Tangenti Mose, caos in consiglio comunale a Venezia

Cronaca
Tangenti Mose, scoppia la bagarre in consiglio comunale a Venezia

La prima seduta dopo l’arresto del sindaco Giorgio Orsoni, accusato di aver ricevuto finanziamenti illeciti dal Consorzio Venezia Nuova. La rabbia e le proteste dei cittadini. Interrotta e ripresa la riunione. GUARDA IL VIDEO

Urla e offese al primo consiglio comunale di Venezia dopo gli arresti per l’inchiesta sul Mose. "Vergognatevi", hanno urlato i cittadini intervenuti alla seduta chiedendo le dimissioni dei politici e solo l’intervento dei vigili ha riportato la calma. "Stiamo vivendo tutti noi ore difficilissime, di stupore, incredulità e penso anche di sofferenza", ha detto il vicesindaco Sandro Simionato aprendo i lavori in assenza del primo cittadino Giorgio Orsoni, agli arresti domiciliari con l’accusa di aver ricevuto finanziamenti illeciti dal Consorzio Venezia Nuova (FOTO e VIDEO). Undici i consiglieri comunali, secondo il grillino Gian Luigi Placella, che hanno firmato la richiesta di dimissioni del sindaco.

La protesta – I lavori del consiglio sono stati interrotti per un’ora a causa delle proteste di alcuni cittadini. Solo l’intervento dei vigili ha riportato la calma in Comune. Il consigliere Beppe Caccia (Lista In Comune) si è lanciato contro i contestatori gridando: "Dove eravate quando votavate Galan?".
Nel suo intervento, Simionato ha parlato di una "città profondamente ferita con una enorme esposizione mediatica negativa a livello mondiale". Ha ricordato la vicenda giudiziaria, parlando dell’emersione di "un sistema criminale". E ha chiarito: "Fondamentale è che la magistratura e chi avrà commesso reati, paghi, una volta condannato. Nessuno di noi è disposto a coprire nulla e nessuno". Simionato ha ricordato le urgenze che portano a dire che Venezia non può restare da oggi senza governo: dall’approvazione del bilancio di previsione alla nuova società, la Newco, per la riconversione di Porto Marghera. Da qui l’invito al consiglio comunale a consentire alla giunta, anche senza Orsoni, di lavorare "finché ci sono le condizioni, altrimenti lasceremo la responsabilità e la libertà ai cittadini di esprimersi con il voto".

Giorni decisivi per l'inchiesta - Gli arresti all'alba del 4 giugno scorso hanno portato alla luce, secondo quanto emerge dall'ordinanza firmata dal gip Alberto Scaramuzza, una rete di "malaffare" che andava avanti da anni. Gli arresti sono stati 35, un centinaio gli indagati e quaranta milioni di beni sequestrati a titolo preventivo. Intanto spuntano nell'inchiesta anche i nomi degli ex ministri Giulio Tremonti e Pietro Lunardi (VIDEO), che non risultano indagati.

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