In una biografia da poco uscita per Rizzoli, Stefania Falasca spiega per quali ragioni Angelo Giuseppe Roncalli diverrà santo senza il miracolo generalmente richiesto. Tra i motivi, anche l’eccezionale vastità del culto liturgico. L'ESTRATTO
di Stefania Falasca
La decisione di proclamare santo Giovanni XXIII è maturata nell’attuale pontefice in tempi brevi. Nel corso dei suoi primi mesi di pontificato è apparsa subito chiara l’intenzione di far salire agli onori degli altari Papa Giovanni, beatificato quattordici anni prima. E di proclamarlo santo insieme a Papa Wojtyla.
Già il 5 luglio 2013, Francesco aveva promulgato il decreto sul miracolo per intercessione del beato Giovanni Paolo II e contemporaneamente aveva approvato i voti favorevoli espressi dalla sessione ordinaria dei cardinali e dei vescovi della Congregazione delle cause dei santi per la canonizzazione pro gratia del beato Giovanni XXIII.
Due mesi dopo, il 30 settembre, il Concistoro dei cardinali e dei vescovi ratificava la decisione e comunicava al mondo la data della canonizzazione di Roncalli unita a quella di Wojtyla.
Con Papa Francesco, dunque, Giovanni XXIII viene oggi iscritto fra i santi pro gratia, per grazia. Senza il miracolo richiesto. Certamente un gesto significativo. Una procedura eccezionale.
Secondo l’attuale normativa canonica, infatti, si può accedere alla canonizzazione solo dopo l’approvazione di un miracolo attribuito all’intercessione di un candidato al culto della Chiesa universale, sia esso martire che confessore della fede, già beatificato.
I miracoli in una causa di canonizzazione hanno una rilevanza centrale perché sono una conferma della santità della persona invocata.
Il loro riconoscimento consente pertanto di dare con sicurezza la concessione del culto. Non è tuttavia una novità assoluta la proclamazione della santità sulla base di altri fondati elementi e motivazioni che possono sostituirsi a un miracolo scientificamente e teologicamente dimostrato.
Nella storia recente delle canonizzazioni un’eccezione alla prassi è rappresentata, per esempio, dai martiri cinesi (Agostino Zhao Rong e i suoi centodiciannove compagni) proclamati santi da Giovanni Paolo II nel 2000.
I martiri, di cui la Chiesa fa memoria il 9 luglio, sono arrivati alla beatificazione con regolare procedura in momenti diversi. Le loro cause sono state poi unificate e, con la firma del decreto De Signis, Giovanni Paolo II, dispensando ciascuno di essi dal miracolo, li ha iscritti direttamente fra i santi il 1° ottobre dell’anno del Grande Giubileo.
Gli elementi che portarono a questa determinazione da parte di Papa Wojtyla furono l’indiscussa e crescente fama signorum (cioè una fama di segni e miracoli), a loro attribuita dopo la beatificazione, e l’influsso particolare che la loro memoria aveva esercitato nella perseveranza della fede in contesti estremi e difficili.
Una canonizzazione pro gratia non rappresenta perciò né una scorciatoia né una semplificazione né una decisione arbitraria. Ciò che interessa sono le motivazioni per le quali Papa Francesco ha potuto determinarla nel caso di Giovanni XXIII. Per poter procedere alla sua canonizzazione pur in assenza di un miracolo formalmente riconosciuto, Bergoglio ha accolto con favore e fatto proprie le motivazioni presentate dalla Congregazione delle cause dei santi su istanza della postulazione della causa di Giovanni XXIII.
Nel giugno 2013, la postulazione generale dell’Ordine dei frati minori, alla quale fin dall’inizio era stata affidata la causa di beatificazione e canonizzazione di Giovanni XXIII,facendosi interprete dell’attesa di molti vescovi, sacerdoti, comunità religiose e laici, aveva formulato una supplica a Papa Francesco al fine di perorare la sua canonizzazione.
Nella supplica, riportata nella Positio super canonizatione, veniva scritto:
La postulazione chiede umilmente e fiduciosamente a Vostra Santità la canonizzazione di questo Sommo Pontefice, che con la sua vita e il suo esempio ha segnato, in modo indelebile, la storia della Chiesa. La procedura canonica prevede che si acceda alla canonizzazione formale solo dopo l’approvazione di un miracolo, attribuito alla intercessione del candidato già beato. Nel caso di Papa Giovanni è nostro umile e riverente auspicio che Vostra Santità, in forza del suo ministero petrino, voglia dispensare da tale prassi e concedere pro gratia l’auspicata canonizzazione.
La supplica motivava così le ragioni elencando le seguenti considerazioni.
Primo: «Il regolare percorso della causa fino alla beatificazione inclusa (approvazione degli scritti, meticolosa ricostruzione della vita, decreti sulle virtù e sul miracolo)».
Secondo: «L’eccezionale vastità del culto liturgico (concesso dalla Santa Sede a diverse diocesi del mondo) e della fama sanctitatis et signorum, che accompagna nel Popolo di Dio la memoria di Giovanni XXIII».
Terzo: «La richiesta di padri del Concilio Vaticano II che, subito dopo la morte del Papa, auspicarono la sua immediata canonizzazione come atto del Concilio stesso».
Quarto: «L’indiscussa attualità della figura e dell’opera di Giovanni XXIII».
Le ragioni principali della richiesta sono quindi due. La prima è l’eccezionale vastità del culto liturgico già reso al beato, che la Santa Sede ha concesso a diverse diocesi del mondo e che ha pertanto fatto configurare la memoria liturgica di Giovanni XXIII già da adesso come simile a quella di un santo canonizzato.
A questo culto si unisce inoltre una crescente fama di segni e miracoli che accompagna nel Popolo di Dio la memoria del beato, tanto che a partire dal giorno della sua beatificazione la postulazione ha potuto raccogliere da tutto il mondo numerose segnalazioni di grazie e favori ottenuti per intercessione del beato, spesso accompagnate da documentazione medica.
La seconda importante motivazione è data dalla richiesta di quei padri del Concilio Vaticano II che, subito dopo la morte di Roncalli, auspicarono la sua immediata canonizzazione addirittura come atto del Concilio stesso. Nel pieno del Concilio Vaticano II si voleva infatti concludere l’intervento sul De Ecclesia richiedendo una canonizzazione per acclamazione di Papa Roncalli. Una richiesta condivisa da tanti altri padri conciliari e da moltitudini di fedeli, i quali fin da allora domandavano di non esigere da Giovanni XXIII i miracoli rituali necessari per proclamarlo santo. Nessun candidato alla canonizzazione può oggi vantare una simile eccezionalità: un culto liturgico già diffuso nella Chiesa universale e una richiesta di canonizzazione per acclamazione espressa in un Concilio.
Queste, dunque, le principali ragioni che Papa Francesco ha approvato per ritenere di procedere alla canonizzazione del beato Giovanni XXIII. Ragioni che sono supportate da altre due considerazioni: quella che il lungo processo di canonizzazione, con il decreto sull’eroicità delle virtù e sul miracolo, ha definitivamente reso limpido e garantito così l’autenticità della fama di santità e di miracoli; e quella dell’opportunità pastorale di riconoscere, nel tempo presente, la piena santità di Roncalli.
Proprietà letteraria riservata © 2014 RCS Libri S.p.A. Milano
Tratto da Stefania Falasca, Giovanni XXIII, in una carezza la rivoluzione, Rizzoli, pp.216, euro 17, Rizzoli
Stefania Falasca, giornalista dell’“Avvenire”, collabora dal 2006 con la Congregazione delle cause dei santi. Ha conseguito il dottorato di ricerca con una tesi sugli scritti di Giovanni Paolo I. Tra i suoi libri Mio fratello Albino. Ricordi e memorie della sorella di Papa Luciani (2003) e Un vescovo contro Hitler. Von Galen, Pio XII e la resistenza al nazismo (2006).
La decisione di proclamare santo Giovanni XXIII è maturata nell’attuale pontefice in tempi brevi. Nel corso dei suoi primi mesi di pontificato è apparsa subito chiara l’intenzione di far salire agli onori degli altari Papa Giovanni, beatificato quattordici anni prima. E di proclamarlo santo insieme a Papa Wojtyla.
Già il 5 luglio 2013, Francesco aveva promulgato il decreto sul miracolo per intercessione del beato Giovanni Paolo II e contemporaneamente aveva approvato i voti favorevoli espressi dalla sessione ordinaria dei cardinali e dei vescovi della Congregazione delle cause dei santi per la canonizzazione pro gratia del beato Giovanni XXIII.
Due mesi dopo, il 30 settembre, il Concistoro dei cardinali e dei vescovi ratificava la decisione e comunicava al mondo la data della canonizzazione di Roncalli unita a quella di Wojtyla.
Con Papa Francesco, dunque, Giovanni XXIII viene oggi iscritto fra i santi pro gratia, per grazia. Senza il miracolo richiesto. Certamente un gesto significativo. Una procedura eccezionale.
Secondo l’attuale normativa canonica, infatti, si può accedere alla canonizzazione solo dopo l’approvazione di un miracolo attribuito all’intercessione di un candidato al culto della Chiesa universale, sia esso martire che confessore della fede, già beatificato.
I miracoli in una causa di canonizzazione hanno una rilevanza centrale perché sono una conferma della santità della persona invocata.
Il loro riconoscimento consente pertanto di dare con sicurezza la concessione del culto. Non è tuttavia una novità assoluta la proclamazione della santità sulla base di altri fondati elementi e motivazioni che possono sostituirsi a un miracolo scientificamente e teologicamente dimostrato.
Nella storia recente delle canonizzazioni un’eccezione alla prassi è rappresentata, per esempio, dai martiri cinesi (Agostino Zhao Rong e i suoi centodiciannove compagni) proclamati santi da Giovanni Paolo II nel 2000.
I martiri, di cui la Chiesa fa memoria il 9 luglio, sono arrivati alla beatificazione con regolare procedura in momenti diversi. Le loro cause sono state poi unificate e, con la firma del decreto De Signis, Giovanni Paolo II, dispensando ciascuno di essi dal miracolo, li ha iscritti direttamente fra i santi il 1° ottobre dell’anno del Grande Giubileo.
Gli elementi che portarono a questa determinazione da parte di Papa Wojtyla furono l’indiscussa e crescente fama signorum (cioè una fama di segni e miracoli), a loro attribuita dopo la beatificazione, e l’influsso particolare che la loro memoria aveva esercitato nella perseveranza della fede in contesti estremi e difficili.
Una canonizzazione pro gratia non rappresenta perciò né una scorciatoia né una semplificazione né una decisione arbitraria. Ciò che interessa sono le motivazioni per le quali Papa Francesco ha potuto determinarla nel caso di Giovanni XXIII. Per poter procedere alla sua canonizzazione pur in assenza di un miracolo formalmente riconosciuto, Bergoglio ha accolto con favore e fatto proprie le motivazioni presentate dalla Congregazione delle cause dei santi su istanza della postulazione della causa di Giovanni XXIII.
Nel giugno 2013, la postulazione generale dell’Ordine dei frati minori, alla quale fin dall’inizio era stata affidata la causa di beatificazione e canonizzazione di Giovanni XXIII,facendosi interprete dell’attesa di molti vescovi, sacerdoti, comunità religiose e laici, aveva formulato una supplica a Papa Francesco al fine di perorare la sua canonizzazione.
Nella supplica, riportata nella Positio super canonizatione, veniva scritto:
La postulazione chiede umilmente e fiduciosamente a Vostra Santità la canonizzazione di questo Sommo Pontefice, che con la sua vita e il suo esempio ha segnato, in modo indelebile, la storia della Chiesa. La procedura canonica prevede che si acceda alla canonizzazione formale solo dopo l’approvazione di un miracolo, attribuito alla intercessione del candidato già beato. Nel caso di Papa Giovanni è nostro umile e riverente auspicio che Vostra Santità, in forza del suo ministero petrino, voglia dispensare da tale prassi e concedere pro gratia l’auspicata canonizzazione.
La supplica motivava così le ragioni elencando le seguenti considerazioni.
Primo: «Il regolare percorso della causa fino alla beatificazione inclusa (approvazione degli scritti, meticolosa ricostruzione della vita, decreti sulle virtù e sul miracolo)».
Secondo: «L’eccezionale vastità del culto liturgico (concesso dalla Santa Sede a diverse diocesi del mondo) e della fama sanctitatis et signorum, che accompagna nel Popolo di Dio la memoria di Giovanni XXIII».
Terzo: «La richiesta di padri del Concilio Vaticano II che, subito dopo la morte del Papa, auspicarono la sua immediata canonizzazione come atto del Concilio stesso».
Quarto: «L’indiscussa attualità della figura e dell’opera di Giovanni XXIII».
Le ragioni principali della richiesta sono quindi due. La prima è l’eccezionale vastità del culto liturgico già reso al beato, che la Santa Sede ha concesso a diverse diocesi del mondo e che ha pertanto fatto configurare la memoria liturgica di Giovanni XXIII già da adesso come simile a quella di un santo canonizzato.
A questo culto si unisce inoltre una crescente fama di segni e miracoli che accompagna nel Popolo di Dio la memoria del beato, tanto che a partire dal giorno della sua beatificazione la postulazione ha potuto raccogliere da tutto il mondo numerose segnalazioni di grazie e favori ottenuti per intercessione del beato, spesso accompagnate da documentazione medica.
La seconda importante motivazione è data dalla richiesta di quei padri del Concilio Vaticano II che, subito dopo la morte di Roncalli, auspicarono la sua immediata canonizzazione addirittura come atto del Concilio stesso. Nel pieno del Concilio Vaticano II si voleva infatti concludere l’intervento sul De Ecclesia richiedendo una canonizzazione per acclamazione di Papa Roncalli. Una richiesta condivisa da tanti altri padri conciliari e da moltitudini di fedeli, i quali fin da allora domandavano di non esigere da Giovanni XXIII i miracoli rituali necessari per proclamarlo santo. Nessun candidato alla canonizzazione può oggi vantare una simile eccezionalità: un culto liturgico già diffuso nella Chiesa universale e una richiesta di canonizzazione per acclamazione espressa in un Concilio.
Queste, dunque, le principali ragioni che Papa Francesco ha approvato per ritenere di procedere alla canonizzazione del beato Giovanni XXIII. Ragioni che sono supportate da altre due considerazioni: quella che il lungo processo di canonizzazione, con il decreto sull’eroicità delle virtù e sul miracolo, ha definitivamente reso limpido e garantito così l’autenticità della fama di santità e di miracoli; e quella dell’opportunità pastorale di riconoscere, nel tempo presente, la piena santità di Roncalli.
Proprietà letteraria riservata © 2014 RCS Libri S.p.A. Milano
Tratto da Stefania Falasca, Giovanni XXIII, in una carezza la rivoluzione, Rizzoli, pp.216, euro 17, Rizzoli
Stefania Falasca, giornalista dell’“Avvenire”, collabora dal 2006 con la Congregazione delle cause dei santi. Ha conseguito il dottorato di ricerca con una tesi sugli scritti di Giovanni Paolo I. Tra i suoi libri Mio fratello Albino. Ricordi e memorie della sorella di Papa Luciani (2003) e Un vescovo contro Hitler. Von Galen, Pio XII e la resistenza al nazismo (2006).