Nella sezione Reportage Long (fino a 90 minuti) forte è la presenza francese. Tra questi ci sono: Kompromat in cui l’inviato di France 2 ,Tristan Waleckx, incontra le vittime dei dossieraggi di Putin e la produzione franco-canadese The Empire of the Red Gol dove Jean-Baptiste Malet e Xavier Deleu mostrano il lato oscuro dell’industria del pomodoro, tra Africa, Italia, Cina e America. Il terzo finalista è un documentario prodotto dal Guardian, White Fright: il premio Emmy David Felix Sutcliffe accende i riflettori sul tentato attacco contro la comunità islamica e afroamericana di Islamberg, nello Stato di New York.

I finalisti della sezione Reportage Medium

La sezione Reportage Medium (fino a 27 minuti) prevede come finalisti Iraq: Dying for Mosul di Bernard Genier, che rivela le rischiose operazioni umanitarie messe in atto in Iraq da un’Ong cristiana fondata da un ex soldato statunitense. Raqqa: The Battle of the Euphrates di Sophie Nivelle-Cardinale e Sylvain Lepetit, che mostra l’ex capitale dello Stato Islamico nei giorni della sua liberazione, grazie a immagini esclusive raccolte al seguito delle truppe curde. Infine, Monoculture of Faith di Joana Moncau denuncia le violenze dei gruppi evangelici del Mato Grosso do Sul sulle popolazioni Guarani Kaiowá che rifiutano di abbandonare i tradizionali culti sciamanici. Oltre a inchieste e reportage dal format tradizionale, i Dig Awards premiano lavori videogiornalistici brevi (Short, fino a 12 minuti) e documentari di taglio cinematografico (Masters).

La giuria

La selezione di finalisti e vincitori è affidata a una giuria presieduta da Jeremy Scahill, due volte vincitore del George Polk Award e fondatore del sito The Intercept. Insieme a lui ci saranno Galia Bador (Docaviv), Claudine Blais (Société Radio-Canada), Alexandre Brachet (Upian), Riccardo Chiattelli (laeffe), Nils Hanson (SVT), Morten Møller Warmedal (NRK), Marco Nassivera (ARTE), Alberto Nerazzini (Dersu), Juliana Ruhfus (Al Jazeera), Andrea Scrosati (Sky Italia) e Pia Thordsen (TV2 Denmark).

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