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Prostituzione, 60 anni fa lo stop alle case chiuse con la legge Merlin

Cronaca

Matteo Furcas

Dopo un lungo e travagliato iter parlamentare, il 20 settembre 1958 è entrato in vigore il provvedimento che regola ancora oggi il fenomeno. Le sue norme puniscono lo sfruttamento e il favoreggiamento. Ecco cos'è, com'è nato, le polemiche e i tentativi di cambiarlo

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Sessant'anni fa, il 20 settembre del 1958, entrava in vigore la legge Merlin, che chiudeva in Italia le case di tolleranza, o “case chiuse”, e che regola ancora oggi il fenomeno della prostituzione nel nostro Paese. Un decennio prima, nel 1948, la senatrice socialista Lina Merlin aveva presentato il suo disegno di legge: quel primo progetto era passato al Senato solo nel 1952, ma aveva subìto un lunghissimo iter parlamentare prima dell'approvazione. Alla mezzanotte del 20 settembre 1958, nei limiti previsti dal testo della legge approvata in Parlamento sei mesi prima, il 20 febbraio 1958, vennero chiuse 560 case di tolleranza che ospitavano circa 2.700 prostitute. 

L’approvazione della legge nel 1958

Il travagliato iter parlamentare della legge iniziò il 16 agosto 1948, un decennio prima della sua approvazione, quando la senatrice socialista Angelina Merlin presentò un primo disegno di legge, il cui via libera dal Senato arrivò solo nel 1952. La fine della legislatura, però, non gli permise di diventare legge. Il testo venne così ripresentato nel 1953, all’inizio della legislatura successiva, e l’iter parlamentare terminò il 20 febbraio 1958 con l’approvazione definitiva, con il parere contrario dei missini e dei monarchici. 

Le obiezioni

Per tutto il dibattito gli oppositori alla legge fecero leva in primo luogo sui pericoli igienico-sanitari: secondo alcuni la legge avrebbe diffuso le malattie veneree senza controllo. L'Italia, però, per entrare nell'Onu aveva dovuto sottoscrivere diverse convenzioni internazionali, tra cui la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948 che obbligava gli Stati firmatari a combattere la tratta degli esseri umani e lo "sfruttamento della prostituzione altrui". E così dal 1958 anche in Italia, come nel resto d'Europa, lo Stato non ebbe più il controllo della prostituzione. La legge punisce il reato di sfruttamento e favoreggiamento, ma non configura la prostituzione come reato e, di conseguenza, chi la esercita non può essere schedato. In questo modo fu impossibile anche procedere a un sorta di censimento sanitario, la prima obiezione mossa dai detrattori della legge.

Cosa prevede la legge Merlin

La legge Merlin abolì la regolamentazione della prostituzione in Italia e, di conseguenza, portò alla chiusura delle “case chiuse”. Secondo Lina Merlin, una legge di questo tipo si era resa necessaria perché la prostituzione, anche volontaria, era dannosa per la dignità della donna. Vennero introdotti una serie di reati come lo sfruttamento, l'induzione e il favoreggiamento della prostituzione e le relative pene. La legge non punisce, invece, i clienti e le singole prostitute. 

Gli obiettivi della legge

L’intento principale era quello di contrastare lo sfruttamento delle prostitute. Nei primi articoli la legge, tuttora in vigore, vietava l'esercizio delle case di prostituzione nel territorio dello Stato e disponeva la chiusura dei "locali di meretricio". La parte centrale apportò ampie e profonde modifiche al codice penale allora in vigore, relativamente ai delitti di lenocinio, ovvero lo sfruttamento della prostituzione, e di "tratta”, con pene come la reclusione da due a sei anni per chi avesse continuato a possedere o dare in affitto locali in cui si esercitasse la prostituzione. Punito, con la stessa pena, chi “recluti una persona al fine di farle esercitare la prostituzione” o sfrutti la prostituzione. Gli ultimi articoli della legge contenevano disposizioni di carattere amministrativo: alcune prevedevano l'istituzione di patronati e istituti di rieducazione dedicati alle prostitute che, uscite dalle "case", avessero deciso di lasciare quel mestiere, sia a tutte le altre donne che desiderassero tornare a una vita diversa. Inoltre, per la prima volta, grazie alla legge veniva costituito in Italia un corpo speciale di polizia femminile.

Il dibattito nei decenni

Nel 1963 la legge fu investita della questione di legittimità costituzionale ma i giudici reputarono corretta la formulazione della norma. Dagli anni ’80, nel dibattito politico sono state numerose le richieste di abrogazione o di modifica per una legge ritenuta da alcuni “non al passo coi tempi” per contrastare la prostituzione di strada, sempre più spesso legata a immigrazione clandestina, tratta di donne e minorenni, sfruttamento delle organizzazioni criminali. 

Le proposte di abolizione

Tra le proposte per l’abolizione o la modifica parziale della legge Merlin negli anni si ricordano le battaglie dei Radicali e della Lega Nord. Nel 2013 sulla Gazzetta ufficiale della Corte suprema di Cassazione è stato pubblicato un quesito referendario per l’abrogazione, promosso da diversi sindaci italiani. Ma la proposta si è arenata perché mancava il numero necessario per la proposizione del referendum. Nel 2014, il Pd ha presentato un disegno di legge per regolamentare il fenomeno, ma l’iniziativa non ha avuto seguito. Alcuni comuni italiani hanno provato a limitare la prostituzione di strada con ordinanze che prevedevano multe per i clienti, con possibile arresto in flagranza da parte della polizia municipale. Ma queste misure sono sempre state ritenute incostituzionali e le sanzioni invalidate da successive sentenze. Anche i progetti di istituire zone “a luci rosse” in alcuni comuni sono sempre stati abbandonati su richiesta dei prefetti perché in contrasto con la legislazione nazionale definita nella legge Merlin.

Chi era Lina Merlin

Angelina Merlin è stata una delle “madri costituenti”, le 21 donne elette alle prime votazioni a suffragio universale che parteciparono all'Assemblea costituente che scrisse la Costituzione italiana. Nacque a Pozzonovo (Padova) nel 1887, in una famiglia piccolo borghese, di tradizioni risorgimentali e poi antifasciste. Il padre, si legge nella scheda che la Fondazione Nilde Iotti ha dedicato a Lina Merlin sul suo sito, era segretario comunale, mentre la madre era maestra. Si iscrisse nel 1919 al Partito Socialista. Fra il 1924 e il 1926 venne arrestata per cinque volte dalla polizia fascista, lasciò l'insegnamento perché si rifiutava di prestare il giuramento fascista e, causa della sua opposizione al regime, venne condannata a cinque anni di confino in Sardegna. Dopo averli scontati, nel 1930 si trasferì a Milano, dove sposò Dante Gallani, medico e deputato socialista, e organizzò l'assistenza dei partigiani. Dopo la guerra venne eletta nell’Assemblea costituente.

La carriera politica

Merlin è stata una delle 4 donne elette al Senato nel 1948 nella prima legislatura della Repubblica ed è suo il primo intervento di una donna in quell'Assemblea. Venne rieletta nel 1953 (unica senatrice), poi nel 1958 passò alla Camera. Alla fine della legislatura nel 1963, decise di ritirarsi dalla politica e di vivere nella sua casa di Milano. Merlin fu anche una convinta antidivorzista e fece parte del comitato promotore del referendum abrogativo della legge. È morta a Padova nel 1979 e i suoi resti sono ospitati nel Famedio del cimitero monumentale di Milano.