Bossetti al pm: "Yara uccisa per vendetta contro il padre"

Cronaca

Alcuni quotidiani riportano le dichiarazioni contenute nell'interrogatorio del 19 giugno. Davanti al gip, l'uomo ricorda le voci che giravano in cantiere sulla morte della ragazza e assicura: "Giuro sui miei figli che non sono l'assassino". VIDEO

"In cantiere dicevano tutti che Yara era stata uccisa per una vendetta contro il padre". Anche con queste parole si è difeso Massimo Giuseppe Bossetti, accusato di aver ucciso la tredicenne di Brembate di Sopra, nell'interrogatorio di convalida del fermo dello scorso 19 giugno davanti al gip di Bergamo.

"Yara uccisa per vendetta contro il padre" - Del contenuto dell'interrogatorio, riportato in un verbale di una sessantina di pagine, riferiscono la Repubblica e l'Eco di Bergamo. Alla domanda del gip Ezia Maccora, che gli ha chiesto se nei cantieri dove Bossetti lavorava si discuteva dell'omicidio di Yara, il muratore ha risposto che l'argomento "era all'ordine del giorno" e che si parlava di "una vendetta" legata "a presunti rapporti tra la ditta Lopav" e "il signor Gambirasio che fa il geometra nell'edilizia". Una voce che era già circolata sui media in passato a margine delle indagini, ma a cui gli inquirenti, dopo le verifiche del caso, non hanno dato credito perché priva di riscontri.

"Sapevo del prelievo del dna a mia madre"
- Nel verbale Bossetti racconta anche di aver saputo da sua madre, Ester Arzuffi, che la donna era stata sottoposta al test del Dna nell'estate 2012: "Lo sapevo, ne avevamo parlato - ha spiegato -. Lei mi chiese se avevano chiamato anche me e io risposi di no, ma che se lo avessero fatto sarei andato subito, ben venga". Il carpentiere di Mapello in più punti dell'interrogatorio dichiara la sua innocenza. "Giuro sui miei tre figli che Yara non l'ho mai conosciuta, né vista, né incontrata. E che non sono io l'assassino".

"Passavo davanti alla palestra nel mio tragitto abituale" - Ricostruisce le sue giornate da uomo metodico e dedito solo alla famiglia e dice di non sapere perché il suo Dna sia finito sugli indumenti della ragazzina. E anche quel pomeriggio del 26 novembre del 2010, quando scomparve Yara, spiega di aver percorso il suo "tragitto abituale" dal cantiere di Palazzago verso casa, passando anche "davanti al centro sportivo di Brembate".

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