Morte Totò Riina, Maria Falcone: non posso perdonarlo

Cronaca
Totò Riina in una foto d'archivio (Ansa)

"Non si è pentito" dice la sorella del magistrato ucciso nel 1992. Salvatore Borsellino: "Porta nella tomba importanti segreti". Grasso: "Pietà non fa dimenticare sangue versato". Bindi: dopo la scomparsa del boss resta il dovere di cercare la verità

Dopo la morte del boss mafioso Totò Riina, che si è spento il 17 novembre nel reparto detenuti dell’ospedale di Parma, sono arrivate le reazioni dei famigliari delle vittime di mafia. Maria Falcone ha commentato: "Non si è pentito, non posso perdonarlo". Mentre Salvatore Borsellino ha ricordato che, con la fine del "Capo dei capi", "c’è chi tira un sospiro di sollievo perché Riina porta con sé nella tomba importanti segreti". Questo aspetto è stato ribadito anche dal presidente del Senato, Pietro Grasso, che ha ricordato come il boss "porta con sé molti misteri". 

Maria Falcone: "Non gioisco ma non perdono"

"Non gioisco per la sua morte, ma non posso perdonarlo. Come mi insegna la mia religione avrei potuto concedergli il perdono se si fosse pentito, ma da lui nessun segno di redenzione è mai arrivato", ha spiegato Maria Falcone, la sorella del magistrato Giovanni Falcone, ucciso dalla mafia. "Per quello che è stato il suo percorso mi pare evidente che non abbia mai mostrato segni di pentimento. Basta ricordare le recenti intercettazioni in cui gioiva della morte di Giovanni Falcone", ha spiegato riferendosi alle conversazioni registrate in carcere tra Riina e un compagno di detenzione in cui il capomafia rideva ricordando di aver fatto fare al magistrato "la fine del tonno". "Resta il forte rimpianto che in vita non ci abbia svelato nulla della stagione delle stragi e dei tanti misteri che sono legati a lui", ha precisato la donna. 

Salvatore Borsellino: "Scompare un'altra cassaforte"

Proprio sui misteri conosciuti dal "Capo dei capi" si è espresso anche Salvatore Borsellino, il fratello del giudice antimafia Paolo, ucciso nella strage di via D’Amelio. "Ci sarà chi avrà tirato un sospiro di sollievo, perché Riina porta con sé nella tomba importanti segreti", ha detto. Salvatore Borsellino ha anche spiegato che la morte del boss di Cosa nostra è come "una cassaforte che sparisce, dopo quella fatta scomparire al momento del suo arresto". Mentre il perdono è qualcosa che, per lui, non si può concepire "davanti a un assassino efferato".

Parenti delle vittime di via Georgofili: "Boia"

Un commento sulla morte di Riina è arrivato anche dall'Associazione tra i famigliari delle vittime della strage di via dei Georgofili a Firenze (27 maggio 1993) che ha definito il boss come un "boia". "In via dei Georgofili ha messo in atto 'La strage del 41 bis' come la definì il Procuratore Gabriele Chelazzi: cinque morti, 48 feriti sono stati il tentativo di Salvatore Riina di far abolire il 41 bis. Abbiamo speso 25 anni della nostra vita e non ce l'ha fatta Salvatore Riina a fare abolire sulla carta bollata il carcere duro ed è morto a 41 bis, questo è quanto dovevamo ai nostri morti", ha spiegato Giovanna Maggiani Chelli. "Tuttavia fin da quel 1993 e fino a oggi", ha aggiunto, "i passaggi da 41 bis a carcere normale, hanno denotato quanta forza nell'ambito dello Stato sia stata spesa per assecondare i desiderata della mafia, ma questo è un capitolo ancora tutto aperto. Stiamo aspettando un processo per capire chi aveva in quel 1993 promesso a Riina ,in cambio di morti, l'abolizione del 41 bis". 

Grasso: "Pietà non fa dimenticare il sangue versato"

Sui segreti lasciati dal "Capo dei capi" è tornato anche il presidente del Senato, Pietro Grasso, che da Facebook ha fatto sapere: "La pietà di fronte alla morte di un uomo non ci fa dimenticare quanto ha commesso nella sua vita, il dolore causato e il sangue versato. Porta con sé molti misteri che sarebbero stati fondamentali per trovare la verità su alleanze, trame di potere, complici interni ed esterni alla mafia, ma noi, tutti noi, non dobbiamo smettere di cercarla". "Una volta diventato il Capo", ha ricordato Grasso, "la sua furia si è abbattuta sui giornalisti, i vertici della magistratura e della politica siciliana, sulle forze dell'ordine, su inermi cittadini, sulle persone che con coraggio, senso dello Stato e determinazione hanno cercato di fermarne il potere". Poi, da Carrù, nel cuneese Grasso ha ribadito l'impegno attuale contro la mafia e, sulle ricerche del super latitante Matteo Messina Denaro, ha spiegato che "la guardia non si è abbassata, è sempre ricercato e speriamo presto di arrivare a un risultato positivo".

Bindi: "La fine di Riina non è la fine della mafia"

La presidente della commissione parlamentare antimafia, Rosy Bindi, dopo la morte del boss ha avvertito: "La fine di Riina non è la fine della mafia siciliana che resta un sistema criminale di altissima pericolosità". Bindi ha ricordato anche che "Totò Riina è stato il capo indiscusso e sanguinario della Cosa Nostra stragista. Quella mafia era stata già sconfitta prima della sua morte, grazie al duro impegno delle istituzioni e al sacrificio di tanti uomini coraggiosi e giusti". "A noi resta il dovere di cercare le verità che per tutti questi anni Riina ha nascosto e fare piena luce sulle stragi che aveva ordinato", ha precisato. 

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