Il giudice Di Matteo davanti alla Corte di Assise torna a chiedere la testimonianza del capo dello Stato "necessaria per i riferimenti sollevati in una lettera dal suo consulente Loris D'Ambrosio". Ingroia di nuovo in aula ma da avvocato di parte civile
E' necessario citare a deporre come teste il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. La richiesta arriva dal pm Nino Di Matteo, davanti alla Corte di Assise che celebra il processo sulla trattativa Stato-Mafia. Il nome del capo dello Stato era già nella lista testimoniale depositata ai giudici.
"L'attivismo di Mancino per sottrarsi alle indagini" - "La testimonianza del presidente della Repubblica in questo processo - ha detto Di Matteo - appare pertinente e rilevante proprio per i riferimenti sollevati dal suo consulente, il dottore Loris D'Ambrosio, nella missiva che quest'ultimo scrisse al capo dello Stato e relativo ai fatti avvenuti tra il 1989 e il 1993". Nella lettera scritta da D'Ambrosio nel giugno 2012, ha detto Di Matteo, "egli espresse il timore di essere considerato un ingenuo ed un inutile scriba di cose utili a fungere da scudo per indicibili accordi".
D'Ambrosio, scomparso un anno fa, era stato al centro di roventi polemiche in relazione ai ripetuti contatti avuti, al telefono, con il senatore Nicola Mancino che si lamentava per le indagini della Procura di Palermo e per una "mancata tutela nei suoi confronti".
Oltre 200 le richieste di testimonianze - Di Matteo ha poi aggiunto che la Procura di Palermo, in aula, si è comunque detta certa di poter provare "l'instaurazione di un canale di comunicazione tra esponenti dello Stato e di Cosa nostra. Ed in particolare tra gli ufficiali del Ros dei carabinieri e Vito Ciancimino in un arco di tempo che va tra il 23 maggio e fino all'arresto di Salvatore Riina, il 15 gennaio 1993".
Secondo l'accusa l'arresto del boss corleonese fu determinato anche dall'ex sindaco mafioso di Palermo, "Vito Ciancimino al fine di far proseguire questa comunicazione con l'ala moderata di Cosa nostra, rappresentata da Provenzano: stop alle stragi in cambio di una attenuazione del regime carcerario".
Il pm ha quindi ha confermato la lunga lista di testi, già nota da diversi mesi. Sono poco meno di 200, e tra questi figurano, oltre al capo dello Stato Giorgio Napolitano, l'ex presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, l'ex presidente della Camera Luciano Violante, gli ex ministri Vincenzo Scotti e Claudio Martelli, gli ex segretari della Dc Arnaldo Forlani e Ciriaco De Mita, l'ex premier Giuliano Amato, oltre a decine di collaboratori di giustizia, giornalisti e funzionari delle forze di polizia e di sicurezza.
Ingroia in veste di avvocato - All'udienza ha partecipato anche Antonio Ingroia, ex procuratore aggiunto di Palermo, che è ritornato nell'aula bunker di Pagliarelli non con lala toga di magistrato, ma di avvocato in rappresentanza dell'Associazione vittime dei Georgofili di Firenze, che si è costituita parte civile. Ingroia ha detto di provare "emozione, come primo giorno di scuola, come il primo giorno di udienza da Pm" e di sentirsi "anche lusingato di difendere interessi di familiari di vittime che hanno diritto a conoscere la verità su trattativa Stato-mafia. Per loro mi sono impegnato da magistrato oggi lo faccio in un'altra veste ben conscio dell'importanza".
"L'attivismo di Mancino per sottrarsi alle indagini" - "La testimonianza del presidente della Repubblica in questo processo - ha detto Di Matteo - appare pertinente e rilevante proprio per i riferimenti sollevati dal suo consulente, il dottore Loris D'Ambrosio, nella missiva che quest'ultimo scrisse al capo dello Stato e relativo ai fatti avvenuti tra il 1989 e il 1993". Nella lettera scritta da D'Ambrosio nel giugno 2012, ha detto Di Matteo, "egli espresse il timore di essere considerato un ingenuo ed un inutile scriba di cose utili a fungere da scudo per indicibili accordi".
D'Ambrosio, scomparso un anno fa, era stato al centro di roventi polemiche in relazione ai ripetuti contatti avuti, al telefono, con il senatore Nicola Mancino che si lamentava per le indagini della Procura di Palermo e per una "mancata tutela nei suoi confronti".
Oltre 200 le richieste di testimonianze - Di Matteo ha poi aggiunto che la Procura di Palermo, in aula, si è comunque detta certa di poter provare "l'instaurazione di un canale di comunicazione tra esponenti dello Stato e di Cosa nostra. Ed in particolare tra gli ufficiali del Ros dei carabinieri e Vito Ciancimino in un arco di tempo che va tra il 23 maggio e fino all'arresto di Salvatore Riina, il 15 gennaio 1993".
Secondo l'accusa l'arresto del boss corleonese fu determinato anche dall'ex sindaco mafioso di Palermo, "Vito Ciancimino al fine di far proseguire questa comunicazione con l'ala moderata di Cosa nostra, rappresentata da Provenzano: stop alle stragi in cambio di una attenuazione del regime carcerario".
Il pm ha quindi ha confermato la lunga lista di testi, già nota da diversi mesi. Sono poco meno di 200, e tra questi figurano, oltre al capo dello Stato Giorgio Napolitano, l'ex presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, l'ex presidente della Camera Luciano Violante, gli ex ministri Vincenzo Scotti e Claudio Martelli, gli ex segretari della Dc Arnaldo Forlani e Ciriaco De Mita, l'ex premier Giuliano Amato, oltre a decine di collaboratori di giustizia, giornalisti e funzionari delle forze di polizia e di sicurezza.
Ingroia in veste di avvocato - All'udienza ha partecipato anche Antonio Ingroia, ex procuratore aggiunto di Palermo, che è ritornato nell'aula bunker di Pagliarelli non con lala toga di magistrato, ma di avvocato in rappresentanza dell'Associazione vittime dei Georgofili di Firenze, che si è costituita parte civile. Ingroia ha detto di provare "emozione, come primo giorno di scuola, come il primo giorno di udienza da Pm" e di sentirsi "anche lusingato di difendere interessi di familiari di vittime che hanno diritto a conoscere la verità su trattativa Stato-mafia. Per loro mi sono impegnato da magistrato oggi lo faccio in un'altra veste ben conscio dell'importanza".