Storia di Alex, clandestino nel Paese in cui è nato

Cronaca

Origini algerine, 21 anni, il ragazzo vive da sempre in provincia di Milano, ma non è cittadino italiano. Così, in seguito a una condanna per spaccio, gli è stato ordinato di lasciare l'Italia. E vive da irregolare nell'unico Paese che sente suo. VIDEO

di Giulia Floris

"Straniero: che è di un altro Paese, che non ha relazione di Patria con la persona o la cosa di cui si parla". Alex ha 21 anni, è nato e cresciuto in Italia, veste come tutti i ragazzi italiani della sua età e ha l’inconfondibile accento dell’hinterland milanese. Eppure per le autorità italiane Alex è uno straniero che, a causa di una condanna, non ha più il diritto di restare in Italia.

Nell’estate del 2011, Alex ha infatti patteggiato una condanna a un anno di reclusione e 4mila euro di multa per traffico di stupefacenti. In seguito è stato sorpreso a guidare una moto senza patente, ed è stato oggetto di altri controlli di polizia e di piccoli guai. Per la Questura di Milano (e poi per il tribunale che ha respinto il riscorso presentato da Alex) "la gravità del reato commesso dallo straniero" "rappresenta un indice sintomatico della pericolosità sociale dello stesso" tale da revocargli, un anno dopo la condanna, il permesso di soggiorno.

"Non sono un pusher - si difende Alex - ero a Riccione e volevo farmi solo le vacanze facili. Ho sempre lavorato e ora la sto pagando cara". Forse Alex non dice tutta la verità, ma questo conta poco. Di fatto, al compimento dei 18 anni aveva un anno di tempo per chiedere la cittadinanza per nascita, proprio come ha poi fatto sua sorella, ma non l’ha fatto. "Ho preso questa cosa con leggerezza – si sfoga adesso –avevo la carta di soggiorno e pensavo bastasse. Mi ero sempre sentito italiano, fino ad ora". Ora invece, da un giorno all'altro, in attesa dell'appello depositato dal suo legale, Alex si trova a vivere da clandestino in quello che per lui è il suo Paese: "Non posso più avere un lavoro regolare, rinnovare la tessera sanitaria, compiere una qualunque operazione burocratica. Se non mi ridanno i documenti sono rovinato. In Algeria sono stato solo qualche volta in vacanza".

La storia della famiglia di Alex in Italia comincia nel 1988 quando sua madre, algerina, è arrivata nel nostro Paese. Da allora ha sempre lavorato, "arrivando ad avere una impresa di pulizia tutta sua", racconta Alex con orgoglio. Una lavoratrice regolare che qui ha costruito la sua famiglia e fatto crescere i suoi figli.
Interpellato sul caso, il dottor Giuseppe De Angelis, dirigente dell’ufficio immigrazione della Questura di Milano ribadisce che "la legge è molto chiara: non può restare in Italia chi è condannato per un reato di stupefacenti". "Se il soggetto – continua De Angelis - compiuti i 18 anni non ha chiesto di diventare cittadino italiano per noi si tratta di una scelta molto chiara di restare radicato al suo Paese d’origine".

Secondo l’avvocato che assiste il ragazzo però "ci sono sentenze della Cassazione che dicono che chi convive con un parente italiano, come per Alex la sorella, non può essere espulso nemmeno dopo una condanna per stupefacenti, ma il giudice che ha respinto il nostro ricorso ha ritenuto il costo dato dal reato di stupefacenti più forte di qualunque altro elemento". "Quella di Alex è una famiglia italiana a tutti gli effetti – continua il legale - ma è come se a questo ragazzo si fosse applicato come un modulo prestampato, che non tiene affatto conto della sua situazione personale".

La situazione di Alex - giovane nato e cresciuto in Italia da genitori stranieri - non è un caso raro o isolato. Basta pensare che secondo gli ultimi dati Istat disponibili, aggiornati al 1 gennaio 2011, sono oltre un milione i minori stranieri presenti in Italia, più di 650mila dei quali nati nel nostro Paese. Dal 2000 al 2011, dice poi un dossiere dell'Anci, i minori con cittadinanza straniera regolarmente residenti sono aumentati del 332%, e oggi questi minori rappresentano il 21,7% della popolazione straniera e il 9,7% dei minori.
Un tema, quello della cittadinanza, che ha trovato spazio nella campagna elettorale e su cui è intervenuto anche il Capo dello Stato Napolitano. "E' un'autentica follia, un'assurdità - ha detto in uno dei suoi numerosi appelli - che dei bambini nati in Italia non diventino italiani; non viene riconosciuto loro un diritto fondamentale".

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