La Cassazione riapre l'appello bis per mafia a carico del clan moldavo

Cronaca
corte-cassazione-ansa

Come per il procedimento nei confronti di Massimo Carminati, gli ermellini hanno rintracciato il metodo mafioso nei comportamenti degli undici cittadini moldavi che, anche se non avevano un predominio assoluto del territorio, si dedicavano a diversi racket

Le nuove mafie hanno cambiato "la necessità e le modalità di esteriorizzazione del metodo mafioso". È quanto si legge nel verdetto dalla Seconda sezione penale della Cassazione che riapre l'appello bis per mafia per undici cittadini moldavi, per i quali la Corte di Appello di Venezia, diversamente dal primo grado, aveva riconosciuto solo l'associazione semplice.

Nuova criminalità oggetto di riflessione

Nella sentenza,] gli ermellini rilevano che le nuove forme di criminalità sono "oggetto di ampia riflessione giurisprudenziale",  con esiti che prescindono dal requisito della "indispensabilità del radicamento territoriale", ossia del controllo assoluto della zona. Le condizioni di assoggettamento e di omertà, come nel caso del clan moldavo, sono cambiate ma non è necessario che l'impronta mafiosa appaia "in termini macroscopici" per poter avanzare l'accusa di mafia. Per la Cassazione è sufficiente, infatti, che "la carica intimidatrice sia, per scelta criminale, diretta al controllo di realtà economiche ben determinate o di peculiari gruppi etnici".

Racket dei pullmini

Nello specifico, il cosiddetto "clan dei moldavi" si dedicava 'solo' al racket dei pullmini e allo spaccio di stupefacenti. Attività che però, secondo gli ermellini, venivano gestite con metodo mafioso. Le undici persone oggetto della sentenza, unici tra gli 80 arrestati ad aver scelto il rito abbreviato, infatti imponevano con la sola forza intimidatrice, che raramente sfociava in violenza, una 'tassa' sui connazionali e sulle merci in transito da e per la Moldavia nelle aree di sosta di Verona, Vicenza, Venezia, Modena, Bologna, Reggio Emilia e Brescia. Inoltre derubavano spacciatori nordafricani per poi rivendere la droga a terzi. Tutte condotte che, secondo la Cassazione, prendevano di mira "peculiari gruppi etnici" e che possono essere configurate come mafia.

Come per Carminati

La Suprema Corte ha ricordato che "nel procedimento a carico di Massimo Carminati ed altri, cosiddetto 'Mafia Capitale', in fase cautelare si è escluso che il riflesso esterno della forza intimidatrice debba tradursi necessariamente nel controllo di una determinata area territoriale". Tanto è vero che gli ermellini, nonostante a luglio il Tribunale di Roma abbia escluso associazioni di tipo mafioso, hanno avallato l'accusa di 416bis per gli imputati del "Mondo di mezzo", per i quali si attende il ricorso della Procura guidata da Giuseppe Pignatone.

Cronaca: i più letti