Operazione di Guardia di Finanza, Polizia, Carabinieri contro esponenti del clan di Gela. Tra arrestati anche un avvocato e 2 militari dell'Arma. Due ordinanze di custodia cautelare eseguite pure a Colonia. Procuratore Pignatone: "Corruzione può essere sconfitta"
Maxi operazione contro il clan mafioso Rinzivillo in Italia e Germania. Uomini della Guardia di Finanza, della Polizia e dei Carabinieri hanno eseguito 37 provvedimenti di custodia cautelare nei confronti di altrettanti presunti appartenenti al clan di Gela (Caltanissetta). Gli arresti sono scattati in Italia, tra Sicilia, Lazio, Lombardia, Piemonte ed Emilia Romagna, e in Germania. Sequestrati anche beni e società per 11 milioni. L'organizzazione, sostanzialmente, era attiva in tre ambiti: traffico di droga, acquisizione di beni e controllo di alcuni settori economici.
Un avvocato e due carabinieri tra gli arrestati
Tra le 37 persone arrestate ci sarebbero anche un avvocato romano e due carabinieri. Nei confronti dei due militari l'accusa è di accesso abusivo alle banche dati delle forze dell'ordine: in sostanza avrebbero passato notizie riservate ai membri del clan, da sempre alleato dei Madonia e con i corleonesi. L'avvocato, invece, sarebbe il trait d'union tra i mafiosi e i professionisti. "La corruzione, come la mafia, può e deve essere combattuta e sconfitta", ha detto il procuratore di Roma Giuseppe Pignatone. "C'è una frase del capo clan Salvatore Rinzivillo sulla ineluttabilità della corruzione. Questo è un principio che noi rigettiamo in toto. Oggi ci siamo noi a combattere le une e le altre, domani ci saranno altri", ha aggiunto.
Arresti anche a Colonia
L'indagine delle Dda di Roma e Caltanissetta è stata coordinata dalla procura nazionale antimafia e antiterrorismo e ha visto la partecipazione della Polizia criminale tedesca che, a Colonia, ha eseguito due ordinanze di custodia cautelare agli arresti domiciliari. I 35 provvedimenti eseguiti in Italia hanno invece visto impegnati oltre 600 tra finanzieri e carabinieri del comando provinciale di Roma e poliziotti della questura di Caltanissetta.
Mani sul mercato ortofrutticolo di Roma
Durante una conferenza stampa, il procuratore aggiunto di Roma Michele Prestipino ha spiegato che l'organizzazione che faceva riferimento al clan Rinzivillo aveva messo le mani sul Car, il mercato ortofrutticolo della Capitale. L'indagine, ha aggiunto, ha messo in evidenza anche un altro aspetto: "Abbiamo accertato ancora una volta una delle caratteristiche fondamentali delle mafie, una di quelle che ne fanno la loro forza, e cioè il sistema delle relazioni con il mondo non mafioso, sia nella terra d'origine sia in quei luoghi dove le organizzazioni si stabilizzano".
Indagine partita nel 2014
L'indagine è partita a metà del 2014, quando la Gdf è riuscita a sventare un attentato dinamitardo a un capannone nel mercato ortofrutticolo di Fondi. Il principale sospettato, è stato accertato, era in rapporti con i Rinzivillo e in particolare con quello che gli investigatori considerano l'attuale capoclan, Salvatore. L'uomo, una volta uscito dal carcere di Sulmona, si era stabilito a Roma e avrebbe iniziato a tessere una fitta rete di relazioni e a fare da riferimento per gli esponenti del clan in Sicilia. L'attenzione su Salvatore Rinzivillo, ha detto ancora Prestipino, ha consentito di accertare "una cosa che avevamo già notato con camorra e 'ndrangheta: la stabilizzazione di una struttura mafiosa a Roma che è la proiezione di una famiglia mafiosa tradizionale".
Nel 2006 arrestate 79 persone del clan
Il clan gelese dei Rinzivillo, di "cosa nostra", fu già nel 2006 al centro di una operazione dei carabinieri denominata "Tagli pregiati": portò in carcere 79 persone e il sequestro di beni per 20 milioni di euro tra la Sicilia, il Lazio e la Lombardia. In manette finirono anche sei donne, accusate di avere garantito i collegamenti tra i boss detenuti e i luogotenenti che operavano all'esterno. L'inchiesta antimafia scattò dalla denuncia di un commerciante di un caso di estorsione. Con le successive indagini i carabinieri riuscirono ad accertare l'esistenza di un racket delle carni controllato dai Rinzivillo: riciclavano, in aziende del settore alimentare e nell'edilizia, i proventi di affari illeciti come estorsioni, traffico di droga, usura, caporalato, furti e rapine. La loro organizzazione aveva stretto alleanze con il clan Santapaola, a Catania, e con le famiglie della 'ndrangheta calabrese in varie regioni d'Italia e all'estero. Anche allora, tra gli indagati, fu fermato un maresciallo dei carabinieri, accusato di avere passato ai clan informazioni riservate.