Agenti pakistani compromisero indagini su Al Qaeda in Italia

Cronaca
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Alcuni funzionari corrotti della polizia del paese asiatico informarono la cellula di Olbia, i cui membri sono stati arrestati venerdì scorso, sulle indagini nei loro confronti

Alcuni funzionari della polizia pakistana corrotti avrebbero informato i membri della cellula terroristica di Olbia delle indagini in corso da parte della Digos di Sassari nei loro confronti. E' quanto emerge tra le carte dell'ordinanza firmata dal Gip di Cagliari, Giorgio Altieri, che due giorni fa ha portato la polizia ha sgominare un network terroristico con ramificazioni in Sardegna, Lazio, Marche e Lombardia, legato ad Al Qaida, facendo finire in cella 10 persone. Proprio questa "soffiata" avrebbe in qualche modo compromesso le indagini in corso.

Volevano uccidere un traduttore della polizia
- In due occasioni la cellula di Olbia sospetta di essere tenuta sotto osservazione dalla Digos di Sassari. L'8 luglio 2009 parlando al telefono con un connazionale, il capo della comunità pakistana a Olbia, Sultan Wali Khan, arrestato due giorni fa mentre si imbarcava per Civitavecchia, lo ammonì di stare attento riferendosi a un interprete di lingua pashtun che era stato incaricato dalla polizia per la traduzione delle intercettazioni. "E' un bastardo, è un informatore della polizia hai capito? - si legge nelle intercettazioni riportate nell'ordinanza - Dovete stare attenti a lui". Lo stesso Sultan Wali Khan avrebbe incaricato un persona di ucciderlo.

Il capo della cellula aveva programmato una strage - La conferma di essere sottoposti a indagini arriva alla cellula a febbraio dell'anno successivo. A seguito di un conflitto con un gruppo rivale in Pakistan, nel terreno del padre di Sultan Wali Khan, vengono nascosti dei fucili kalashnikov da far ritrovare alle forze dell'ordine. Ma l'operazione salta perché alcuni funzionari della polizia pakistana vengono corrotti. Per quello sgarbo, secondo quanto riportato nell'ordinanza, Sultan Wali Khan avrebbe programmato l'uccisione di quelli che riteneva i responsabili. "Ho già ordinato a mio cugino di ucciderli - si legge in una intercettazione -. Loro in questo momento sono soli, deve uccidere tutti, anche i bambini piccoli". Ma il delitto non viene commesso perché le vittime fanno perdere le tracce.

Indagini compromesse
- Proprio in quel momento a Sultan Wali Khan arriva l'informazione che la Digos di Sassari stava indagando sulla cellula. La polizia italiana, infatti, avverte le autorità pakistane dei progetti criminali di Khan. Gli agenti corrotti pakistani, a loro volta, informarono il padre di Khan delle indagini in corso. Per questa preziosa informazione, scrive il Gip nell'ordinanza, "Sultan Wali Khan diede disposizioni di ricompensare il capo della polizia con 20-25.000 mila rupie". Una conferma ulteriore arrivò da un alto funzionario della polizia pakistana che addirittura girò ad alcuni componenti della cellula la mail dell'Interpol. "A quel punto, ovviamente - scrive il Gip - le indagini erano definitivamente compromesse".

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