Il padre e la madre dell'attivista di Greenpeace arrestato in Russia sono stati ricevuti dal consigliere diplomatico del Quirinale. "Ha fame e freddo, è dimagrito di parecchi chili", raccontano. In un mese sono riusciti a sentirlo una sola volta
"Cristian è un ragazzo che soffre fisicamente il freddo e la fame, è dimagrito parecchi chili. Non ha accesso all'acqua potabile, deve prima bollire l'acqua e poi berla". A parlare è Raffaela Ruggiero, la madre di Cristian D'Alessandro, l'attivista italiano arrestato con gli altri 29 membri dell'equipaggio dell'Arctic Sunrise, che descrive la situazione del figlio nel carcere di Murmansk a 37 giorni dall'inizio della detenzione. Impossibile incontrare il giovane, "può vedere solo l'avvocato e il console" spiega ancora la madre.
La situazione peggiora - I genitori di Cristian hanno incontrato la stampa presso la sede romana di Greenpeace dopo l'incontro al Quirinale con l'ambasciatore Antonio Zanardi Landi, consigliere diplomatico del Presidente della Repubblica. All'inizio della detenzione di Cristian "il console che gli fa regolarmente visita ci assicurava che Cristian stava bene, sia dal punto di vista fisico che psicologico, oggi ci dice che sta 'benino'. La situazione deve essere cambiata, perché una condizione dura può piegare qualunque tempra", aggiunge la madre di Cristian che rivolge anche un appello a Putin. "A Putin mi rivolgo come a un padre, una persona di buon senso, perché faccia un atto di clemenza".
Una sola telefonata in un mese - Difficile, per la famiglia, anche avere dei contatti diretti con Cristian. "I ragazzi hanno una scheda per telefonare - racconta il padre di Cristian, Aristide D'Alessandro - ma se vogliono farlo devono prima inoltrare una richiesta indicando giorno e ora esatti della telefonata e poi aspettare l'autorizzazione. Ma per un motivo o per un altro c'é sempre qualche inconveniente e da quando Cristian è stato arrestato siamo riusciti a sentirlo una sola volta". E tanta è stata l'emozione, quella volta, che "non mi ricordo che cosa ci siamo detti". In 37 giorni, i genitori sono riusciti dunque a sentire Cristian al telefono una sola volta e hanno ricevuto da lui una sola lettera, scritta 15 giorni dopo l'arresto, in cui "Cristian si preoccupa di noi, ci rassicura, ma sottolinea anche che non si sono pentiti di ciò che hanno fatto, e usa il plurale perché il loro è un intento comune e pacifico", sottolinea la madre.
L'accusa è passata da pirateria a teppismo - I 29 attivisti non sono più accusati di pirateria, reato che prevede una pena fino a 15 anni, ma l'imputazione è stata derubricata a vandalismo, per il quale, in ogni caso, rischiano fino a sette anni. Il padre di Cristian, Aristide D'Alessandro, dichiara: "Da un certo punto di vista è un segnale positivo perché può essere letta come l'apertura al dialogo con i Paesi coinvolti, ma resta un'accusa sproposita per dei ragazzi pacifisti che dell'Artico si occupano perché vogliono un mondo migliore". Per il reato di vandalismo, la legge russa prevede fino a 7 anni di carcere, meno dei 15 previsti per la pirateria, "ma anche se fossero 2 anni si tratta sempre di tempi ingiusti per dei ragazzi che non hanno fatto nulla di male se non richiamare l'attenzione su un problema, quello dell'Artico, che riguarda tutto il mondo".
La situazione peggiora - I genitori di Cristian hanno incontrato la stampa presso la sede romana di Greenpeace dopo l'incontro al Quirinale con l'ambasciatore Antonio Zanardi Landi, consigliere diplomatico del Presidente della Repubblica. All'inizio della detenzione di Cristian "il console che gli fa regolarmente visita ci assicurava che Cristian stava bene, sia dal punto di vista fisico che psicologico, oggi ci dice che sta 'benino'. La situazione deve essere cambiata, perché una condizione dura può piegare qualunque tempra", aggiunge la madre di Cristian che rivolge anche un appello a Putin. "A Putin mi rivolgo come a un padre, una persona di buon senso, perché faccia un atto di clemenza".
Una sola telefonata in un mese - Difficile, per la famiglia, anche avere dei contatti diretti con Cristian. "I ragazzi hanno una scheda per telefonare - racconta il padre di Cristian, Aristide D'Alessandro - ma se vogliono farlo devono prima inoltrare una richiesta indicando giorno e ora esatti della telefonata e poi aspettare l'autorizzazione. Ma per un motivo o per un altro c'é sempre qualche inconveniente e da quando Cristian è stato arrestato siamo riusciti a sentirlo una sola volta". E tanta è stata l'emozione, quella volta, che "non mi ricordo che cosa ci siamo detti". In 37 giorni, i genitori sono riusciti dunque a sentire Cristian al telefono una sola volta e hanno ricevuto da lui una sola lettera, scritta 15 giorni dopo l'arresto, in cui "Cristian si preoccupa di noi, ci rassicura, ma sottolinea anche che non si sono pentiti di ciò che hanno fatto, e usa il plurale perché il loro è un intento comune e pacifico", sottolinea la madre.
L'accusa è passata da pirateria a teppismo - I 29 attivisti non sono più accusati di pirateria, reato che prevede una pena fino a 15 anni, ma l'imputazione è stata derubricata a vandalismo, per il quale, in ogni caso, rischiano fino a sette anni. Il padre di Cristian, Aristide D'Alessandro, dichiara: "Da un certo punto di vista è un segnale positivo perché può essere letta come l'apertura al dialogo con i Paesi coinvolti, ma resta un'accusa sproposita per dei ragazzi pacifisti che dell'Artico si occupano perché vogliono un mondo migliore". Per il reato di vandalismo, la legge russa prevede fino a 7 anni di carcere, meno dei 15 previsti per la pirateria, "ma anche se fossero 2 anni si tratta sempre di tempi ingiusti per dei ragazzi che non hanno fatto nulla di male se non richiamare l'attenzione su un problema, quello dell'Artico, che riguarda tutto il mondo".