Lo hanno deciso i giudici di Torino. All'ex coniuge di un agente assicurativo di Rivoli andranno 94mila euro, il 40% della somma totale
A pochi mesi dal più recente orientamento della Cassazione sull'assegno di mantenimento spettante all'ex coniuge, i giudici del tribunale di Torino hanno stabilito che ad una moglie divorziata spetta una quota del trattamento di fine rapporto (Tfr) del marito, anche se l'uomo ha ricevuto l'indennità più di dieci anni dopo lo scioglimento del matrimonio.
La legge e l'onere della prova
Un ex agente assicurativo dovrà dunque versare all'ex consorte la somma di 94.508 euro (più interessi e spese processuali), confermando così i principi contenuti nella legge 898/70, che il 1° dicembre di 47 anni fa introdusse lo scioglimento del matrimonio nel nostro ordinamento, prima del referendum del '74. La norma dice che il coniuge, in mancanza di nuove nozze, ha diritto a una percentuale del Tfr. Ma la sentenza appare comunque interessante e destinata a far discutere, specie per il fatto che il marito ha ottenuto la somma - al termine della sua attività lavorativa - ben dieci anni dopo il divorzio. Fatale, per l'uomo, il cosiddetto "onere della prova": era lui, ex agente assicurativo, a dover dimostrare che la somma percepita all'inizio del 2015 (393mila euro) non era un trattamento di fine rapporto ma, piuttosto, una buonuscita. Un'impresa in cui lui e i suoi legali non sono evidentemente riusciti.
Decisiva la natura del rapporto di lavoro
La qualificazione del rapporto di lavoro dell'uomo (ritenuto di carattere subordinato) è stata decisiva. Secondo quanto stabilito dalla Cassazione nel 2016 - infatti - non tutte le somme percepite da un coniuge sono assoggettate al "prelievo". I ricavi derivanti da un'attività imprenditoriale esercitata "mediante una complessa e articolata struttura organizzata con vasta dotazione di mezzi e personale", ad esempio, ne sono esclusi. L'assicuratore ha spiegato che si avvaleva di altro personale e sub agenti ma i giudici della settima sezione civile di Torino, valutati gli elementi portati dalla difesa della donna (l'ufficio aveva orari di apertura decisi dalla compagnia, gli agenti avevano obbligo di esclusiva e non si assumevano rischi, la gestione dei sinistri era eterodiretta), hanno deciso di qualificare il lavoro come subordinato.
La misura del risarcimento
Per quantificare l'entità del risarcimento, i magistrati hanno calcolato gli anni dell'attività che ricadevano interamente all'interno del matrimonio, durato dal 1976 al 2004. Alla donna, titolare di assegno di mantenimento e mai risposata, è stata assegnata una cifra tarata sui 14 anni di lavoro del marito, completati prima del divorzio. Il fatto che il Tfr sia stato corrisposto quasi 11 anni dopo il divorzio, per i giudici, non è rilevante. All'ex moglie andrà dunque il 40% della somma ricevuta dall'uomo, per un ammontare di oltre 94mila euro. Resta da capire se, in caso di appello, la decisione del tribunale resisterà ai mutati orientamenti della Suprema Corte in materia di assegno di divorzio e come potranno influire sulla vicenda i disegni di riforma della legge attualmente in preparazione alla Camera.