Stato-Mafia, chiesto il rinvio a giudizio per gli indagati

Cronaca

Tra le persone per cui la procura di Palermo ha chiesto il processo i boss Totò Riina e Leoluca Bagarella, i politici Calogero Mannino e Marcello Dell'Utri. Nicola Mancino dovrà rispondere solo di falsa testimonianza. Ingroia: "Naturale epilogo"

La Procura di Palermo ha chiuso oggi, giovedì 10 gennaio, la requisitoria dell'udienza preliminare nel procedimento per la cosiddetta trattativa Stato-mafia, chiedendo il rinvio a giudizio per tutti e 12 gli indagati. Tra di loro i boss Totò Riina e suo cognato Leoluca Bagarella, il pentito Giovanni Brusca e Antonino Cinà. Tre invece i politici: l'ex ministro Calogero Mannino, il senatore Pdl Marcello Dell'Utri e l'ex ministro dell'Interno Nicola Mancino (quest'ultimo accusato solo di falsa testimonianza). Richiesto il rinvio a giudizio anche per i generali dell'Arma Mario Mori e Antonio Subranni e l'ex colonnello Giuseppe De Donno. La posizione del boss Bernardo Provenzano invece è stata stralciata nei giorni scorsi e il boss verra' giudicato il 23 gennaio  dallo stesso gup.

Bagarella nega di aver avuto contatti con politici - Nel corso di dichiarazioni spontanee il boss Leoluca Bagarella ha negato di avere mai avuto contatti con politici di "qualsiasi" colore

Mannino ha chiesto il rito abbreviato - L'accusa - rappresentata in aula dal pm Nino Di Matteo - ha chiesto il rinvio a giudizio anche per Massimo Ciancimino, figlio del sindaco mafioso di Palermo, Vito, che risponde, oltre che della trattativa, di concorso in associazione mafiosa e calunnia aggravata. Nell'udienza odierna, svoltasi nell'aula bunker del carcere Ucciardone a Palermo, Calogero Mannino ha chiesto di essere giudicato col rito abbreviato ma il Gup Piergiorgio Morosini, si è riservato di decidere.

Ingroia: "Tra Stato e Mafia c'è sempre stata connivenza" - La richiesta è stata commentata Antonio Ingroia, l'ex pm di Palermo, ora candidato premier con la lista Rivoluzione Civile, che ha condotto le indagini prima di decidere di lasciare la Procura del capoluogo siciliano. "Il rapporto tra Stato e mafia non è mai stato di guerra senza tregua, ma di connivenza, questa è la più terribile perché c'erano ancora i cadaveri 'caldi' degli uomini dello Stato" ha detto il magistrato.

I reati contestati - I reati contestati per i presunti accordi fra Stato e mafia, risalenti al periodo delle stragi del '92-'93, sono quelli di attentato, con violenza o minaccia, a corpo politico, amministrativo o giudiziario dello Stato, tutto aggravato dall'agevolazione di Cosa nostra. Il patto sarebbe stato suggellato, secondo l'accusa, da ex ministri, per mezzo di mafiosi e il tramite di Dell'Utri, per evitare nuovi attentati: in cambio sarebbe stato offerto un ammorbidimento del 41 bis, il regime di carcere duro previsto per i detenuti legati a Cosa nostra.

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