Molestie, il manifesto delle attrici italiane: "Non abbiamo più paura"

Cronaca

Da Miriam Leone a Jasmine Trinca, da Geppi Cucciari a Kasia Smutniak. Oltre cento professioniste hanno firmato il manifesto Dissenso comune che punta a “un nuovo equilibrio tra donne e uomini”. E definisce le violenze “una verità così ordinaria da essere agghiacciante”

“Dalle donne dello spettacolo a tutte le donne. Questo è il tempo in cui noi abbiamo smesso di avere paura”. Recita così la lettera, riportata da Repubblica, scritta da 124 attrici e professioniste dello spettacolo intitolata Dissenso comune, il cui obiettivo è “una riscrittura degli spazi di lavoro e per una società che rifletta un nuovo equilibrio tra donne e uomini”. Ma soprattutto la creazione di una sorta di manifesto, pensato da un collettivo determinato a far sì che le denunce di molestie, moltiplicatesi anche in Italia dopo il caso Weinstein, non cadano nel dimenticatoio. “La scelta davanti alla quale ogni donna è posta sul luogo di lavoro è: ‘Abituati o esci dal sistema’”, si legge nel documento.

Chi ha firmato

Tra le donne che hanno deciso di sottoscrivere la lettera ci sono Ambra Angiolini, Cristiana Capotondi, Paola Cortellesi, Geppi Cucciari, Cristina Donadio (la Scianel di Gomorra), Isabella Ferrari e le protagoniste di 1992 e 1993 Miriam Leone e Tea Falco. Ma anche Cristina e Francesca Comencini, Valentina Lodovini, Giovanna Mezzogiorno, Vittoria Puccini, Alba Rohrwacher, Kasia Smutniak e Jasmine Trinca.

“Una verità agghiacciante”

La lettera inizia con un accenno al caso Weinstein e parla di “una verità così ordinaria da essere agghiacciante”. “Questo documento non è solo un atto di solidarietà nei confronti di tutte le attrici che hanno avuto il coraggio di parlare in Italia e che per questo sono state attaccate, vessate, querelate, ma un atto dovuto di testimonianza - si legge - Noi vi ringraziamo perché sappiamo che quello che ognuna di voi dice è vero e lo sappiamo perché è successo a tutte noi con modi e forme diverse. Noi vi sosteniamo e sosterremo in futuro voi e quante sceglieranno di raccontare la loro esperienza”. La molestia sessuale, si legge “è sistema. La disuguaglianza di genere negli spazi di lavoro rende le donne, tutte le donne, a rischio di molestia poiché sottoposte sempre a un implicito ricatto. Succede alla segretaria, all’operaia, all’immigrata, alla studentessa, alla specializzanda, alla collaboratrice domestica. Succede a tutte”.

La macchina della rimozione

Le 124 attrici e donne di spettacolo analizzano anche il ruolo del “capro espiatorio. Si crea una momentanea ondata di sdegno che riguarda un singolo regista, produttore, magistrato, medico, un singolo uomo di potere insomma. Non appena l’ondata di sdegno si placa, il buonsenso comune inizia a interrogarsi sulla veridicità di quanto hanno detto le ‘molestate’ e inizia a farsi delle domande su chi siano, come si comportino, che interesse le abbia portate a parlare”. Infine, scrivono, “il buon senso comune inizia a interrogarsi sul libero e sano gioco della seduzione e sui chiari meriti artistici, professionali o commerciali del molestatore che alla lunga verrà reinserito nel sistema. Così facendo questa macchina della rimozione vorrebbe zittirci e farci pensare due volte prima di aprire bocca, specialmente se certe cose sono accadute in passato e quindi non valgono più”.

Perché le attrici?

Le firmatarie spiegano anche che “non è la gogna mediatica che ci interessa”, che ci sono due ragioni che le hanno spinte a scrivere questa lettera: “La prima è che il corpo dell’attrice è un corpo che incarna il desiderio collettivo, e poiché in questo sistema il desiderio collettivo è il desiderio maschile, il buonsenso comune vede in loro creature narcisiste, volubili e vanesie, disposte a usare il loro corpo come merce di scambio pur di apparire. Le attrici in quanto corpi pubblicamente esposti smascherano un sistema che va oltre il nostro specifico mondo ma riguarda tutte le donne negli spazi di lavoro e non”. La seconda, aggiungono, “è perché loro hanno la forza di poter parlare, la loro visibilità è la nostra cassa di risonanza. Le attrici hanno il merito e il dovere di farsi portavoce di questa battaglia per tutte quelle donne che vivono la medesima condizione sui posti di lavoro la cui parola non ha la stessa voce o forza”.

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