Maxi-operazione di carabinieri e Dda nella storica roccaforte di Cosa Nostra vicino a Palermo. I reati contestati sono associazione mafiosa, omicidio, sequestro di persona, estorsione, rapina. Decisive le dichiarazioni di due nuovi pentiti
Azzerato con 31 fermi eseguiti dai carabinieri del comando provinciale di Palermo il mandamento mafioso di Bagheria, storica roccaforte di Cosa nostra. Con i reggenti del clan nell'ultimo decennio, sono stati fermati i capi delle singole "famiglie", quelle della stessa Bagheria e di Villabate, Ficarazzi e Altavilla Milicia, oltre a vari esponenti di spicco delle cosche.
Nell'operazione, che i carabinieri hanno chiamato "Reset", sono stati impegnati 500 militari. I provvedimenti di fermo sono stati emessi dalla Dda, che ha coordinato l'indagine. Le accuse contestate a vario titolo sono di associazione mafiosa, omicidio, sequestro di persona, estorsione, rapina, detenzione illecita di armi da fuoco e danneggiamento a seguito di incendio.
Il direttorio e "la testa dell'acqua" - Le indagini hanno scoperto che al posto della storica commissione provinciale di Cosa nostra era stato creato una sorta di "direttorio" e che a prendere le decisioni era un capo, in gergo denominato "la testa dell'acqua", al quale doveva obbedienza anche il reggente operativo del mandamento.
A essere decisive sono state le dichiarazioni di due nuovi pentiti, Sergio Flamia ed Enzo Gennato. Con loro un contributo determinante lo hanno dato i 44 imprenditori e commercianti che si sono ribellati al racket delle estorsioni.
I nomi eccellenti - Tra i fermi dopo le indagini dei carabinieri, coordinati dal procuratore Francesco Messineo, dall'aggiunto Leonardo Agueci, e dai sostituti Caterina Malagoli e Francesca Mazzocco, ci sono nomi eccellenti come Carlo Guttadauro - fratello di Filippo e Giuseppe - capo decina di Aspra. E ancora Giuseppe Comparetto, uomo d'onore di Villabate, ed Emanuele Modica, di Casteldaccia, considerato affiliato alla mafia canadese, che nel 2004 scampò alla morte in un agguato a Montreal. In manette anche Antonino Messicati Vitale, rientrato in Italia da pochi mesi (dopo una breve latitanza a Bali, dove era stato individuato e arrestato) e scarcerato per un cavillo. Tra i fermati ci sono Giuseppe Di Fiore, Giovanni Pietro Flamia, Salvatore Lo Piparo, Giovanni Di Salvo, Michele Modica ed Emanuele Cecala, questi ultimi ritenuti responsabili anche di alcuni fatti di sangue.
Nell'operazione, che i carabinieri hanno chiamato "Reset", sono stati impegnati 500 militari. I provvedimenti di fermo sono stati emessi dalla Dda, che ha coordinato l'indagine. Le accuse contestate a vario titolo sono di associazione mafiosa, omicidio, sequestro di persona, estorsione, rapina, detenzione illecita di armi da fuoco e danneggiamento a seguito di incendio.
Il direttorio e "la testa dell'acqua" - Le indagini hanno scoperto che al posto della storica commissione provinciale di Cosa nostra era stato creato una sorta di "direttorio" e che a prendere le decisioni era un capo, in gergo denominato "la testa dell'acqua", al quale doveva obbedienza anche il reggente operativo del mandamento.
A essere decisive sono state le dichiarazioni di due nuovi pentiti, Sergio Flamia ed Enzo Gennato. Con loro un contributo determinante lo hanno dato i 44 imprenditori e commercianti che si sono ribellati al racket delle estorsioni.
I nomi eccellenti - Tra i fermi dopo le indagini dei carabinieri, coordinati dal procuratore Francesco Messineo, dall'aggiunto Leonardo Agueci, e dai sostituti Caterina Malagoli e Francesca Mazzocco, ci sono nomi eccellenti come Carlo Guttadauro - fratello di Filippo e Giuseppe - capo decina di Aspra. E ancora Giuseppe Comparetto, uomo d'onore di Villabate, ed Emanuele Modica, di Casteldaccia, considerato affiliato alla mafia canadese, che nel 2004 scampò alla morte in un agguato a Montreal. In manette anche Antonino Messicati Vitale, rientrato in Italia da pochi mesi (dopo una breve latitanza a Bali, dove era stato individuato e arrestato) e scarcerato per un cavillo. Tra i fermati ci sono Giuseppe Di Fiore, Giovanni Pietro Flamia, Salvatore Lo Piparo, Giovanni Di Salvo, Michele Modica ed Emanuele Cecala, questi ultimi ritenuti responsabili anche di alcuni fatti di sangue.