Ilva: "1.400 operai senza lavoro per la decisione del gip"

Cronaca

Dopo il no al dissequestro dei prodotti finiti e semilavorati, l'azienda annuncia "conseguenze drammatiche". Da Genova e Novi Ligure, si fermeranno diversi impianti. A rischio 2.500 posti. Il governo: "Pronto un emendamento al decreto"

Quel milione e 700mila tonnellate di acciaio che giace sulle banchine dell'area portuale dell'Ilva per ora non si tocca: lo ha ribadito il gip del Tribunale di Taranto Patrizia Todisco rigettando la richiesta di dissequestro avanzata dall'azienda il 4 dicembre scorso attraverso il suo presidente, Bruno Ferrante. Prodotti finiti e semilavorati che valgono, sul piano commerciale, un miliardo di euro circa, e che erano destinati sia alla vendita sia al trasferimento in altri stabilimenti del gruppo Riva.
L'azienda ha reagito annunciando conseguenze "drammatiche" sul piano occupazionale ed economico. Da subito, e a cascata per le prossime settimane, "rimarranno senza lavoro circa 1.400 dipendenti", per lo più delle aree Laminazione a freddo, Tubifici e servizi correlati. I 1.400 lavoratori si andranno a sommare ai 1.200 già in cassa integrazione per crisi di mercato e per le conseguenze del tornado abbattutosi anche sul Siderurgico tarantino il 28 novembre.

A rischio anche altri impianti italiani - Non solo, l'Ilva annuncia anche la fermata a catena di impianti italiani ed esteri, ovvero di "Novi Ligure, Genova Racconigi e Salerno, dell'Hellenic Steel di Salonicco, della Tunisacier di Tunisi e di diversi stabilimenti presenti in Francia". Inoltre si fermeranno "tutti i centri di servizio Ilva, quali Torino, Milano e Padova nonche' gli impianti marittimi di Marghera e Genova'. Tutto questo comporterà "una ricaduta occupazionale su 2.500 addetti circa", in particolare 1.000 su Genova e 500 su Novi Ligure. Contro il 'no' del gip al dissequestro dei prodotti, l'Ilva ha annunciato ricorso al Tribunale del Riesame, che poi in effetti sarà il cosiddetto 'Tribunale dell'appello', avendo l'azienda già rinunciato una settimana fa al ricorso al Riesame confidando nel ritorno in possesso della merce.

Il governo: "Emendamento al decreto salva-Ilva" - Non è servito all'azienda, dunque, invocare l'entrata in vigore del decreto legge n.207, cosiddetto 'Salva-Ilva', avvenuta il 3 dicembre, provvedimento con il quale si dispone la reimmissione dell'azienda nel possesso dei beni dell'impresa. Il giudice, accogliendo integralmente il parere negativo dato dalla Procura al dissequestro della merce, ha ribadito che la legge non è retroattiva e che la reimmissione nel possesso dei beni vale, come indicato nel decreto, dalla data di entrata in vigore dello stesso. Poiché dunque quella merce è stata prodotta prima del 3 dicembre, con gli impianti dell'area a caldo sotto sequestro senza facoltà d'uso, i sigilli restano e il prodotto non può essere movimentato in alcun modo. Pronta la reazione del governo, che col ministro Clini dice: “Il Consiglio dei ministri ha deciso che il Governo presenterà un emendamento 'interpretativo' al decreto salva-Taranto. Con l'emendamento -si chiarisce che la facoltà di commercializzazione dei manufatti da parte dell'Ilva, riguarda anche quelli prodotti prima dell'entrata in vigore del decreto salva-Taranto e attualmente sottosequestro. Il ministro dell'Ambiente, Corrado Clini, domani mattina presenterà alla Camera l'emendamento governativo".

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