L'accusa è di non aver usato il defibrillatore, che "avrebbe dato qualche chance in più di sopravvivere" al calciatore dopo l'arresto cardiaco durante una partita di calcio del 14 aprile 2012. Il processo inizierà a dicembre
A giudizio per omicidio colposo i tre medici indagati per la morte di Piermario Morosini allo stadio Adriatico il 14 aprile 2012 durante Pescara-Livorno. Lo ha deciso il gup di Pescara, Luca De Ninis, accogliendo la richiesta del pm Valentina D'Agostino. Si tratta dei medici del Livorno Manlio Porcellini, del Pescara Ernesto Sabatini e del 118 di Pescara Vito Molfese.
Morosini morì per arresto cardiaco dovuto ad una cardiomiopatia aritmogena. Il processo a carico dei tre medici è stato fissato per il primo dicembre 2014, dinanzi al Tribunale Monocratico, giudice Nicola Colantonio. Cardine del procedimento la perizia presentata dai consulenti nominati dal Gip, Vittorio Fineschi, Francesco Della Corte e Riccardo Cappato, in cui i tre professionisti sostennero che i tre medici "dovevano usare il defibrillatore semi-automatico, disponibile quel giorno".
La perizia - L'uso del defibrillatore "avrebbe dato qualche chance in più di sopravvivere".
Cardine del procedimento la perizia presentata dai consulenti nominati dal Gip, Vittorio Fineschi, Francesco Della Corte e Riccardo Cappato, in cui i tre professionisti sostennero che i tre medici "dovevano usare il defibrillatore semi-automatico, disponibile quel giorno".
Sempre nella perizia si legge che "ciascuno dei medici intervenuti è chiamato a detenere, nel proprio patrimonio di conoscenza professionale, il valore insostituibile del defibrillatore semi-automatico nella diagnosi del ritmo sottostante e, in caso di fibrillazione ventricolare, il valore cruciale nell'influenzare le chance di sopravvivenza della vittima di collasso".
Le conclusioni dei periti del Gip non si discostano molto dalla perizia a suo tempo predisposta per il pm D'Agostino dal medico legale che eseguì l'autopsia, Cristian D'Ovidio.
Morosini morì per arresto cardiaco dovuto ad una cardiomiopatia aritmogena. Il processo a carico dei tre medici è stato fissato per il primo dicembre 2014, dinanzi al Tribunale Monocratico, giudice Nicola Colantonio. Cardine del procedimento la perizia presentata dai consulenti nominati dal Gip, Vittorio Fineschi, Francesco Della Corte e Riccardo Cappato, in cui i tre professionisti sostennero che i tre medici "dovevano usare il defibrillatore semi-automatico, disponibile quel giorno".
La perizia - L'uso del defibrillatore "avrebbe dato qualche chance in più di sopravvivere".
Cardine del procedimento la perizia presentata dai consulenti nominati dal Gip, Vittorio Fineschi, Francesco Della Corte e Riccardo Cappato, in cui i tre professionisti sostennero che i tre medici "dovevano usare il defibrillatore semi-automatico, disponibile quel giorno".
Sempre nella perizia si legge che "ciascuno dei medici intervenuti è chiamato a detenere, nel proprio patrimonio di conoscenza professionale, il valore insostituibile del defibrillatore semi-automatico nella diagnosi del ritmo sottostante e, in caso di fibrillazione ventricolare, il valore cruciale nell'influenzare le chance di sopravvivenza della vittima di collasso".
Le conclusioni dei periti del Gip non si discostano molto dalla perizia a suo tempo predisposta per il pm D'Agostino dal medico legale che eseguì l'autopsia, Cristian D'Ovidio.