"Sulla barca eravamo 518" hanno detto i sopravvissuti alla delegazione di parlamentari sull'isola. Nell'hangar dell'aeroporto la cerimonia in memoria dei morti già accertati, i cui corpi giacciono in 111 bare senza nome. Boldrini: "Repressione non serve"
Intanto, oggi 5 ottobre, si tenuta nell’hangar dell’aeroporto la commemorazione per i 111 morti accertati. Tutti ancora senza nome, solo un numero a identificarli. Forse, tra mesi, si riuscirà a ricostruire l'identità di qualcuno. Una fila di bare lunga quaranta metri ad accogliere i loro corpi (FOTO). La bara più piccola è lunga meno di un metro. E’ quella col numero "93" dove giace il corpo del più piccolo dei quattro bimbi morti e recuperati, 12 mesi di vita appena.
Alla cerimonia hanno partecipato i sopravvissuti, molti dei quali non ce l'hanno fatta e sono stati portati fuori a braccia dai soccorritori e dagli operatori umanitari che da giovedì non li abbandonano un solo istante. "Le nostre lacrime sono le vostre; le nostre preghiere sono le vostre" ha detto Don Stefano, il parroco di Lampedusa che tante ne ha viste e tanti morti ha contato. Parole ripetute in tigrino, la lingua eritrea, la lingua di questi morti senza nome. Un fiore su ogni bara. tra i presenti anche la presidente della Camera che, da Lampedusa, ha rivolto il suo monito alla politica: "Il problema non si risolve con la repressione". Accanto a lei il sindaco Giusi Nicolini ha finito ormai le lacrime: "Il pianto dei superstiti è un urlo che rompe il cervello" scrive su twitter cerimonia finita.
Il pianto dei sopravvissuti, a cui si aggiunge quello degli altri eritrei ospiti del Centro arrivati all'hangar a piedi come fossero in carovana nel deserto, dura un'ora. Poi le luci all'interno dell'hangar si abbassano e torna il silenzio, rotto solo dal rumore dell'aria condizionata.Dentro l'hangar, per il saluto ai morti, insieme a @lauraboldrini e i superstiti. Il loro pianto é un urlo che rompe il cervello.
— GiusiNicolini (@giusi_nicolini) October 5, 2013