L'inchiesta della Procura di Napoli sul colosso italiano si allarga: coinvolti anche l'ex ministro Pdl e l'ex direttore commerciale. Sotto indagine alcune forniture, per importi "rilevantissimi", destinate ancora una volta a Panama e al Brasile
Somiglia a un vaso di Pandora l'inchiesta della procura di Napoli su Finmeccanica, che - dopo aver scoperto nei mesi scorsi presunti giri di mazzette milionarie con Panama e aver coinvolto l'ad della holding Giuseppe Orsi per la vicenda degli elicotteri 'indiani' - ora ha portato in carcere per corruzione un manager di primo piano, Paolo Pozzessere, e all'iscrizione nel registro degli indagati, tra gli altri, dell'ex ministro Claudio Scajola (L'INTERVISTA).
L'arresto di Pozzessere - ex direttore commerciale e attuale senior advisor per i rapporti con la Russia, un dirigente di cui gli inquirenti sottolineano i "rapporti privilegiati" con Orsi - gli avvisi di garanzia nei confronti di Scajola, del deputato Pdl Massimo Nicolucci e del presidente degli industriali napoletani Paolo Graziano (con le perquisizioni della casa dell'imprenditore e della sede della Confindustria locale), sono i nuovi sviluppi dell'indagine coordinata dal procuratore aggiunto Francesco Greco e dai pm Vincenzo Piscitelli e Henry John Woodcock che hanno concentrato l'attenzione su altre forniture, per importi "rilevantissimi", destinate ancora una volta a Panama e al Brasile.
Gli inquirenti sono certi di trovarsi di fronte a nuovi casi di corruzione internazionale, ovvero pagamenti di tangenti (o meglio promesse di mazzette, visto che gli affari non si sarebbero realizzati) proporzionali all'entità del business. Un sistema che appare assai consolidato tanto da far scrivere al gip Dario Russo, che ha firmato l'ordinanza di custodia in carcere di Pozzessere, di "evidenti profili di criticità" e di "preoccupante ricorso da parte di Finmeccanica e società collegate a pratiche corruttive per l'acquisizione delle commesse di governi stranieri".
Una indagine che minaccia di estendersi a macchia d'olio, visto che nel mirino degli investigatori - come si evince dall'ordinanza - sono finite anche operazioni commerciali con la Russia, con Singapore e con l'Indonesia: un affare, quest'ultimo, per il quale gli inquirenti ipotizzano il "ruolo illecito assunto in quella trattativa" dal senatore del Pdl Esteban Caselli, che avrebbe chiesto "commissioni personali per l'intervenuta sua mediazione" nella vendita di aerei ed elicotteri.
Una "pratica corruttiva" che avrebbe visto ancora una volta giocare un ruolo attivo Valter Lavitola, l'ex direttore dell'Avanti in carcere da mesi per i finanziamenti all'editoria e gli appalti per le 'carceri modulari' a Panama. Nei confronti del giornalista il gip ha respinto la richiesta di un nuovo arresto, essendo già detenuto con accuse simili, mentre ha ordinato il carcere, per concorso in corruzione internazionale, a carico di Pozzessere. Il manager - di cui il gip evidenzia la "spinta al delitto" - era sul punto di trasferirsi definitivamente in Russia e, secondo le indagini svolte dai carabinieri del Noe di Roma e dalla Digos di Napoli, aveva intenzione di farsi poi raggiungere a Mosca dalla famiglia.
Gli inquirenti contestano una promessa di 18 milioni di euro al presidente della Repubblica centramericana, Ricardo Martinelli, se fosse andata in porto la fornitura di elicotteri AgustaWestland (76,9 milioni di euro), un contratto con la Selex per un sistema di vigilanza costiero (90,5 milioni) e uno con Telespazio per la fornitura della cartografia del territorio (15,7 milioni). Complessivamente, dunque, un business da 180 milioni.
Al presidente e ad altri politici "in via di identificazione" veniva in pratica riconosciuta una mazzetta pari al 10 per cento dell'importo, "mascherata sotto la veste di una inesistente attività di consulenza ed assistenza in favore delle società firmatarie dei contratti" da parte della Agafia Sa, una societa' costituita' ad hoc, amministrata formalmente da Karen De Gracia Castro, "prestanome, nonché amante" di Lavitola. Un affare ancora più consistente, quantificato in ben 5 miliardi di euro, era rappresentato dalla fornitura di fregate alla Marina brasiliana. Una vicenda che vede indagati - sempre per concorso in corruzione internazionale - Scajola, Nicolucci ("parlamentare napoletano della corrente di Scajola") e Graziano. A sostegno dell'ipotesi accusatoria vi sono soprattutto le dichiarazioni dell'ex responsabile delle relazioni esterne di Finmeccanica, Lorenzo Borgogni.
A suo dire, Scajola, ritenuto molto vicino al ministero della Difesa brasiliano, sarebbe stato il "canale privilegiato" che avrebbe consentito a Fincantieri e all'imprenditore Graziano di concludere affari con il Paese latinoamericano: in cambio, avrebbe ottenuto una "percentuale".
"Pozzessere - ha raccontato Borgogni - mi disse di aver appreso da Bono, o comunque da Fincantieri, che in cambio delle agevolazioni era stato pattuito un 'ritorno' che avrebbe dovuto pagare la stessa Fincantieri quale contratto di agenzia dell'ammontare dell'11 per cento dell'affare complessivo, pari quest'ultimo, per la sola parte di Fincantieri, a 2,5 miliardi di euro. Tale cifra di ritorno percentuale doveva essere parzialmente destinata tra Scajola e Nicolucci da una parte e Jobin dall'altra". Stesso discorso per la parte di affare riguardante Finmeccanica, pari anch'essa a 2 miliardi e mezzo di euro.
Agli sviluppi dell'inchiesta napoletana hanno replicano gli interessati - a cominciare da Scajola, che ha sottolineato di aver agito "sempre nel rispetto delle leggi e alla luce del sole" - respingendo ogni addebito. Finmeccanica ha poi chiarito che "nessun compenso per intermediazione è stato pagato da Finmeccanica o da Società del Gruppo" per contratti di fornitura stipulati con il governo panamense.
L'arresto di Pozzessere - ex direttore commerciale e attuale senior advisor per i rapporti con la Russia, un dirigente di cui gli inquirenti sottolineano i "rapporti privilegiati" con Orsi - gli avvisi di garanzia nei confronti di Scajola, del deputato Pdl Massimo Nicolucci e del presidente degli industriali napoletani Paolo Graziano (con le perquisizioni della casa dell'imprenditore e della sede della Confindustria locale), sono i nuovi sviluppi dell'indagine coordinata dal procuratore aggiunto Francesco Greco e dai pm Vincenzo Piscitelli e Henry John Woodcock che hanno concentrato l'attenzione su altre forniture, per importi "rilevantissimi", destinate ancora una volta a Panama e al Brasile.
Gli inquirenti sono certi di trovarsi di fronte a nuovi casi di corruzione internazionale, ovvero pagamenti di tangenti (o meglio promesse di mazzette, visto che gli affari non si sarebbero realizzati) proporzionali all'entità del business. Un sistema che appare assai consolidato tanto da far scrivere al gip Dario Russo, che ha firmato l'ordinanza di custodia in carcere di Pozzessere, di "evidenti profili di criticità" e di "preoccupante ricorso da parte di Finmeccanica e società collegate a pratiche corruttive per l'acquisizione delle commesse di governi stranieri".
Una indagine che minaccia di estendersi a macchia d'olio, visto che nel mirino degli investigatori - come si evince dall'ordinanza - sono finite anche operazioni commerciali con la Russia, con Singapore e con l'Indonesia: un affare, quest'ultimo, per il quale gli inquirenti ipotizzano il "ruolo illecito assunto in quella trattativa" dal senatore del Pdl Esteban Caselli, che avrebbe chiesto "commissioni personali per l'intervenuta sua mediazione" nella vendita di aerei ed elicotteri.
Una "pratica corruttiva" che avrebbe visto ancora una volta giocare un ruolo attivo Valter Lavitola, l'ex direttore dell'Avanti in carcere da mesi per i finanziamenti all'editoria e gli appalti per le 'carceri modulari' a Panama. Nei confronti del giornalista il gip ha respinto la richiesta di un nuovo arresto, essendo già detenuto con accuse simili, mentre ha ordinato il carcere, per concorso in corruzione internazionale, a carico di Pozzessere. Il manager - di cui il gip evidenzia la "spinta al delitto" - era sul punto di trasferirsi definitivamente in Russia e, secondo le indagini svolte dai carabinieri del Noe di Roma e dalla Digos di Napoli, aveva intenzione di farsi poi raggiungere a Mosca dalla famiglia.
Gli inquirenti contestano una promessa di 18 milioni di euro al presidente della Repubblica centramericana, Ricardo Martinelli, se fosse andata in porto la fornitura di elicotteri AgustaWestland (76,9 milioni di euro), un contratto con la Selex per un sistema di vigilanza costiero (90,5 milioni) e uno con Telespazio per la fornitura della cartografia del territorio (15,7 milioni). Complessivamente, dunque, un business da 180 milioni.
Al presidente e ad altri politici "in via di identificazione" veniva in pratica riconosciuta una mazzetta pari al 10 per cento dell'importo, "mascherata sotto la veste di una inesistente attività di consulenza ed assistenza in favore delle società firmatarie dei contratti" da parte della Agafia Sa, una societa' costituita' ad hoc, amministrata formalmente da Karen De Gracia Castro, "prestanome, nonché amante" di Lavitola. Un affare ancora più consistente, quantificato in ben 5 miliardi di euro, era rappresentato dalla fornitura di fregate alla Marina brasiliana. Una vicenda che vede indagati - sempre per concorso in corruzione internazionale - Scajola, Nicolucci ("parlamentare napoletano della corrente di Scajola") e Graziano. A sostegno dell'ipotesi accusatoria vi sono soprattutto le dichiarazioni dell'ex responsabile delle relazioni esterne di Finmeccanica, Lorenzo Borgogni.
A suo dire, Scajola, ritenuto molto vicino al ministero della Difesa brasiliano, sarebbe stato il "canale privilegiato" che avrebbe consentito a Fincantieri e all'imprenditore Graziano di concludere affari con il Paese latinoamericano: in cambio, avrebbe ottenuto una "percentuale".
"Pozzessere - ha raccontato Borgogni - mi disse di aver appreso da Bono, o comunque da Fincantieri, che in cambio delle agevolazioni era stato pattuito un 'ritorno' che avrebbe dovuto pagare la stessa Fincantieri quale contratto di agenzia dell'ammontare dell'11 per cento dell'affare complessivo, pari quest'ultimo, per la sola parte di Fincantieri, a 2,5 miliardi di euro. Tale cifra di ritorno percentuale doveva essere parzialmente destinata tra Scajola e Nicolucci da una parte e Jobin dall'altra". Stesso discorso per la parte di affare riguardante Finmeccanica, pari anch'essa a 2 miliardi e mezzo di euro.
Agli sviluppi dell'inchiesta napoletana hanno replicano gli interessati - a cominciare da Scajola, che ha sottolineato di aver agito "sempre nel rispetto delle leggi e alla luce del sole" - respingendo ogni addebito. Finmeccanica ha poi chiarito che "nessun compenso per intermediazione è stato pagato da Finmeccanica o da Società del Gruppo" per contratti di fornitura stipulati con il governo panamense.