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Mafia, 17 arresti a Palermo: smantellato il clan del Borgo Vecchio

Cronaca
Tra gli uomini incaricati da Cosa Nostra di riscuotere il pizzo ci sarebbe stato anche un ragazzo di 16 anni (Ansa)

Blitz dei carabinieri nel quartiere nel cuore del capoluogo siciliano. Ritrovato il "libro mastro" che svela 14 anni di estorsioni ai danni di imprenditori e commercianti

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Importante operazione antimafia a Palermo. I carabinieri del Nucleo Investigativo, su delega della Procura distrettuale, hanno infatti smantellato con un blitz il clan di mafia del Borgo Vecchio, enclave di Cosa nostra radicata nel cuore del capoluogo siciliano.

Le testimonianze dei pentiti

I militari dell'Arma hanno arrestato 17 persone accusate di associazione mafiosa, estorsione, tentato omicidio, rapina, illecita detenzione di armi e munizioni e fittizia intestazione di beni. Il blitz potrebbe essere quello decisivo per bloccare l'attività del clan e segue le operazioni condotte nei confronti degli affiliati al mandamento mafioso di Porta Nuova, "Pedro" (luglio 2011), "Hybris" (dicembre 2011), "Panta Rei 1 e 2" (dicembre 2015 e novembre 2016). Un ruolo decisivo nelle indagini è stato giocato dalle intercettazioni audio e video e dalle testimonianze di due collaboratori di giustizia, ex esponenti di vertice dell'associazione mafiosa.

I cambi al vertice

L'attività investigativa ha consentito di delineare la composizione del clan e i suoi mutamenti nel corso degli ultimi anni. Nel 2015, infatti, il gruppo criminale ha dovuto cambiare i suoi vertici dopo che un altro collaboratore di giustizia aveva fatto incastrare i reggenti, due fratelli finiti in carcere. Il potere era passato a un uomo a loro vicino, uscito dal carcere nello stesso anno dopo aver scontato una condanna per associazione mafiosa.

Estorsioni nel "libro mastro"

Il nuovo reggente, insieme ad altri soggetti finiti ora in manette, ha mandato avanti negli ultimi due anni gli affari del clan, basati soprattutto sull'estorsione e il traffico di stupefacenti. Il controllo del territorio è stato mantenuto con una presenza capillare nell'area. Ed è stata proprio l'attività estorsiva a rappresentare la principale fonte di guadagno del clan del Borgo Vecchio. Gli inquirenti hanno potuto riscostruire 14 anni di illeciti di questo tipo ai danni di imprenditori e commercianti della zona dopo aver ritrovato il “libro mastro” dell'organizzazione criminale.

Un 16enne usato per incassare il pizzo

Tutti erano costretti a versare delle somme di denaro per evitare ritorsioni. E tra gli uomini incaricati del recupero delle somme, ci sarebbe stato anche un ragazzo di 16 anni. Sono state sequestrate anche diverse attività commerciali riconducibili a Cosa nostra, intestate a prestanome ed avviate, in diversi punti della città, mediante il riciclaggio dei profitti illeciti.

Risolti altri due misteri

Le indagini hanno anche permesso di risolvere altre vicende del passato. Sono infatti stati individuati i responsabili della sparatoria avvenuta la sera del 4 marzo 2015 nella piazza principale di Borgo Vecchio tra gli esponenti di due famiglie contrapposte all'interno dello stesso clan. E sono anche stati identificati gli autori di una rapina commessa all'interno di una casa del quartiere il 26 giugno 2011. Una delle vittime era stata anche ferita con colpi di arma da fuoco: secondo le ricostruzioni si sarebbe trattato di una rapina non autorizzata dai vertici del clan, tanto che i suoi autori subirono ritorsioni.

La mutazione di Cosa nostra

"Nel corso degli anni Cosa nostra ha mutato pelle e diversificato i propri affari - ha commentato il comandante provinciale dei carabinieri di Palermo, il colonnello Antonio Di Stasio - continua a essere colpita duramente con l'attività repressiva delle forze dell'ordine e della magistratura e oggi appare indebolita, ma sempre viva e impegnata, anche attraverso il 'pizzo', nella ricerca quotidiana e ossessiva di denaro". Il comandante ha poi spiegato che "da un'analisi storica del fenomeno estorsivo emerge come in un territorio sottoposto ad un clima di intimidazione diffusa, dove la vittima, anche solo dietro una minaccia verbale, percependo rischi e conseguenze per sé e per propri i familiari, si sente costretta a cedere, la criminalità organizzata riesca nel tempo a imporre il 'pizzo'”.