La procura di Napoli che indaga Berlusconi, Lavitola e De Gregoria in merito alla presunta corruzione di eletti per far cadere il governo Prodi nel 2006 vuole saltare l'udienza preliminare. In giornata sentito come testimone il professore bolognese
I pm di Napoli si avviano a chiedere il giudizio immediato per Silvio Berlusconi, Valter Lavitola e Sergio De Gregorio, accusati di corruzione e finanziamento illecito nell'ambito dell'inchiesta sul passaggio di De Gregorio al centrodestra per affossare il governo Prodi, e raccolgono testimonianze per completare il quadro indiziario. Per questo motivo, tra ieri e oggi, nella sede della Direzione nazionale antimafia a Roma, hanno ascoltato lo stesso Prodi, il presidente dell'Idv Antonio Di Pietro, e i senatori Anna Finocchiaro, Nello Formisano e Giuseppe Caforio.
Le ipotesi dell'accusa - Ai protagonisti di quella tormentata stagione, magistrati e ufficiali della Guardia di Finanza hanno rivolto domande sulla situazione politica, sugli schieramenti in Senato, dove il divario tra i due blocchi era di pochi voti, sul comportamento di alcuni senatori. Secondo l'accusa, infatti, Berlusconi avrebbe fatto della corruzione un metodo per sottrarre senatori al centrosinistra e provocare in questo modo la caduta del governo Prodi. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, alcuni, come De Gregorio, accettarono in cambio di denaro (l'ex presidente della commissione Difesa ha dichiarato di avere ricevuto tre milioni); altri, come Giuseppe Caforio e Nino Randazzo, invece rifiutarono. Proprio Sergio De Gregorio, negli interrogatori resi nei mesi scorsi ai pm, ha riferito dei contatti intercorsi con Caforio e ha ricordato la burrascosa seduta del Senato quando Anna Finocchiaro, adombrando la possibilità che alcuni parlamentari si fossero lasciati corrompere, fece il gesto delle manette.
Verso il giudizio immediato - I pm titolari dell'inchiesta (i procuratori aggiunti Francesco Greco e Federico Cafiero de Raho e i sostituti Henry John Woodcock, Francesco Curcio, Vincenzo Piscitelli, Alessandro Milita e Fabrizio Vanorio) potrebbero chiedere nei prossimi giorni al gip di fissare la data d'inizio del processo "saltando" l'udienza preliminare: una mossa dettata, a quanto si è appreso, dalla decisione di Silvio Berlusconi di non essere interrogato in nessuna delle tre date indicate dai magistrati, il 5, il 7 e il 9 marzo, e di non fornirne una alternativa.
Critiche dal Pdl - La decisione dei pm napoletani di sentire Prodi non è piaciuta al Pdl. Per il capogruppo al Senato Maurizio Gasparri "è davvero sconcertante che si pensi di interrogare Romano Prodi per sapere come è caduto il suo governo. Forse bisognerebbe partire dai dati elettorali del 2006, quando la coalizione di centrosinistra guidata da Prodi prese al Senato 400 mila voti in meno della coalizione di centrodestra. Il centrosinistra si fermò al 48,96 per cento, mentre il centrodestra arrivò al 50,21 per cento". Secondo Gaetano Quagliariello, vicecapogruppo vicario al Senato, il governo Prodi "sopravvisse per ben due anni al passaggio del senatore De Gregorio dalla maggioranza all'opposizione e cadde per l'iniziativa della magistratura di Santa Maria Capua Vetere che, pur territorialmente incompetente, arrestò la moglie dell'allora Guardasigilli Clemente Mastella".
Le ipotesi dell'accusa - Ai protagonisti di quella tormentata stagione, magistrati e ufficiali della Guardia di Finanza hanno rivolto domande sulla situazione politica, sugli schieramenti in Senato, dove il divario tra i due blocchi era di pochi voti, sul comportamento di alcuni senatori. Secondo l'accusa, infatti, Berlusconi avrebbe fatto della corruzione un metodo per sottrarre senatori al centrosinistra e provocare in questo modo la caduta del governo Prodi. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, alcuni, come De Gregorio, accettarono in cambio di denaro (l'ex presidente della commissione Difesa ha dichiarato di avere ricevuto tre milioni); altri, come Giuseppe Caforio e Nino Randazzo, invece rifiutarono. Proprio Sergio De Gregorio, negli interrogatori resi nei mesi scorsi ai pm, ha riferito dei contatti intercorsi con Caforio e ha ricordato la burrascosa seduta del Senato quando Anna Finocchiaro, adombrando la possibilità che alcuni parlamentari si fossero lasciati corrompere, fece il gesto delle manette.
Verso il giudizio immediato - I pm titolari dell'inchiesta (i procuratori aggiunti Francesco Greco e Federico Cafiero de Raho e i sostituti Henry John Woodcock, Francesco Curcio, Vincenzo Piscitelli, Alessandro Milita e Fabrizio Vanorio) potrebbero chiedere nei prossimi giorni al gip di fissare la data d'inizio del processo "saltando" l'udienza preliminare: una mossa dettata, a quanto si è appreso, dalla decisione di Silvio Berlusconi di non essere interrogato in nessuna delle tre date indicate dai magistrati, il 5, il 7 e il 9 marzo, e di non fornirne una alternativa.
Critiche dal Pdl - La decisione dei pm napoletani di sentire Prodi non è piaciuta al Pdl. Per il capogruppo al Senato Maurizio Gasparri "è davvero sconcertante che si pensi di interrogare Romano Prodi per sapere come è caduto il suo governo. Forse bisognerebbe partire dai dati elettorali del 2006, quando la coalizione di centrosinistra guidata da Prodi prese al Senato 400 mila voti in meno della coalizione di centrodestra. Il centrosinistra si fermò al 48,96 per cento, mentre il centrodestra arrivò al 50,21 per cento". Secondo Gaetano Quagliariello, vicecapogruppo vicario al Senato, il governo Prodi "sopravvisse per ben due anni al passaggio del senatore De Gregorio dalla maggioranza all'opposizione e cadde per l'iniziativa della magistratura di Santa Maria Capua Vetere che, pur territorialmente incompetente, arrestò la moglie dell'allora Guardasigilli Clemente Mastella".