Il verdetto a carico dell'ex premier ha confermato i 4 anni di reclusione (di cui 3 coperti da indulto) ma rimanda alla Corte d'Appello di Milano la parte sulla pena accessoria. La lettura della sentenza (VIDEO). AGGIORNAMENTI E REAZIONI
La sentenza della Cassazione nel processo Mediaset a carico di Silvio Berlusconi ha confermato la condanna in primo e secondo grado a 4 anni di reclusione, di cui 3 coperti da indulto, ma ha rimandato alla corte d'appello di Milano la definizione della pena accessoria precedentemente quantificata in 5 anni per frode fiscale. I giudici si sono riuniti in camera di consiglio intorno alle 12:30 e sono rimasti chiusi fino alle 19.
La sentenza - La Cassazione ha stabilito che dovrà essere rifatto un processo d'appello bis a Milano nei confronti di Silvio Berlusconi solo per rideterminare la durata dell'interdizione L'articolo 12 del decreto legislativo stabilisce che, in caso di condanna per frode fiscale si applica, come pena accessoria, "l'interdizione dai pubblici uffici per un periodo non inferiore ad un anno e non superiore a tre anni". I giudici di Milano, censurati sul punto dalla Cassazione, avevano, invece, applicato le disposizioni generali in materia di interdizione dai pubblici uffici, le quali stabiliscono che ''la condanna alla reclusione per un tempo non inferiore a tre anni importa l'interdizione dai pubblici uffici per la durata di cinque anni'', quanti ne erano stati previsti per il Cavaliere sia in primo che in secondo grado.
La notizia della conferma della condanna di Berlusconi è subito diventata una breaking news sui siti delle maggiori testate internazionali (le foto).
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La sentenza - La Cassazione ha stabilito che dovrà essere rifatto un processo d'appello bis a Milano nei confronti di Silvio Berlusconi solo per rideterminare la durata dell'interdizione L'articolo 12 del decreto legislativo stabilisce che, in caso di condanna per frode fiscale si applica, come pena accessoria, "l'interdizione dai pubblici uffici per un periodo non inferiore ad un anno e non superiore a tre anni". I giudici di Milano, censurati sul punto dalla Cassazione, avevano, invece, applicato le disposizioni generali in materia di interdizione dai pubblici uffici, le quali stabiliscono che ''la condanna alla reclusione per un tempo non inferiore a tre anni importa l'interdizione dai pubblici uffici per la durata di cinque anni'', quanti ne erano stati previsti per il Cavaliere sia in primo che in secondo grado.
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