I professori facevano pressione sulle commissioni per “spingere” i loro pupilli.
L'inchiesta sui concorsi truccati all'Università di Firenze coinvolge tutta Italia e arriva fino alla Sicilia: nell'ateneo di Palermo, infatti, era in corso una vera e propria “guerra di raccomandazioni” tra due docenti, uno in pensione e l'altro ancora in attività (e sospeso cautelativamente dall'incarico).
La “guerra” all'Università di Palermo
Questo, almeno, quello che hanno scoperto gli inquirenti. La “guerra” tra i due – che risultano indagati per concorso in corruzione – si svolgeva a colpi di assegnazioni di cattedre ai rispettivi pupilli. A inchiodarli le intercettazioni con i membri della commissione di valutazione di un concorso per il ruolo di professore associato: dai nastri registrati dalla Guardia di Finanza emergono richieste di favori e raccomandazioni da parte dei due (uno dei quali fa pressioni perché al concorso la spunti la figlia), talvolta anche piuttosto esplicite. Una “guerra”, insomma, bloccata solo dall'inchiesta fiorentina.
Cosa emerge dalle carte
L'inchiesta è partita dalla denuncia di un ricercatore che ha presentato un esposto relativo a un presunto concorso truccato che risaliva al 2012, che ha portato a sette arresti su un totale di 59 indagati. Dalle già citate intercettazioni, le parole “trasparenza e correttezza” non si riferiscono allo svolgimento dei concorsi, ma agli equilibri tra i cosidetti “baroni” delle Università.
Il gestore del provider si tolse la vita
E c'è anche una tragedia legata all'inchiesta: il suicidio del gestore del provider che aveva ricevuto il fax con le richieste di intercettazioni della GdF, che aveva presumibilmente avvisato una degli intercettati, membro di una commissione – una persona di sua conoscenza – che poi ha smesso di parlare.