Stupri Rimini, ha confessato il ragazzo congolese di 20 anni
CronacaInterrogato dal pm, Butungu avrebbe cambiato versione e ammesso di aver partecipato, con tre minorenni, alle violenze sessuali del 26 agosto contro una turista polacca e una trans peruviana. Si sarebbe detto pentito e avrebbe preso le distanze dal ruolo di “capo branco”
Guerlin Butungu, il ragazzo congolese di 20 anni arrestato per il doppio stupro del 26 agosto a Rimini insieme a tre minorenni, avrebbe confessato le proprie responsabilità e si sarebbe detto pentito. Il giovane, detenuto nel carcere di Pesaro, è stato interrogato dal pm e avrebbe ammesso di aver partecipato alle violenze sessuali contro una turista polacca (con l’amico massacrato di botte) e una trans di origini peruviane.
Avrebbe ammesso violenze
L'interrogatorio era stato chiesto dalla difesa. Il ragazzo è stato sentito per tre ore e avrebbe cambiato ancora versione. Avrebbe, infatti, ammesso di aver violentato con i tre complici le due donne la notte del 26 agosto. Ma avrebbe ammesso anche due rapine: la prima il 12 agosto ai danni di una coppia di Legnano e la seconda la notte degli stupri. Butungu, però, avrebbe preso le distanze dal ruolo di “capo branco” di cui si è parlato nel corso delle indagini.
Le proteste dell’avvocato difensore
All’interrogatorio non c’era l’avvocata Ilaria Perruzza, che assisteva Butungo dall’inizio. Il giovane le ha revocato l’incarico. Al suo posto è stato nominato l'avvocato Francesco Zacheo, del foro di Lecce, legale di fiducia dell'Ambasciata del Congo in Italia. “All'interrogatorio di fronte ai magistrati di Rimini – ha protestato Zacheo – mi è stato negato un breve rinvio per consentirmi di parlare col mio assistito, né ho potuto parlare riservatamente con l'avvocato condifensore Scarpa né ho potuto prendere copia degli atti al fine di valutare se fosse necessario o meno per il mio assistito sottoporsi all'interrogatorio. Mi è stato negato tutto. Mi sono trovato a difendere Butungu a occhi chiusi, non avendo avuto la possibilità di conoscere le carte dell'accusa”.