Mafia, archiviata l’indagine sulle minacce di Riina a don Ciotti

Cronaca
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Il giudice milanese Anna Magelli ha riconosciuto l’intento intimidatorio delle parole del boss, intercettato nel carcere di Opera nel 2013, ma ha valutato che non sarebbero potute arrivare all’esterno

Il gip di Milano Anna Magelli ha archiviato l'indagine riguardante le minacce rivolte da Totò Riina a don Ciotti, presidente di Libera. Il boss di Cosa Nostra era stato intercettato il 14 settembre 2013 nel carcere di Opera mentre parlava con Alberto Lorusso, presunto boss della Sacra Corona Unita. "Una decisione semplice - ha detto il legale di Riina, Luca Cianferoni - Il diritto risente del clamore mediatico, ma ha anche anticorpi per affermare le proprie ragioni, ogni tanto".

“Putissimo pure ammazzarlo”

Il giudice, pur ritenendo che le parole di Riina fossero intimidatorie, ha valutato che in questo caso il boss non aveva il potere di farle arrivare all'esterno, mentre il pm aveva chiesto l'archiviazione ma con diversa motivazione. Le parole di Riina che avevano messo in allarme la Dda di Palermo erano state: “Ciotti, Ciotti, putissimo pure ammazzarlo”. Il presidente di Libera alla fine dell’agosto 2013 si era opposto alla richiesta di archiviazione dell’indagine perché, secondo il suo avvocato, quello del boss “era un modo per mandare messaggi all'esterno” del carcere.

La polemica sulla salute del boss

La decisione del gip milanese arriva a pochi giorni dalla polemica sulle condizioni di salute di Totò Riina, scatenata dalla decisione della Cassazione di accogliere per la prima volta il ricorso del difensore del boss che ha chiesto il differimento della pena o, in subordine, gli arresti domiciliari. La suprema corte ha specificato che il "diritto a morire dignitosamente" va assicurato ad ogni detenuto e sulla questione deciderà il tribunale di sorveglianza di Bologna.

Lo stesso don Ciotti è intervenuto sulla vicenda dicendo che "c'è un diritto del singolo, che va salvaguardato. Ma c'è anche una più ampia logica di giustizia di cui non si possono dimenticare le profonde e indiscutibili ragioni". Inoltre la presidente dell’Antimafia Rosy Bindi, dopo un sopralluogo all'Ospedale Maggiore di Parma dove il capo di Cosa Nostra si trova ricoverato in regime di 41 bis, ha dichiarato: “Riina si trova in condizioni di cura e assistenza continue che sono identiche, se non superiori, a quelle che potrebbe godere in status libertatis o in regime di arresti domiciliari”.E ha aggiunto: “È stato e rimane il capo di Cosa Nostra ma perché tale rimane per le regole mafiose. Ha continuato a partecipare alle numerose udienze che lo riguardano dimostrando di conservare lucidità mentale e fisica. Conserva immutata la sua pericolosità concreta e attuale, è perfettamente in grado di intendere e volere, non ha mai esternato segni di ravvedimento".

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